ESTRATTO DALLA PRIMA PARTE
1. Vita esplicativa
Cirillo nacque nel villaggio di Theodosiou, l'odierna Mahalla el Kobra, nel delta nilotico, a 120 km. ad est di Alessandria nel 378'. Dopo gli studi di grammatica e di retorica, e dopo un probabile soggiorno di cinque anni in un monastero nel deserto di Nitria per iniziarsi alla Scrittura e ai principi dell'ascetismo cristiano, si stabili ad Alessandria presso lo zio Teofilo, che ne era vescovo dal 385.
Tranne tre brevi viaggi fuori dall'Egitto: a Costantinopoli nell'agosto del 403 per partecipare, giovane lettore, al Conciliabolo della Quercia che depose Giovanni Crisostomo dal seggio episcopale, a Efeso nel 431 e a Gerusalemme nel 438, la sua vita si svolse tutta ad Alessandria, di cui divenne vescovo il 18 ottobre del 412, tre giorni dopo la morte dello zio.
Spirito energico e alieno da ogni compromesso, dimostrò subito la propria intransigenza chiudendo i luoghi di culto dei Novaziani e confiscando i loro beni, guidando personalmente la popolazione cristiana all'incendio delle sinagoghe, al saccheggio delle proprietà degli ebrei e all'assalto di quanti fra questi non avevano fatto in tempo ad abbandonare la città. Questi avvenimenti lo posero in contrasto con il prefetto augustale Oreste, che un monaco suo fedele, certo Ammonio, ferì gravemente al capo. E poiché quel monaco fu processato e fatto morire tra le torture, Cirillo gli riservò solenni funerali e lo trattò da martire che aveva combattuto per la fede. Eppure il prefetto era cristiano! Cirillo fu anche accusato della morte della filosofessa neoplatonica Ipazia, figlia del filosofo Teone, ma a questo crimine, compiuto nel 415 da alcuni fanatici cristiani guidati da uno dei suoi lettori, egli risultò completamente estraneo.
Se sarebbe, tuttavia, eccessivamente limitativo e pregiudizialmente malizioso soffermarsi solo su questi aspetti della vita del vescovo alessandrino, d'altra parte, riferirli non è inutile: essi servono a tratteggiare la sua forte personalità e l'indole di uomo d'azione, quella personalità e quella capacità di azione che rifulsero al momento della controversia nestoriana, quando Cirillo difese la retta fede cristologica compromessa dall'insegnamento del vescovo di Costantinopoli, Nestorio, con estrema energia e lucidità di idee, per cui il suo nome nella storia resta legato proprio agli avvenimenti del 429-433 i quali, del resto, costituiscono l'avvenimento maggiore della sua vita.
Fu proprio Cirillo a dare inizio alla controversia nel 429, attaccando nella lettera pasquale e, poco dopo la Pasqua dello stesso anno, in una lettera enciclica ai monaci dell'Egitto, la teoria della inabitazione del Logos in Cristo predicata da Nestorio, il quale negava espressamente una unione fisica o ipostatica nel Cristo, insegnava esservi in Lui due ipostasi unite solo moralmente e, riconoscendo il Cristo, non già il Logos, come il soggetto di tutti gli attributi e di tutti gli atti umani e divini, rifiutava il titolo di Theotokos alla Vergine.
Dopo uno scambio di accuse epistolari, tanto Cirillo che Nestorio si rivolsero a papa Celestino I per dirimere la questione. Il sinodo romano del 430 approvò le tesi cristologiche di Cirillo e condannò Nestorio. Incaricato di comunicare le decisioni del sinodo al vescovo costantinopolitano, Cirillo, radunato il sinodo di Alessandria, redasse dodici anatematismi e li inviò al suo avversario, invitandolo a ritrattare i suoi errori entro dieci giorni. Ma, prima che i legati di Cirillo giungessero a Costantinopoli gli imperatori Teodosio II e Valentiniano III, timorosi di una insanabile frattura fra le parti e di un conseguente scisma, convocarono tutti i metropoliti ed i vescovi della Chiesa cattolica ad Efeso, dove dal 22 giugno al 31 luglio del 431 si tenne quello che viene riconosciuto come il terzo concilio ecumenico.
Fin dalla prima sessione, l'assemblea, presieduta dallo stesso Cirillo, scomunicò Nestorio, condannandone la cristologia. Quattro giorni piú tardi, però, giunse ad Efeso, coi suoi suffraganei, Giovanni di Antiochia che, radunato un controsinodo, depose e scomunicò Cirillo.
Teodosio II accolse le sentenze di entrambi i sinodi e fece imprigionare sia Cirillo che Nestorio. Dopo un più attento esame della controversia, però, Cirillo fu rimesso in libertà e rientrò ad Alessandria il 30 ottobre. Nestorio, invece, si ritirò nel monastero di Euprepios, presso Antiochia, da dove nel 435 fu esiliato a Petra in Arabia, e successivamente nell'oasi di Ibis, attuale oasi di Khaghéh, agli estremi del deserto libico e, poi, ad Elefantina, nell'estremo confine della Tebaide.
Sciolto il concilio, i dissensi provocati dalle decisioni che vi erano state prese durarono fino al 433, quando Giovanni di Antiochia accettò, infine, la condanna di Nestorio e Cirillo, a sua volta, accolse il simbolo di fede già proposto a Efeso dagli antiocheni, e redatto probabilmente da Teodoreto di Ciro, nel quale la maternità divina della Vergine veniva formalmente riconosciuta. Così Cirillo poté scrivere a papa Sisto III che ogni controversia era stata composta: in realtà dovette difendere la sua cristologia contro molti attacchi e false interpretazioni.
Negli anni fra il 438 e il 440 scese in campo contro Teodoro di Mopsuestia, maestro di Nestorio, minacciandolo di scomunica, ma evitò, per quanto possibile, di giungere a questo passo.
Morí il 27 giugno 444.