Con l'editto di Milano (313), che poneva fine alle persecuzioni dei cristiani e ristabiliva la pace religiosa, Lattanzio si accinge alla composizione del "De mortibus persecutorum". L'opera, che inaugura il genere della storiografia ecclesiastica e delle persecuzioni, racconta il periodo che va dal 303 al 313. Lattanzio ne ripercorre le vicende soffermandosi sulle persecuzioni anticristiane, la restaurazione della pace, la rinascita della Chiesa e la punizione degli imperatori persecutori attraverso il loro crollo politico, le sofferenze fisiche e morali e, il più delle volte, una morte dolorosa e infamante. L'intento è di mostrare che tutto si compie secondo il disegno di Dio affinchè "i posteri imparassero che c'è un unico Dio".
INTRODUZIONE
1. LATTANZIO E IL SUO TEMPO
Cecilio (o Celio) Firmiano Lattanzio, se non può contarsi fra i massimi autori della patristica latina prenicena, ne è tuttavia sicuramente un esponente interessante e rappresentativo per molti versi. Oltre ad averci lasciato una produzione varia e abbondate, Lattanzio è infatti detentore di almeno due primati significativi, avendo inaugurato — con le Divinae institutiones e con il De mortibus persecutorum - due generi nuovi per la letteratura paleocristiana d'Occidente: rispettivamente, l'esposizione sistematica della dottrina della fede e la storiografia (ecclesiastica e delle persecuzioni, ma non solo). Inoltre il nostro autore si esprime in un linguaggio e in uno stile di alto livello e qualità, tanto da essere apprezzato da Pico della Mirandola e altri umanisti, che notoriamente lo salutarono come il "Cicerone cristiano". Infine, pur considerando le riserve espresse sul suo conto da Girolamo che lo giudica più eloquente che profondo, più bravo come polemista antieretico che come teologo positivo Lattanzio si propone in prospettiva storica come uno dei primi grandi retori della latinità cristiana. un importante testimone cristianità occidentale nel tratto finale delle persecuzioni secolo), un laico convertito e intellettuale di professione votato all'impegno di diffondere la fede e spiegarne i contenuti presso il ceto e l'ambiente romano-pagano a lui più vicino e congeniale: la classe colta d'estrazione medio-alta.
Ripercorriamo dunque brevemente le tappe cronologiche e gli eventi biografici che condussero il nostro autore a questi approdi. La vita e la carriera di Lattanzio — singolarmente emblematiche di quella fase storica, come si vedrà — si conoscono per sommi capi se così si può dire, con tante zone d'ombra e tanti aspetti, momenti e dettagli che rimangono oscuri. La fontepiù ampia e importante al riguardo è rappresentata da un passo del De viris illustribus di Girolamo. Lattanzio nacque nell'Africa romana (come i maggiori scrittori cristiani preniceni), ma non si sa con esattezza in quale regione o provincia. Tuttavia, avendo egli avuto per maestro il retore Arnobio, nato e attivo a Sicca città dell'entroterra numidico, quasi al confine tra questo paese e l'Africa Proconsolare —, si può fondatamente ipotizzare pure per lui un'origine in quell'area. Due buone premesse, in ogni caso, per il futuro percorso intellettuale e professionale del nostro autore: la nascita nella terra di Tertulliano, Cipriano e Minucio Felice, e la scuola presso un rinomato educatore e scrittore come Arnobio (non ancora cristiano, comunque, quand'era frequentato dal nostro autore).
Non si conosce con precisione neppure l'anno o il decennio della nascita di Lattanzio. Alcuni la collocano intorno al 260, altri risalgono fino alla metà del III secolo, cioè in sostanza all'epoca delle due grandi persecuzioni di Decio (248-251) e Valeriano (253-260), che tanto infierirono sulla Chiesa africana e i suoi fedeli.
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Umberto Masperi, masperi.umberto@yahoo.it il 16 giugno 2012 alle 13:22 ha scritto:
Condizionato da quel “clima” macabro e tenebroso dei primi secoli dell’Alto Medioevo, quando l’uomo di potere che prevalicava sulla chiesa e sui cristiani era “giudicato-condannato” ancor prima dell’ALTRO GIUDIZIO della fine dei tempi, con la sua tragica morte da film dell’orrore, ho deciso di leggere ,questo famoso scritto di Lattanzio, con una certa prevenzione.
“Ben mi sta”, mi sono detto alla fine. Lattanzio è tutt’altro: dà testimonianza delle persecuzioni con l’atteggiamento,diverso, doveroso, dello “storico” che registra ,anche con realismo, il male che colpì i cristiani dei primi secoli. Realismo che,quindi, non indulge sul difetto,nostro, di desiderio ( inconscio freudianamente) di “vendetta” ,nel presentare la fine dei persecutori.
Lettura importante perché quasi “immette” nella realtà storica che conosciamo solo indirettamente dagli scritti degli storici odierni. E questa “ full immersion” si caratterizza con le parole finali (p.132).
“ Celebriamolo ( = il Signore) notte e giorno con le nostre preghiere, sì celebriamolo … e tu, carissimo Donato,implora il Signore di usare misericordia propizio e mite con i suoi servi … e di assicurare una perpetua TRANQUILLITA’ alla Chiesa che ricomincia a fiorire”.
Il “carissimo Donato” non è forse anche il lettore di oggi, al termine di questo libro?