Tra i più significativi mediatori del Cristianesimo con il mondo dell'alta cultura tra la fine del I secolo e l'inizio del II, Tito Flavio Cemente, formatosi nel raffinato ambiente intellettuale di Alessandria d'Egitto, e per questo conosciuto come l'Alessandrino, si converte al Cristianesimo dopo aver conosciuto i diversi indirizzi filosofico-religiosi contemporanei. Forte di questa esperienza, nel Protrettico ai greci si rivolge ai non credenti, invitandoli a convertirsi al cristianesimo, presentato come l'unica, vera religione in grado di procurare la salvezza all'uomo.
Pur prevalendo il tono esortativo, l'opera è nella prima parte apologetica, nella seconda è più propriamente esortativa. Consapevole di rivolgersi ad un pubblico colto, Cemente ricorre a tutte le sue risorse di scrittore, dispiegando ricercatezze estetiche, artifici letterari e giochi linguistici. Il risultato è uno stile vario e versatile, ora vivace ed espressivo, ora impetuoso e prorompente, ora accattivante, appassionato e ispirato.
ESTRATTI DALLA PRIMA PARTE
LA VITA
Tito Flavio Clemente, detto l'Alessandrino, nacque intorno al 150 d.C., come egli stesso ci fa velatamente intendere, da agiati genitori pagani. Le notizie che possediamo della sua vita sono scarse e frammentarie: poco o nulla, infatti, egli stesso lascia trapelare dalle sue opere e quel poco che di lui sappiamo, lo attingiamo da alcuni scrittori dell'antichità, quali Eusebio di Cesarea, Gerolamo, Epifanio di Eleuteropoli e il patriarca Fozio.
Tutto nella sua vita è pertanto incerto, se non addirittura oscuro. Controverso persino il luogo della nascita, dato che la tradizione propende ora per Atene, ora per Alessandria d'Egitto. Gli studiosi moderni, basandosi su un passo degli Stromati, n e prendendo in considerazione la sua vastissima cultura greca, ritengono per lo più che Atene sia stata la sua città natale; se ciò fosse vero, comunque, non deve suscitare meraviglia l'appellativo che accompagna il suo nome, il quale starebbe a indicare non che Clemente sia nato ad Alessandria, ma che nella città egiziana sia a lungo vissuto e vi abbia svolto la stia opera: il che non era infrequente nell'antichità.
[...]
Ad Alessandria, infine, ascolto l'ultimo maestro, il più amato, per cui nutrì una grandissima ammirazione e che ricorda con commosse parole 9. Questo maestro, di cui Clemente tace il nome, stando alla testimonianza di Eusebio di Cesarea, fu Panteno, il capo del Didaskaleion di Alessandria, di quella tanto discussa scuola alessandrina della quale ben poco sappiamo e che, secondo la tradizione confluita nello stesso Eusebio e in Gerolamo, avrebbe avuto origini antichissime, risalendo addirittura, secondo lo scrittore dalmata, ai tempi dell'evangelista Marco.
A questa scuola, dunque, sarebbe appartenuto Clemente, dapprima come discepolo e, in un secondo tempo (forse intorno al 200), come maestro. Comunque stiano le cose, è fuor di dubbio che Clemente abbia insegnato ad Alessandria la dottrina cristiana, ma ci risulta impossibile affermare con certezza se la scuola nella quale egli insegnò sia da identificarsi o meno con il Didaskaleion di cui parla la tradizione, la quale non è mai accettata nella sua interezza dalla maggioranza degli studiosi. Per il Lizzati, ad esempio, Clemente effettivamente successe a Panteno nella guida del Didaskaleion, ma esso era «un metodo. trasmesso per successione da uno all'altro maestro [...] non una vera e propria organizzazione scolastica; [...] l'insegnamento era orale e tenuto dal maestro in casa sua. Diversa l'opinione del Guasco.