«Non sono né uno storico né un teologo di professione, ma un semplice, elementare divulgatore, che si basa sugli studi fondamentali dei più rinomati autori, e quindi, spero, perdonabile per eventuali disattenzioni e ingenuità» (p. 16). È Fabrizio Truini a parlare. Curatore di diverse serie di trasmissioni di carattere storico, collaboratore di Sergio Zavoli dal 1987, poi dal 1997 al 2006 direttore di rubriche religiose e infine autore del programma “A sua immagine”, il nostro Autore si è cimentato con il coraggio di chi sa di aver avuto accanto un maestro come il domenicano padre Dalmazio Mongillo, nell’analisi del concetto di Pace nell’immensa opera del grande Aquinate.
Crediamo che il risultato sia di certo notevole, degno di rilevanza e per l’ampiezza (si parla di tutti i testi di Tommaso sulla pace) e per la profondità e serietà dell’analisi. Sin dalle prime pagine, si ha immediatamente l’impressione che l’approccio proposto non sarà, come certa Scolastica ci ha abituati, atemporale per rendere le definizioni il più possibile “assolute”. L’A. si affretta, infatti, ad attirare subito la nostra attenzione non tanto sull’opera quanto sul giovane Tommaso che è chiamato a fare i conti sulla propria pelle con il contesto di guerra che opponeva in Italia Papato, Impero e Comuni, e nel quale la sua ricca famiglia cerca di mantenersi politicamente influente nei confronti di Federico II, impedendogli di entrare nell’Ordine fondato da S. Domenico. Il saggio di cui parliamo ha il pregio di sfatare certi pregiudizi secondo cui «la dottrina tomista della pace non è altro che un’espressione sistematica della dottrina elaborata da S. Agostino nella Città di Dio» (J. Comblin). A scorrere la prima parte più antologica del pregevole saggio, ci si renderà conto quanto lontana dalla verità sia quest’affermazione.
L’A. però non si è limitato soltanto a confutare con rigore di metodo questo tipo di affermazioni. Il suo vuol essere in specie il tentativo di raggiungere «i costruttori di pace, i pacifici secondo il linguaggio evangelico, non sempre esperti di questioni storiche e teologiche, e tuttavia fortemente interessati a conoscere le radici storiche della loro convinzione e perciò i grandi maestri di pace del passato» (p. 15). Questi è certamente Tommaso la cui figura profetica emerge in tale disamina ben stagliata con passione nel contesto economico, politico, sociale e culturale del suo tempo. L’attraversamento dei testi dell’Aquinate porta l’A. a rintracciare una linea di sviluppo del suo pensiero filosofico e teologico ben chiara nella riflessione propostaci in questo voluminoso saggio. Provvidenza, coesistenza, grazia, bene delle persone, amore, amicizia, politica, sono solo alcuni dei temi catalizzati intorno al concetto di pace negli scritti di Tommaso. Ma qual è la chiave di lettura, la fonte da cui nascono queste risposte che illuminano il suo, ma anche nostro contesto?
È «il mistero stesso dell’incarnazione, secondo il quale Dio si è fatto uomo per la nostra salvezza». È Cristo la nostra pace perché in lui si realizza la communio tra Cielo e terra e tra gli uomini. Truini lo afferma, sempre aderendo al vissuto di Tommaso, nell’ultimo capitolo del libro. Qui si fa riferimento alla terza parte della Summa dove si esamina nel primo trattato «che cosa lo stesso nostro Salvatore, cioè il Dio incarnato, ha fatto e patito». L’A. ravvede acutamente che è proprio nella Passione e morte di Cristo, unico mediatore tra Dio e gli uomini, la causa della vera pace che ci risana lo sguardo da una visione nemica del prossimo. «Et ideo ipse Christus, inquantum homo, non solum fuit sacerdos, sed etiam hostia perfecta, simul existens hostia pro peccato, et hostia pacificorum, et holocaustum» (III, q. 22, a.2). La parola hostia secondo l’A. qui richiama la sua radice etimologica che in italiano «tradotto con vittima o offerta perde tuttavia il riferimento a hostes, il nemico. Per un cristiano del Medioevo latino era invece chiaro che dicendo che la pace e la salvezza consistevano nell’hostia, si voleva significare che solo offrendosi come vittima l’uomo può, come Cristo superare l’inimicizia e vincere il nemico.
La passione, cioè l’offerta nonviolenta e pacifica di se stessi agli altri, è l’essenza della pace» (p. 474). Ed è a questa immedesimazione con la Passione di Cristo che si riferisce la parte finale del libro che efficacemente ci riporta alla fine della vita di Tommaso: Pace che crocifigge. L’A. cita il famoso episodio riportato da Bartolomeo da Capua al processo di beatificazione di Napoli, in cui il suo fedele segretario Reginaldo nell’intento di incoraggiarlo a ultimare il lavoro della terza parte della Summa, i commenti ai Salmi e alle opere di Aristotele, udì questa risposta: «Non posso. Tutto ciò che ho scritto è come paglia in confronto a ciò che ora mi è stato rivelato». Benedetto XVI invitò i membri della Commissione Teologica internazionale a «non intendere male queste parole. La paglia non è niente. La paglia porta il grano e questo è il grande valore della paglia. Porta il grano. E anche la paglia delle parole rimane valida come portatrice del grano. Ma questo è anche per noi, direi, una relativizzazione del nostro lavoro e insieme una valorizzazione del nostro lavoro. È anche un’indicazione, perché il modo di lavorare, la nostra paglia, porti realmente il grano della Parola di Dio» (6 ottobre 2006). Questa fedeltà all’uomo di grande fede oltre che al genio quale è Tommaso, ci garantisce circa il lavoro di Truini. A noi pare che setacciando questa «paglia», l’A. ci abbia riportato alla fonte: a Cristo nostra pace, Egli la Parola di Dio dispiegata nella storia, la storia nostra di oggi.
Tratto dalla rivista "Parola e Storia" n. 1/2009
(http://www.scienzereligiose-br.it)
Il tema della pace torna d’attualità, ma si estingue spesso nella proposizione delle buone intenzioni di un’antropologia generica. Benché molte possano essere le posizioni possibili a riguardo, è necessario che una riflessione consapevole sul tema torni a ripensare i momenti più elevati della filosofia e della teologia nella prospettiva di una filosofia e di una teologia della pace. Giornalista e vaticanista noto e apprezzato, l’autore ha dedicato alcuni studi alla vita e all’insegnamento di Aldo Capitini. Nel presente volume, egli offre un ampio approfondimento sul tema della pace attraverso una rigorosa e attenta riflessione sull’opera e sulla biografia di san Tommaso d’Aquino.
Il pregio di questo testo, molto chiaro e documentato, è anche saper rendere attuale la pagina di san Tommaso e nel saper collegare i diversi testi in un discorso che ha importanti valenze storiche e concettuali. A questo proposito, risulta molto importante l’aver evidenziato l’andamento del discorso dell’Aquinate, il quale procede secondo un andamento dinamico (reditus-exitus) che da Dio va alla creatura e dalla creatura ritorna a Dio. Proprio in questa tensione si delinea la riflessione di san Tommaso sulla pace, vissuta infine come carità divina e come effetto ultimo dell’amore. Alla «metafisica dell’Esodo» si associa quella del ritorno a Dio e della pace in una prospettiva che è umana, cosmica e soprannaturale. L’autore giunge a sostenere validamente le sue tesi attraverso un percorso. Consapevole che l’argomento della pace in Tommaso d’Aquino non è di facile trattazione, l’autore ricorda che la critica filosofica si è molto più soffermata sulle fondamentali e profonde riflessioni sulla pace di sant’Agostino.
Se risultano molte le letture attente e partecipi del libro XIX del De civitate Dei e se non si può dimenticare l’importanza dell’insegnamento di Agostino e dello pseudo-Dionigi l’Areopagita per l’intera riflessione filosofica e teologica medievale, è anche vero che la riflessione di san Tommaso sulla pace non può essere trascurata e non deve essere considerata una semplice ripresa della dottrina agostiniana. A tale proposito, l’autore ricorda che l’Aquinate superò decisamente l’intimismo platonizzante e prospettò un’idea della pace che, sgorgando dal cuore dell’uomo, si aprisse alla dimensione sociale e a tutti i rapporti tra gli uomini. Pertanto, la riflessione sulla pace di Tommaso d’Aquino diviene occasione per un’approfondita riflessione sulla storia e sull’incarnazione divina. A tale proposito, nell’introdurre il volume, Piero Coda nota avvedutamente: «Il punto sorgivo e insieme risolutivo del potente edificio toma siano è in realtà - come sottolinea a chiare lettere lo studio del Truini - l’evento stesso di Gesú, in quanto in lui si realizza quell’unità nella libertà tra Dio e uomo che è, insieme, il presupposto e il frutto della pace dell’uomo con se stesso, con gli altri, con la natura.
La pace così realizzata è - potremmo dire chiosando Tommaso stesso - l’epifania evidente di quel progetto di Dio che è la perfetta communicatio di ciò che egli è: l’amore, sia in se stesso (la Trinità) sia all’altro da sé (creazione e redenzione)» (p. 8). Tommaso, che si era mosso nella prospettiva del rinnovamento intellettuale aperto da Alberto di Colonia, visse in un periodo storico e culturale molto complesso e non privo di inquietudini, che fu caratterizzato dalla figura di Federico II di Svevia, da quella di Luigi IX, ma anche da contrasti culturali e teologici che furono particolarmente avvertiti a Parigi, il più importante centro culturale e teologico dell’Occidente cristiano. A questo proposito, si può anche ricordare il contrasto tra i maestri secolari e gli Ordini mendicanti.
In tutte le tappe del pensiero di san Tommaso, si rinviene una dottrina della pace. Nei Commentaria, nelle Quaestiones (Commentaria, Quodlibetales), nelle Summae e negli Opuscula, si possono ritrovare pagine e riflessioni in cui la dottrina della pace trova il suo fondamento pneumatologico e cristologico. Infine, approssimandosi il momento della morte, lo stesso silenzio del santo Dottore esprime una testimonianza chiarissima del senso cristiano della storia e dell’attesa di una dimensione di vita che termini con una pace che l’uomo non sa dare come vera e piena risposta ai mali e ai dolori del mondo.
Tratto dalla rivista "Studia Patavina" n. 2/2011
(http://www.fttr.it/web/studiapatavina)
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