ESTRATTO DALLA PRIMA PARTE
I. LA VITA DI GIOVANNI CASSIANO
Cassiano, oriundo con ogni probabilità della Dobrugia, un Paese situato fra l'ultimo corso del Danubio e il Mar Nero, e provincia di frontiera dell'Impero romano, nacque intorno al 360-365 da famiglia cristiana e benestante. Ebbe modo di essere avviato ben presto agli studi classici, al punto da formarsi una solida cultura. Nel corso della sua opera troveremo perfino la citazione di un poeta latino che non figura certamente tra i più famosi e più studiati. enti.' molto presto l'attrazione per la vita monastica e allora, in compagnia dell'amico Germano, parti per la Palestina. Prese dimora in un monastero situato presso la grotta di Betlemme in una data da collocare intorno al 378-380. Non vi rimase a lungo, preso come fu dal desiderio di visitare e constatare di persona i grandi centri del monachesimo egiziano. In quel periodo, che durò fino al 399, fu testimone diretto della santa vita di quei monaci, la cui fama, fin dal tempo di Atanasio, si era già diffusa anche nel mondo occidentale. Ebbe modo così di osservare e di vivere in persona quella vita esemplare, spesso eroicamente sostenuta, di conoscerne i segreti e di assimilarne le esperienze.Quegli insegnamenti, derivati dagli incontri, dalle conversazioni, dai suggerimenti e dagli esempi di quei santi monaci troveranno rilievo in ben due opere, in cui egli trasmise quanto di bene aveva avuto modo di apprendere nel non breve periodo della sua permanenza in Egitto: si tratta delle sue Istituzioni cenobitiche e delle sue Conferenze spirituali.
Fu probabilmente nell'anno 399 che Cassiano, in seguito ai fermenti creatisi in Egitto a causa delle controversie origeniste, lasciò quel Paese per recarsi a Costantinopoli presso Giovanni Crisostomo, patriarca della città. Vi rimase fino al 404. Quel soggiorno nella nuova capitale dell'Impero ci interessa particolarmente allo scopo di dar rilievo alla sua larga conoscenza della lingua greca. «Cassiano conosceva perfettamente il greco, che egli perfezionò nel suo soggiorno in Oriente» 3. Quando nel 403 il Crisostomo venne condannato all'esilio, Cassiano fu incaricato l'anno seguente di portare al papa Innocenzo una lettera, in cui il clero di Costantinopoli intendeva esprimere il proprio dolore per l'ingiusta sentenza che aveva colpito il grande patriarca. Fu quella l'occasione per lasciare l'Oriente e recarsi a Roma nel 404. Anche se il suo soggiorno nell'Urbe non fu continuo, esso si protrasse quasi sicuramente fino al 415 o al 417. Ebbe modo di farsi conoscere e apprezzare: lo possiamo dedurre dal fatto che egli godé fin da allora della stima e dell'amicizia di Leone, arcidiacono dell'Urbe e futuro papa. Ne vedremo presto i frutti, allorché dovremo trattare delle questioni inerenti alle accuse contro Nestorio.
Quindi egli fece capo a Marsiglia, dove fondò due monasteri, rispettivamente per uomini e per donne. Morí verso il 435. In quest'ultimo ventennio della sua vita Cassiano avrebbe desiderato mantenersi tranquillo nella sua dimora monastica, ma non gli fu possibile. Nella Chiesa dell'Occidente erano già insorte dottrine cristologiche inquietanti di cui avrebbe potuto essere semplicemente testimone, e invece egli pure finì per impegnarsi in prima persona per difendere la fede fino a pronunciarsi con un'opera scritta. E non bastarono i fermenti eretici manifestatisi in Occidente. Ben presto anche in Oriente, già presenti in alcune zone, quei germi si allargarono e s'accrebbero al punto da rendere necessario un concilio, quello di Efeso, celebrato nel 431. Non pochi furono i protagonisti di questi eventi, tanto in Occidente quanto in Oriente. I più diretti, quelli che principalmente saranno chiamati in causa nell'opera di Cassiano, furono Pelagio, Leporio e Nestorio. Distanziati per tempo e per regioni geografiche, furono accostati l'uno all'altro dal nostro autore entro una cornice di pensiero molto discussa dalla critica moderna. Perché tutto questo sia chiarito, occorre necessariamente un'eposizione delle vicende storiche e dottrinali, quali si agitarono in quel ventennio che scorre dal 411 al 431. Eccone i principali protagonisti.
II. STORIA E DOTTRINE DI UN VENTENNIO (411-431)
A) Pelagio
Nativo della Britannia (354 ca.), venne per tempo a Roma (380 ca.). Studioso per tendenza naturale, si formò personalmente una buona istruzione, specie nella conoscenza della Sacra Scrittura, e divenne perfino «dottore» (maestro), come allora si usava anche da parte di laici, di gruppi di giovani bramosi di istruirsi. Si era intanto fatto monaco, ed era divenuto cultore severo di una vita morale, di cui offriva un esempio personale cosi elevato da attirarsi stima e venerazione singolari. E noto che il suo prestigio derivò più in grazia del suo insegnamento diretto che non dalle opere scritte, almeno inizialmente. Perciò resta un po' difficile farsi idee del tutto esatte sul vero aspetto delle sue dottrine, anche perché, delle opere pervenute, non tutto sembra di mano dell'autore, ma di anonimi collaboratori. Tutto sommato, però, questa resta la conclusione delle sue concezioni religiose: «Egli intende praticare intensamente i doveri della morale cristiana e prendendo a modello Cristo camminare sulle orme di Lui; egli non sente il bisogno di un redentore, e la sua adorazione riconoscente si dirige piuttosto verso il Dio creatore che ha colmato l'uomo di tanto bene e gli ha dato, per così dire, la santità naturale». In grazia del prestigio del suo nome s'era venuta formando attorno a lui una schiera di aderenti: molti, perché indotti dalla severità della sua condotta; altri, perché attratti dalla solennità della sua dottrina. Tra i discepoli a lui piú vicini emersero i nomi di Celestio e di Giuliano. Quanti ne avevano abbracciato le idee e ne facevano sfoggio vennero denominati «pelagiani». Nel novero degli aderenti figurano nomi anche di persone provenienti da altri Paesi: erano per lo più giovani e, tra questi, piace rilevare il nome di Leporio, proveniente da Treviri, e di lui ci dovremo occupare ben presto nel corso di questa introduzione.
Quello che Pelagio non ebbe intenzione di fare, o non riuscì a fare, lo condusse ad effetto Celestio: fu lui a diffondere le dottrine pelagiane nella cerchia del Mediterraneo, con un'azione ininterrotta che durò dal 411 al 431. Proteso per natura alle dispute, aggressivo e intrigante, provocò spesso sommosse tanto da farsi cacciare via da parecchi luoghi: da Cartagine nel 411; da Efeso nel 413; da Costantinopoli nel 416; da Roma nel 418 e, come vedremo, ancora da Costantinopoli nel 429.