Libro di preghiera liturgica e personale ereditato da Israele, il Salterio è stato e continua ad essere nella storia della Chiesa, dopo i Vangeli, il testo sacro più letto, più commentato e più pregato. Il "Commento ai Salmi" di Eusebio di Cesarea si colloca ad un bivio nella storia della sua esegesi: profondamente influenzato infatti dal genio di Origene, Eusebio prende a modello la lettura allegorica origeniana del Salterio, ma contemporaneamente si apre ad un'interpretazione tipologica e letterale, inserita in un attento quadro storico. Proprio per la cura che dedica all'accostamento filologico al testo, è dunque un lavoro "all'avanguardia" rispetto al suo tempo e costituisce ancora oggi una solida base alla lettura dei Salmi.
INTRODUZIONE I. EUSEBIO
Eusebio nacque intorno al 265, forse a Cesarea di Palestina, la città nella quale anche morì nel 339. A Cesarea stessa poté compiere z suoi studi, perché qui si trovavano la biblioteca e la scuola fondate da Origene. Suo maestro fu Panfilo, coltissimo discepolo di Ori-gene. Eusebio gli fu sempre devotissimo e grato, tanto che sovente, nelle sue opere, si definisce Eusebio di Panfilo. Assieme dunque a lui riorganizzò la biblioteca. Durante la persecuzione di Diocleziano del 303-311, Panfilo morì martire (310). Eusebio fu invece risparmiato, e questa singolare eccezione non fece buona impressione ai contemporanei. Dopo la persecuzione fu eletto vescovo di Cesarea. Qui continuò a curarsi della biblioteca, e, in particolare, diede grande impulso allo scriptorium per la riproduzione di codici, senza cessare di attendere alla compilazione delle sue opere.
A questo punto inizia anche un periodo che getta ombre notevoli sulla figura di Eusebio. La sua avversione per la formula ouoovoios; che definisce cioè il Figlio come consustanziale al Padre, e che trovò il favore e la conferma del Concilio di Nicea (325), lo indusse a prendere posizione per Aria L'epoca in corso era densa di difficoltà. La Chiesa cercava, per le sue dottrine fondamentali, trinitarie e cristologiche, delle formulazioni capaci di far fronte al pullulare di diverse linee teologiche, spesso eretiche, e ad attacchi da parte del mondo pagano. Si adattava anche, a questo scopo, a usare parole non contenute nella Scrittura, come appunto consustanziale sopra citato. Ma Eusebio, erede delle dottrine subordinazioniste di Origene, vide in Ario che partiva appunto da simili dottrine, un alleato, benché Eusebio stesso non si sia mai spinto a sostenere le tesi estrema cui pervenne Ario, che ben presto giunse a negare del tutto la divinità del Figlio di Dio, relegandolo al rango di creatura.
Tra il 324 e 325, poco prima del concilio di Nicea, si tenne un concilio ad Antiochia, anche se gli studiosi formulano attualmente qualche dubbio su questo concilio «preliminare» — si direbbe —, a Nicea.
È lì tuttavia, secondo le lettere sinodali, che Eusebio sarebbe stato scomunicato per essersi rifiutato di sottoscrivere una condanna di Ario. Nonostante questo, nello stesso anno prende parte al Concilio di Nicea, e qui, per opportunismo, ma senza mutare il suo pensiero, sottoscrive la formula, rimasta poi per sempre, della consustanzialità del Figlio con il Padre. Non mancò però di inviare una lettera alla sua Chiesa di Cesarea dando la propria interpretazione della formula del Concilio, in modo che non apparisse troppo in contrasto con le sue idee personali. Dopo il Concilio divenne forse un po' più prudente nelle affermazioni, ma continuò ad appoggiare in molti modi Ario e i vescovi di tendenza ariana, pur non sposando mai, come si è detto, le posizioni estreme di Ario e degli ariani integrali.
Non si vuol certo scusare l'irrigidimento di Eusebio dopo il Concilio, ma, in un secolo in cui, di fatto, ancora non era totalmente precisata l'esatta dottrina ortodossa, è necessario tener conto degli antecedenti dottrinali e culturali che hanno influito sulle sue prese di posizione. Quando Eusebio fa appello alla tradizione della Chiesa, per esempio, bisogna ricordare che la sua formazione intellettuale e dottrinale legata in modo così intenso a Origene, restò contemporaneamente legata, come a qualcosa di assolutamente ortodosso, anche al suo subordinazionismo, mentre proprio da questa base Ario partirà per definire tesi che saranno devastanti per tutto il credo cristiano. E la forma di subordinazionismo origeniano alla quale aderiva Eusebio, era la più radicale. Del resto, all'epoca non era il solo a mantenere queste posizioni, soprattutto nella Chiesa d'Oriente.
La stessa tradizione della Chiesa, dunque, era vista da Eusebio attraverso l'ottica teologica di Origene e sotto il suo influsso, come pure sotto l'influsso del vigoroso pensiero, tendente al subordinazionismo, degli apologisti, con i quali condivideva anche le sue forti preoccupazioni apologetiche. Devono infine aver avuto un notevole peso sulla sua scelta e lettura non ortodossa di certi passi biblici, la forma mentale e gli scritti del platonismo. Altro motivo per essere attratto da dottrine ariane, veniva ad Eusebio dal timore che la Chiesa si piegasse al pensiero eretico opposto a questo, cioè al sabellianismo.
Quanto al Commento ai Salmi, i vari punti in cui traspaiono le tendenze di Eusebio (e che talvolta abbiamo sottolineato nel corso della traduzione) sono accuratamente studiati da C. Curti che ha dedicato molti studi a quest'opera.