INTRODUZIONE
1. L'eresiologia greca post-calcedonese
1.1. Il Concilio di Calcedonia (451), che l'imperatore Marciano aveva radunato per concludere la controversia sulla realtà teandrica del Cristo, pur esprimendo un equilibrato simbolo di fede, ove la formula duofisita di matrice antiochena veniva genuinamente integrata con l'assunto alessandrino inerente all'unità ipostatica del Verbo incarnato, aveva in realtà fallito l'obiettivo ecumenico del governo costantinopolitano. La recezione dell'espressione duo physeis (due nature) che nell'intento dei Padri conciliari voleva tradurre le duae naturae fissate autorevolmente nel Tomus ad Flavianum del papa Leone Magno, era avvenuta nel segno di una separazione tra il Figlio di Dio e il figlio di Maria da parte dei teologi più legati alla tradizione cristologica alessandrina, i quali sdegnosamente avevano gridato contro la resurrezione del nestorianesimo condannato nel Concilio di Efeso (431). S'era così diffuso un vasto movimento anticalcedoniano, alla cui spinta propulsiva aveva contribuito non poco il separatismo antibizantino presente nei nazionalismi locali del Vicino Oriente.
Tale movimento, comunque, aveva immediatamente mostrato la sua profonda eterogeneità sul piano dei contenuti teologici, dato che le motivazioni delle componenti albergavano sopra radici diverse: se alcune frange ebbero autentici argomenti dottrinali per protestare contro il duofisismo calcedonese in quanto postulavano un'unica natura del Cristo frutto della mescolanza umano-divina seguita all'Incarnazione, altre dissentirono, in definitiva, per mere ragioni di vocabolario, in quanto restavano strettamente ancorate al linguaggio di Cirillo, attribuendo al Verbo incarnato una sola physis (natura) nel senso di una sola persona.
1.2. Tale letteratura, che si espande dal semplice ca-talogo illustrativo fino alla trattazione sistematica e controversista, ha, pertanto, la preoccupazione essenziale di mettere in guardia i fedeli dalle diverse implicazioni del monofisismo, contrapponendo alla confusione dottrinale delle varie sette anticakedonesi la stabilità e la chiarezza della fede ufficiale informata al simbolo del IV Concilio Ecumenico. Fedeli a tale obiettívo,gli eresiologi post-calcedonesi ripercorrono pure gli errori precedenti, rimarcando come tutte le deviazioni dall'ortodossia siano legate dal disegno diabolico di macchiare e sfaldare la comunione ecclesiastica; in quest'ottica, essi talora si spingono ad azzardare persino parentele .s teologiche tra le eresie più disparate: si costruiscono così artificiosi legami, che finiscono per offrire un'immagine alterata dell'effettivo pensiero degli eresiarchi.
Parimenti, non sempre puntuale e fondato è il quadro storico, che funge da cornice alla presentazione delle varie eresie: ciò, tuttavia, non assilla troppo i nostri autori, cui preme soprattutto sottolineare come il trionfo dell'ortodossia sia il segno della benedizione divina alla giusta causa.In genere, nei profili tracciati i riferimenti approssimativi e gli elementi leggendari investono maggiormente le eresie più antiche: in tal caso le descrizioni sono più sommarie e meno accurate rispetto a quelle concernenti gli errori più recenti, quando l'interesse e il coinvolgimento più diretto di chi scrive rendono la trattazione più avvincente e maggiormente ricca di vivacità e dettagli. La differenza, inoltre, si coglie ovviamente sul piano dell'originalità: le notizie, che riguardano le eresie dei secoli passati, vengono per lo più attinte dai grandi capolavori dell'eresiologia anteriore e a tal fine risultano particolarmente utilizzati l'Adversus haereses (Contro le eresie) di Ireneo per i secoli I-II, il Panarion di Epifanio per i secoli/'Haereticorum fabularum compendium (Compendio delle favole degli eretici) di Teodoreto per i secoli IV-V; i resoconti delle eresie contemporanee sono, invece, di prima mano e, pertanto, più preziosi.