INTRODUZIONE
1. Letteratura monastica orientale anteriore a Teodoreto
«Nella storia della spiritualità cristiana il monachesimo rappresenta la creazione più caratteristica. Preparato dagli asceti dei secc. I e II, compare all'improvviso senza la possibilità di stabilirne con precisione gli inizi. Nel sec. IV si diffonde in tutti i Paesi dell'Oriente: dall'Egitto conquista la penisola del Sinai, la Palestina, la Siria e, quindi, l'Asia Minore e Costantinopoli». Così si esprimono M. Viller e K. Rahner, iniziando il capitolo sul monachesimo orientale nell'ambito dello studio sulla spiritualità cristiana antica. In questa sede, però, interessa mettere in luce non tanto la diffusione del fenomeno monastico, ma segnalarne gli autori e i testi che precedono la Storia dei monaci siri di Teodoreto al fine di comprenderne l'humus culturale.
I primi scritti di cui conviene parlare sono le Lettere di sant'Antonio Abate: questi, nato a Comana nel Medio Egitto verso il 250 e morto all'età di circa 105 anni sul monte Kolzim, è ritenuto il fondatore del monachesimo anacoretico. Sebbene da Atanasio fosse detto incolto, scrisse diverse lettere: lo stesso Atanasio fa cenno di quella a Balacio, che egli esortava a non persegutare i cristiani, e di quelle ad alcuni giudici molto severi. Esse, però, non sono pervenute: rimangono, invece, lettere, di cui è menzione in san Girolamo, scritte in copio, ma a noi giunte in traduzione latina. Di queste, molto importanti sono la prima che «descrive l'opera dello Spirito Santo nella formazione del monaco» e quella, citata da Atanasio e indirizzata a Teodoro, nella quale ribadisce il valore del pentimento e della contrizione. Altri insegnamenti si trovano negli Apoftegmi e nel grande discorso catechetico contenuto nella Vita di Antonio.
Questa fu composta nel 357, poco dopo la morte del protagonista, avvenuta nel 356, e la sua attribuzione ad Atanasio «è attualmente dimostrata, e non è il caso di discuterla». Essa costituisce «il più importante documento della prima epoca monastica»; narra, in una forma non dissimile dal panegirico, la vita di Antonio con i suoi miracoli, le sue penitenze, le sue lotte contro il maligno. In essa l'autore, che ha conosciuto personalmente Antonio, volle offrire ai lettori un modello di vita eremitica; giustamente, dunque, Gregorio Nazianzeno ebbe a definirla «una regola monastica sotto forma di racconto».
Essa ebbe una diffusione enorme nel corso dei secoli sia in Oriente che in Occidente: ne fanno fede non solo le numerose traduzioni in varie lingue orientali, ma anche i numerosi manoscritti che la tramandano.Né questa è l'unica opera di Atanasio che abbia interesse per la storia del monachesimo, giacché egli condusse una vita di costante ascesi, consacrò vescovi molti monaci, si rifugiò presso solitari e asceti quando fu oggetto di persecuzione. Egli scrisse l'Epistola ai monaci, che ci fa capire i rapporti tra Atanasio e l'ambiente monastico e in cui l'autore esorta i monaci a non incontrare quanti sono ariani ovvero, pur non professandosi tali, partecipano ai loro riti; la Lettera al monaco Amun che tratta delle due vie della vita, quella del matrimonio e quella della verginità; l'Epistola esortatoria alle vergini non pervenutaci, di cui si fa cenno in Teodoreto; il Discorso ai monaci a noi noto in lingua copta; l'Epistola a Draconzio nella quale esorta quest'asceta ad accettare l'episcopato e, per convincerlo, nomina alcuni monaci divenuti vescovi; /'Epistola ad Orsiesi e Teodoro. A questi scritti bisogna aggiungere alcuni opuscoli che, pur essendo spuri, sono da ritenere sempre una testimonianza indiretta dei frequenti interessi di Atanasio per il mondo monastico: la Dottrina per i monaci, l'Educazione alla Vita monastica, ancora un'altra Dottrina per i monaci, il De observationibus monachorum.