INTRODUZIONE
1. Vita
Su un antico sperone di roccia trachitica, nel cuore dell'Anatolia, stava arroccata la città di Ancira, sede vescovile di rilevante importanza, particolarmente dopo che nel 314 venne scelta come sede di un concilio.
Durante gli anni intorno al Concilio di Efeso del 431 vi occupava la carica di vescovo Teodoto. Di lui non si conosce né l'anno né il luogo di nascita, né quando fu consacrato vescovo di questa importante capitale amministrativa della Galazia. Come anche nessuna fonte ci informa sulla sua formazione culturale. Tuttavia le poche sue opere a noi pervenute ci permettono di avanzare qualche ipotesi.
Anche al lettore più frettoloso salta agli occhi il perfetto controllo che l'Ancirano possiede degli strumenti retorici più raffinati ed efficaci, tanto da far supporre che la scuola a cui si era formato nella sua gioventù doveva essere ottima. La padronanza del lessico in espressioni rare e ricercate e nella creazione di izeologismi efficaci, la musicalità di molte pagine, la grande perizia delle sue prose più dichiaratamente d'arte (come l'omelia VI) avvalorano l'ipotesi avanzata dallo Sciuto, Teodoto «prima di ricevere l'episcopato fosse stato un funzionario o — se non apparteneva all'ordine senatoriale o a quello equestre — un maestro di scuola».
Un discorso a parte merita l'abbondante e varia citazione dei passi scritturistici degna di un ecclesiastico non solo versato nell'arte omiletica, ma anche nutrito da una costante meditazione della Sacra Scrittura. Nelle omelie in cui è meno pressato da sollecitazioni polemiche, il vescovo ancirano mostra tutto il sito gusto estetico nel citare i passi scritturistici, inserendoli nell'alto stile con cui procede in queste orazioni; sicché non esita ad accorpare più brani neo e vetero testamentari, a mutare le parole, a inserirne altre, non evidentemente a scopo fraudolento, ma per ottenere un ottimo ed eufonico effetto, artisticamente rilevante.
All'Ancirano non doveva nemmeno far difetto la conoscenza di autori profani greci ed anche latini, conoscenza quest'ultima non certamente frequente fra gli uomini colti di lingua greca, pur essendo ancora il latino anche in Oriente la lingua ufficiale dell'amministrazione e dei testamenti. Come ha messo in rilievo lo stesso Sciuto, Teodoto nella VI omelia cita un verso della IV bucolica di Virgilio in versione greca. Inoltre la citazione virgiliana è contigua alla citazione di una presunta profezia pagana in lingua greca a favore dei cristiani da noi non conosciuta per mezzo di altre fonti. Da questi e da altri indizi significativi si può indovinare la vastità e la vivacità delle sue conoscenze letterarie e dottrinali.
Non è agevole dedurre il pensiero filosofico di Teo-doto o precisare a quale tra i grandi sistemi si appoggiasse, tanto più se si tiene conto che nell'antichità era frequente l'adesione ad Aristotele in campo logico e a Platone (variamente «rivisitato») in ambito metafisico. A gettare una luce maggiore sulle sue simpatie filosofiche, non ci sembra determinante l'attacco esplicito ad Origene — chiamato «pietra di inciampo egiziana» — e nemmeno la rivalutazione del corpo e delle membra umane, sostenuta nella II omelia. D'altra parte, poiché noi possediamo dell'Ancirano solo opere omiletiche a carattere polemico o ad alto stile letterario, spicca maggiormente la sua capacità dialettica e l'uso di accorgimenti, che possiamo far risalire all'ambito aristotelico.