ESTRATTO DALLA PRIMA PARTE
I. L'APOLOGETICA GRECA DEL II SECOLO
Con letteratura apologetica s'intende generalmente quell' insieme di scritti che, fin dai primi decenni del II sec., furono composti per difendere il cristianesimo e i cristiani dalla persecuzione, dalla proscrizione delle leggi statali, dalle accuse dei pagani, dalle ostilità degli ambienti culturali, dall'opposizione dei giudei. Ma, al di là di questo concetto di «difesa» (che indica l'intento peculiare degli scritti), va sottolineato il grande valore dottrinale di queste opere. Esse non pervengono a un'esposizione sistematica e completa della fede e dei principali contenuti della verità rivelata, riescono però a dimostrare, in polemica con il mondo pagano e con quello giudaico, sia i principi di verità rispetto al politeismo, sia la perfezione di vita rispetto agli ideali proposti dalla filosofia e dalla cultura del mondo greco romano; al tempo stesso, dimostrano come la nuova religione sia il compimento delle profezie dell'Antico Testamento, l'adempimento delle attese messianiche e il superamento di ogni legalismo ebraico. In breve: «l'apologetica greca nasce come esigenza di verità e di carità».
Sviluppatasi prima nelle regioni di lingua greca e poi in quelle di lingua latina, l'apologetica doveva costituire l'espressione più significativa della letteratura cristiana in quell'arco di secolo compreso tra il principato di Adriano
Commodo (180-192) e che corrisponde alla stagione più felice dell'età degli Antonini. Le vittorie e le conquiste di Traiano avevano già assicurato periodi di pace e, quindi, di prosperità e di benessere. Si era stabilito un clima favorevole a nuovi programmi culturali in cui doveva trovare spazio in modo particolare l'ideale filosofico con privilegio dello stoicísmo: «mai la filosofia e la ragione hanno avuto tanto onore come nell'epoca degli illuminati Antonini che gradiscono essi stessi il titolo di filosofi». Tutto sembrava assicurare un'epoca di fortuna duratura; in realtà, già al tempo di Marco Aurelio, questa compagine di prosperità cominciò a incrinarsi: sorsero problemi economici di non facile soluzione; i popoli barbari minacciarono i confini obbligando a instaurare una nuova politica militare.
Quanto al rapporto che intercorre in questo periodo tra lo stato e i cristiani e tra il popolo pagano e i seguaci della nuova fede, esso si concretezza in un atteggiamento di rifiuto e di ostilità, a danno del cristianesimo; un'intolleranza mai spenta e sempre quiescente che si fa più grave e minacciosa nella misura in cui viene a mancare quella pace che è garanzia di benessere e di prosperità. «L'ostilità, che già nel I sec. aveva animato le folle pagane verso i cristiani, trova nuovo incremento, identifica in essi coloro che, rompendo con il loro rifiuto dei culti tradizionali e il loro ateismo la pax deorum, attirano sull'impero la maledizione divina e chiede allo Stato un deciso e massiccio intervento contro di loro». Ostilità destinata a rimanere aperta fino a quando non si stabilirà, con la dinastia dei Severi, un periodo di tolleranza.
È in tale contesto storico, ma soprattutto in questo clima di persecuzione, che operano i Padri apologisti: nei loro scritti, confutando apertamente le accuse rivolte ai seguaci della nuova fede, contrappongono e difendono con coraggio la dottrina predicata da Cristo, non senza coinvolgere talora la persona stessa dell'imperatore (cf., ad es., Giustino, II Apologia 2, 16). Il cristianesimo perseguitato trae così, da queste pagine di appassionata difesa e di genuina testimonianza di fede, una nuova linfa vitale, una nuova forza, un più sicuro sostentamento. Se la politica imperiale e la massa del popolo pagano urtano coloro che credono nella «buona novella», questa continua a essere predicata. Il cristianesimo aveva ormai conquistato le regioni dell'Anatolia e della Mesopotamia fino all'estremo oriente; si era propagato lungo le coste dell'Africa settentrionale, dall'Egitto alle colonne d'Ercole; aveva raggiunto le regioni della Spagna e della Gallia.
Costantemente ispirati e ancorati alla Parola di Dio, gli apologisti contribuirono non poco al diffondersi della nuova religione e, soprattutto, al consolidarsi della fede in un periodo in cui l'opposizione da parte del giudaismo e del paganesimo era quasi sempre intransigente. Alle polemiche dei giudei essi rispondono con l'autorità della Scrittura nella sua continuità tra Antico e Nuovo Testamento; ai sospetti e alle calunnie dei pagani essi oppongono la fede nell'unico Dio, l'assoluta ragione della dottrina di verità, l'esempio della vita cristiana. Condannano il politeismo e l'idolatria; la corruttibilità e la corruzione degli dèi pagani; le aberranti e assurde storie mitologiche; l'immoralità del paganesimo e ogni forma di vita schiava dei demoni e succube della loro istigazione. Al politeismo e al culto degli dèi essi contrappongono la conoscenza del vero Dio e la dimostrazione della sua esistenza e provvidenza attraverso il creato e la sua armonia; alla corruzione del mondo pagano, la purezza della morale e dei costumi cristiani.
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Prof. Stefano Coccia il 11 settembre 2015 alle 15:32 ha scritto:
Questo è davvero una bellissima opera. Credo che non ci sono parole per definire questi uomini santi che hanno dato la vita per il Vangelo. Le Apologie più belle sono sicuramente quelle di Giustino martire, quella di Aristide e quella di Taziano. Gli Apologisti prendono il nome dalla parola greca "apologhìa" che significa «difesa»: essi infatti hanno svolto l'attività di scrittori in vista della difesa della nuova religione cristiana dalle accuse e dagli attacchi che le muoveva la società pagana circostante, e lo hanno fatto con tanta maggior competenza in quanto provenienti quasi sempre dal paganesimo. Gli Apologisti, intellettuali pagani convertiti al cristianesimo, difendendo la nuova appartenenza religiosa, intesero nello stesso tempo giustificare a se stessi e agli altri la propria conversione e offrirne le adeguate e motivate ragioni sul piano delle scelte morali e della ricerca filosofica.
Le accuse che da più parti venivano mosse contro i seguaci della religione cristiana erano di diverso genere e natura. Il pregiudizio popolare, sempre sospettoso nei confronti delle novità mal conosciute e non adeguatamente comprese, si dilettava di calunnie volgari e, tutto sommato, abbastanza superficiali: i cristiani venivano dipinti ora come cannibali, in quanto si nutrivano delle carni di un fanciullo infarinato (cosi veniva fraintesa e deformata la dottrina eucaristica), ora come incestuosi a causa della predicazione dell'amore scambievole tra fratelli e sorelle, ora, addirittura, come «atei», per il totale disprezzo dimostrato verso gli dei della tradizionale religione pagana. All'accusa di «ateismo», che può suonare paradossale ad orecchie moderne, venivano ad aggiungersi anche accuse di sovversivismo politico e, in generale, di immoralità. Insomma, i cristiani passavano agli occhi dell'opinione pubblica pagana come elementi socialmente destabilizzanti che mettevano in pericolo la religione tradizionale e, con essa, la prosperità politica ed economica dell'Impero. Chissà quanto odio dovettero attirarsi i buoni cristiani, che rifiutavano di mangiare la carne sacrificata agli idoli pagani, da parte dei macellai che vedevano messe in crisi le fortune dei propri affari? Come di solito accade in questi casi, alla diffidenza e all'ignoranza si accompagna la paura, e la paura genera l'odio che fa scattare la molla della persecuzione e dell'emarginazione. Per spezzare questo cerchio infernale, gli Apologisti escono allo scoperto con il fine primario di far conoscere in maniera obiettiva il vero contenuto del cristianesimo e sfatate, in tal modo, i pericolosi pregiudizi che lo circondano. La polemica contro i pagani, però, non si limita a controbattere le volgari calunnie e le pesanti insinuazioni della gente comune; essa si muove ad un livello più elevato quando intende rispondere a obiezioni più sofisticate di carattere intellettuale e filosofico, e perciò anche più pericolose. Un intellettuale di regime come il filosofo Celso raccoglie verso il 178 tutta una serie di obiezioni contro il cristianesimo, e il suo attacco sarà ripreso, in forme ancora più massicce, dal filosofo Porfirio verso il 270 e dall'imperatore Giuliano l'Apostata nel sec. IV. Questa, che è stata definita la «reazione pagana» al cristianesimo, ha dato luogo ad una ricca letteratura apologetica i cui inizi si collocano appunto nel secolo II. Libro che consigli a tutti coloro che hanno una passione per i Padri della Chiesa e che vogliono conoscere le origini della Chiesa.