ESTRATTO DALLA PRIMA PARTE
1. Cromazio vescovo di Aquileia
Dato che la traduzione dei Trattati di Cromazio giunge a distanza di pochi anni da quella dei Sermoni, senza dimenticare la traduzione recente che va sotto il titolo Sermoni liturgici, per molte notizie rimando a quanto è detto nella pregevole introduzione di G. Cuscito e all'altra sua opera. Qui do in sintesi uno schema della vita del vescovo, per passare poi ad analizzare alcuni temi che mi sembrano emergere dall'opera esegetica di Cromazio.
Cromazio appartenne alla nobile familia Aquileiensis degli Eusebii; notizie sono reperibili nella VII lettera di san Girolamo. Fratello di Cromazio fu Eusebio, vescovo lui pure d'una sede imprecisata. La famiglia era segnata da un clima di profonda vita cristiana, se stiamo agli elogi che ne tesse Girolamo. Altre notizie sono nell'Apologia di Rufino.
Al Concilio di Aquileia (3 settembre 381) Cromazio è presente come presbitero; vi partecipa in qualità di «esperto» del suo vescovo Valeriano.
Alla morte di Valeriano, Cromazio gli succede sulla cattedra del capoluogo della X regio, Venetia ed Histria, qual era Aquileia, la cui fondazione risaliva agli inizi del II secolo a.C. (181 a.C.).
Cromazio resse la Chiesa aquileiese per quasi 20 anni. Pare sia morto sul finire del 407 o all'inizio del 408, forse sull'isola dove la città di Grado, quasi un'Aquileia in terra d'esilio, andava allora allora sorgendo.
2. L'opera di Cromazio
Poche annotazioni generali pur qui. L'opera del vescovo si divide in due grossi filoni: opera omiletica (i Sermoni, in numero di 45 tra interi e frammentari); opera esegetica (i Trattati, in numero di 61, tutti interi, salvo uno, il 36; ad essi va premesso il prologo ai trattati).
Per il primo gruppo rimando ancora al volume curato dal Cuscito.
Dato l'assunto, discorso piú ampio riguarda i trattati. Come s'è detto, essi sono in numero di 61; 62 testi con il prologo.
È il commento di san Cromazio all'evangelo di Matteo. Il commento però s'arresta al termine del capitolo XVIII del testo sacro. 62 brani comportano un corpus consistente, come è dato di vedere; uno tra i più ampi, se non fosse per delle gravi e grosse lacune sul primo evangelo che si riscontrano in più parti. Se disponessimo dell'intero commento, non ci sarebbero difficoltà a collocarlo tra i testi più diffusi, anche nel caso che ci si dovesse arrestare al cap. XVIII. Sarebbe vicino sempre ad Ambrogio, In Lucam, ad Agostino, In Iohannem, ai commenti di Ori gene agli evangeli, o a quelli di Giovanni Crisostomo o a quello di Cirillo d'Alessandria, In Iohannem, ecc. Del resto l'opera esegetica rientrava in una delle precipue attività dei pastori delle Chiese. Cosi Cromazio. Gli studiosi della figura del santo vescovo sono convinti che egli abbia pensato alla stesura delle sue riflessioni sull'evangelo secondo Matte() verso il termine della vita, mentre i sermoni possono riferirsi (anche se non siamo in grado di identificare delle date) a tutto l'arco dell'episcopato cromaziano.
A me sembra possibile un'ulteriore giustificazione, e cioè che egli abbia atteso al commento anche per togliere agli eretici l'arma della Scrittura da essi usata.
Comunque, pare si possa asserire che Cromazio non andò oltre il cap. XVIII di Matteo.
Ma non tutto il commento fino a tale capitolo rimane; ed è grave iattura. Pure non è infondata la speranza di coprire almeno qualche altra lacuna. Un trattato rinvenuto nel 1979 fa ben sperare in qualche nuova riscoperta.
Ecco come si presenta il commento a Matteo uscito dalla penna di Cromazio, e quale ci rimane a tutt'oggi.
Il commento di Cromazio giunge completo sino a Mt. 7, 21-23; è il tr. 36, di poche linee, perché frammentario, ed è l'unico frammentario. Il tr. 37 (per Mt. 7, 24- 29) manca; avrebbe dovuto essere l'ultimo per Mt. 7. Tutto l'ottavo capitolo e la maggior parte del nono sono presenti nei tr. Una grossa lacuna si apre, invece, a Mt. 9, 32 e si estende fino a Mt. 12, 21 incluso. Poi vi sono due tr. (il 49 e il 50) rispettivamente per Mt. 12, 22-28 e per Mt. 12, 29-32. Altra breve lacuna per Mt. 12, 33-37. Fino al 1979 essa era piú ampia; in quell'anno si trovò il tr. relativo al «segno di Giona» che prende il numero 50 A 5.