INTRODUZIONE
Fra le immagini più belle del libro dei Numeri, e delle Omelie origeniane che lo commentano, è il distendersi dell'accampamento di Israele nel deserto: nella disposizione delle tende, nel ripartirsi delle tribù, delle famiglie, degli ordini sacerdotali e del popolo, si aprono allo sguardo amoroso dell'esegeta e del pastore la bellezza della Chiesa e il suo mistero: sono recensiti sotto l'unico nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo tutti coloro che, venendo dalle quattro parti della terra, invocano il nome del Signore, sedendo a mensa con Abramo, isacco e Giacobbe nel regno di Dio (In Num. Hom. I, 3). L'espressione risuona simile nella definizione di Cipriano: la Chiesa è un «popolo unito nell'unità del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo».
Questa ampia contemplazione della «Chiesa del deserto» (l'espressione è di Stefano, At 7, 38) che sono le Omelie sui Numeri, appare in primo luogo un «cantare le Chiese»: nelle lettere del vescovo Ignazio una folgorazione, nelle Omelie che consideriamo migliaia di bagliori, ma l'impeto, l'entusiasmo, non sono diversi. Nella Omelia XVII, lo sguardo dell'indovino orientale Balaam, rapito, suo malgrado, dal Dio d'Israele a pronunciare parole di benedizione sull'accampamento disteso del deserto, non sa staccarsi la quella visione: Come sono belle le tue case o Giacobbe, le tue tende, o Israele!... Origene rivela che quello sguardo è il suo: a livello del mistero di Cristo e della chiesa, che irradia la propria luce a tutta la realtà: per I' esperienza dell'anima, che in quella visione coglie le proprie ascensioni nella dimensione di ogni possibile apostolato, configurato, per la potenza dell'annuncio, nella costruzione sempre più dilatata, all'infinito, di tende celesti (In Num. Hom. XVII, 4).
L'esegeta si fa insieme trepido pastore: conscio della sua pochezza, si affida a questo immenso raduno, che si estende ai limiti dell'universo in continuità con il cielo, e si inoltra con l'alacrità del passo dell'anima nel viaggio sconosciuto e arduo, illuminando i suoi compagni di via sulle molte bellezze dell unica Chiesa (In Num. Hom. III, 3).
LE LINEE ESEGETICHE
Anche riguardo a queste Omelie diamo una traccia delle linee esegetiche origeniane quali si sviluppano, nel caso, in ordine al libro dei Numeri.
Israele è nel deserto.. questo è il titolo ebraico del libro, che Origene ha colto nella sua sostanza più propria; le Omelie riprendono con immediatezza e pregnanza la lettera biblica, e quindi anche il paesaggio pauroso e affascinante del deserto con le sue aridità e le sue improvvise rivelazioni di ristoro. (,Erto Origene non ha dovuto superare scandali particolari riguardo alla lettera biblica, che gli appare sempre nella sua preziosità, perché in essa sono nascosti tesori di sapienza e di scienza divine, che levigano la lettera più dell'arte grammatica e conferiscono ad ogni tratto un fascino che nessuna esigenza estetica potrebbe disprezzare (cf. In Num. Hom. IX, 6); ma qui, rileggendo le pagine dei Numeri in cui la bellezza è manifesta, Origene non costruisce una «mistica del deserto», piuttosto pianamente coglie la punta del testo: proprio lì, nel deserto, il Signore vuole conoscere e far conoscere la consistenza del suo popolo, questa gente e non altri, e il Signore vuole che i suoi siano numerati (donde il titolo greco del libro: Numeri), con un censimento del quale occorre misurare e approfondire tutta la portata.
Il Signore vuole che il suo popolo comprenda che esso è contato, prezioso presso di lui, e i conti devono essere riportati con grande esattezza, perché il computo del popolo è un indice della storia della salvezza (In Num. Hom. I, 1; IV, 1): Dio vuole che ciascuno nella Chiesa conosca il suo numero, il suo compito, il suo posto perché, liberato da ogni ricerca e occupazione di sé, possa più pienamente e totalmente dedicarsi al servizio divino.