Questa omelia è forse il più antico scritto arabo-cristiano di contenuto teologico. Esso risale all'anno 746 e proviene dalla Palestina. Il testo è ricco di citazioni bibliche e coraniche, e di ancor più ampi squarci di parafrasi e reminescenze bibliche. Tutto lo scritto non è non è altro che una professione di fede cristiana, per un confronto sereno. ma fermo e documentato, tra le due Scritture e le due fedi.
INTRODUZIONE
Incontro col testo
Come gli innumerevoli cristiani del passato, grandi o ignoti, giunti dall'Oriente o dall'Occidente, dal nord o dal sud del mondo, anche noi, piccola comunità religiosa italiana residente in Terra Santa, eravamo stati attirati là prima di tutto dal desiderio di cercarvi le orme più forti della Parola di Dio e dei misteri della divina Incarnazione. Ci eravamo naturalmente inseriti nella nostra Chiesa latina; ma impegnandoci a conoscere e amare tutto ciò che nella Terra Santa vive e soffre, con uno sguardo al passato e uno al presente: la Chiesa e le Chiese, l'Ebraismo, l'Islam, gli uomini che qui vivono e che hanno radici e storie diversissime.
Certo questa terra è la terra della Rivelazione e dell'Incarnazione, la terra sulla quale Dio ha camminato, come dicono molti testi patristici; certo a questa Chiesa, Una, pur nella ricchezza delle diverse confessioni cristiane qui presenti, spetta il titolo di Madre di tutte le Chiese, e dunque, Madre della nostra fede. Eppure nulla è più travagliato, complesso, talora oscuro, ella storia di questa terra, fin dai tempi biblici e fino ai nostri giorni; e nulla è più ricco di sedimentazioni varie e profonde, sia per l'apporto positivo degli uomini di questa terra, o di coloro che, nati altrove, l'hanno scelta a patria di elezione, portandovi tutto il bagaglio della propria eredità etnica, linguistica, spirituale e dottrinale; sia anche per il residuo culturale lasciato qui, volenti o nolenti, dai tanti che l'hai l'hanno percorsa e occupata con intenti assai meno nobili dei primi. Non è questa la sede per ripercorrere la storia della Palestina. Solo vale la pena di ricordare che fin dal giorno di Pentecoste, la Chiesa di Gerusalemme vide radunarsi intorno al nucleo primitivo dei discepoli del Signore popoli lingue. Questa pluralità etnica, linguistica, culturale, non è mai venuta meno. Così il Santorale della Chiesa di Gerusalemme può registrare come santi e sante della Chiesa di Gemsalemme, a buon diritto, uomini e donne provenienti dalle più varie regioni del mondo: latlill, armeni, siriani. greci, cappadoci, egiziani, russi, georgiani, ecc.
Per molti secoli la vita liturgica dei cristiani di Terra Santa è stata caratterizzata dalla pluralità dei riti e delle lingue, una pluralità che in buona parte perdura tutt'oggi e che mi pare di segno molto positivo, quando sia accompagnata, come ai nostri giorni, da intenti di carità e pace. In passato, spesso non è stato così, o è stato proprio l'opposto di così; ma anche questo è un capitolo che esula dal nostro intento.
In ogni caso il VII secolo e la conquista islamica della Terra Santa segnano una svolta decisiva nella storia di questa cristianità. Gradualmente, ma risolutamente e senza ritorno, la Chiesa di Gerusalemme sarà arabizzata. Dapprima l'arabo si imporrà come lingua corrente, parlata o scritta, poi, gradatamente, in tutto o in parte, si dovrà arabizzare la lingua liturgica e rituale.
A partire da questa data la Chiesa di Terra Santa, pur conservando la ricchezza delle sue molteplici tradizioni, è sostanzialmente una Chiesa araba.
Ora, vivendo all'interno di questa Chiesa arabo-latina di Gerusalemme, a 'Aln Arik, non potevamo non interrogarci sulle due. Fu questo il motivo che mi portò a Roma alcuni anni fa per seguire un seminario di letteratura arabo-cristiana al PISAI (Pontificio Istituto u o per gli Studi Arabi e Islamistici). Qui un noto orientalista, il padre Samir Khalil Samir SJ, presentava proprio il testo che ora ho tradotto e commentato.
Nel corso di questa prima lettura fui subito colpita da alcuni elementi sui quali dovrò poi tornare nel commento: 1) la provenienza palestinese del testo; 2) la data di composizione, che il p. Samir ritiene di poter fissare intorno al 750; 3) l'esposizione della fede cristiana in confronto con l'Islam; 4) il tono di questa professione di fede, chiara-pacata-sobria, priva di punte aspre; 5) l'ispirazione biblico-liturgico-patristica dell'autore; 6) l'affiorare di tradizioni e leggende giudaiche, spesso quelle stesse che si ritrovano nel Corano; e infine, 7) l'ottima conoscenza del Corano stesso, sempre esattamente citato.
Insomma il breve testo mi apparve subito come la piccola perla preziosa di cui andavamo in cerca. Salvo alcuni frammenti 6, più o meno contemporanei, il nostro testo è il più antico documento arabo-cristiano, proviene dalla Palestina e lascia trasparire buona parte delle molteplici ricchezze che hanno fecondato l'humus di questa terra. È un cristiano di Terra Santa che si confronta con l'Islam dopo un secolo circa dalla conquista. Non ci poteva essere niente di più adatto ai fini di quella ricerca che ci eravamo proposti, la ricerca cioè delle radici arabe di questa Chiesa di Gerusalemme.