ESTRATTO DALLA PRIMA PARTE
1. Sintesi biografica
Teodoreto nacque ad Antiochia nel 393. La sua famiglia teneva un rango elevato nella gerarchia sociale della città; ed era cristiana già da alcune generazioni. I genitori erano rimasti a lungo senza figli; sinché, stando al racconto riportato da Teodoreto nella Storia religiosa, un eremita di nome Macedonio non annunciò loro il concepimento di un bambino. E la madre, in segno di grazie, lo chiamò Teodoreto. La sua formazione intellettuale fu completa e profonda, nel campo della cultura classica come in quello del patrimonio cristiano; non per nulla ad Antiochia non vi erano scuole confessionali, il che favoriva lo svilupparsi di una mentalità sincretistica e aperta ad esperienze anche contrastanti. È incerto se sia stato l'allievo di Teodoro di Mopsuestia e Diodoro di Tarso, che egli nella sedicesima lettera pone nel rango dei maestri; la cosa è possibile per il primo ma impossibile per il secondo, visto che la nascita di Teodoreto quasi coincide con la morte di Diodoro. Ugualmente, è pura ipotesi che abbia avuto come condiscepoli Nestorio e Giovanni di Antiochia.
Teodoreto rimase nella città natale fino alla morte dei genitori, nel 416. A questo punto, egli vendette tutti i suoi beni, ne donò il ricavato ai poveri e si ritirò in un monastero a Nicerta, nei pressi di Apamea. Qui allargò i suoi interessi concettuali, scavando al contempo la propria esperienza religiosa. A questo periodo risale probabilmente anche la grande apologia contro l'ellenismo: la Cura delle malattie greche 4. E la sua fama doveva essersi straordinariamente diffusa, se nel 423 gli fu affidata la diocesi di Ciro, nella giurisdizione metropolitana di Ierapoli. Furono anni di episcopato durante i quali, specie all'inizio, ebbe a lottare contro mero di eretici, presenti nei confini della sua autorità: ariani, eunomiani, marcioniti macedoniani. Il vigore della polemica realizzò in effetti concreti successi; basti pensare che Teodoreto riuscì a sostituire, nell'uso della Chiesa di Ciro, il Diatessaron di Taziano con il testo dei Vangeli.
Il primo grande evento con cui si scontrò la sua personalità fu il Concilio di Efeso, nel 431. È universalmente conosciuto il suo retroterra dottrinale: il Concilio di Nicea, nel 325, aveva stabilito contro l'arianesimo che in Cristo si trovavano due nature diverse ma unite da un intimo legame, la divina e l'umana. A partire da questo dato concettuale si erano poi sviluppate due scuole che giungevano a soluzioni differenti. La scuola di Antiochia, la quale risaliva a Diodoro di Tarsio e Teodoro di Mopsuestia, accentuava la sfumatura dualista e incentrava la propria polemica su di un aspetto particolare: si rifiutava di chiamare Maria «madre di Dio» poiché Maria era piuttosto madre dell'uomo in cui il Figlio di Dio si era incarnato. Dal canto suo la scuola di Alessandria approfondiva l'unitarietà delle due nature di Cristo e inclinava pericolosamente nella direzione di formule apollinaristiche. L'elemento scatenante di una situazione già potenzialmente scismatica fu l'ascesa al seggio episcopale di Costantinopoli di Nestorio, nel 428. Questi negava fosse lecito chiamare Maria «madre di Dio» e preferiva l'espressione «madre di Cristo», esprimendo in tal modo con limpida nettezza il proprio arroccamento dottrinale. Di qui la reazione di Cirillo, patriarca di Alessandria; reazione che si concretò in dodici «Anatematismi», formulati con l'avallo dell'autorità papale e già adottati nella loro terminologia da un concilio egiziano, nel novembre del 430. Era guerra aperta. L'imperatore Teodosio II dovette perciò convocare un concilio che si sarebbe tenuto ad Efeso nel 431, durante la Pentecoste. Ma intanto Giovanni, patriarca di Antiochia, incaricava Teodoreto di comporre, insieme ad Andrea di Samosata, una confutazione degli «Anatematismi» di Cirillo; e fu la Confutazione dei dodici Anatematismi di Cirillo. Spettava ora soltanto al Concilio di sancire una formulazione ortodossa e universalmente accettabile.
Nulla poté l'autorità del vescovo di Ciro per invalidare le decisioni di un'assemblea che si era aperta in assenza della delegazione orientale: la deposizione di Nestorio fu infatti confermata anche dai legati pontifici. In seguito, la situazione precipitò e travolse gli Antiocheni; il 16 e il 17 luglio Cirillo fece scomunicare anche Giovanni di Antiochia, confortando in tal modo il definitivo trionfo del partito degli Alessandrini. Alla chiusura del Concilio, il 31 luglio dello stesso anno, la frizione e il contrasto dottrinali si erano così ancor più esasperati. A dire il vero, si tentò ulteriormente di comporre il dissidio. Teodosio infatti convocò a Calcedonia i membri delle due delegazioni, alessandrina e orientale; ma né Teodoreto, che era il portavoce di quest'ultima, né il partito di Cirillo vollero tornare indietro. In realtà, si resero necessari alcuni anni per giungere a una parvenza di accordo; poiché fu solo il 12 aprile del 433 che Giovanni di Antiochia e Cirillo sottoscrissero l'atto di unione, la cui formula si doveva probabilmente a Teodoreto. D'altra parte lui, il vescovo di Ciro, nella sua posizione personale era rimasto a lungo isolato in seno all'intransigenza. Solo dopo alcun tempo si rassegnò alle insistenze di Giovanni e accettò l'atto di unione; ma fu necessario non gli si chiedesse di aderire alla deposizione di Nestorio. E solo il suo metropolita, Alessandro di Ierapoli, s'intestardì nel rifiuto.