ESTRATTO DALLA PRIMA PARTE
1. La biografia tradizionale faceva di Nilo un nobile della capitale d'Oriente, ufficiale della corte di Teodosio, prefetto del pretorio e già padre di due figli, il quale avrebbe rinunziato al mondo per abbracciare la vita solitaria verso il 390. Sarebbe stato discepolo degli asceti del Sinai, emuli degli angeli e lottatori contro i demoni, fino a quando un'invasione del monastero da parte di orde saracene non razziò quella cittadella della vita ascetica, uccidendo e schiavizzando. Fra i prigionieri vi sarebbe stato il figlio di Nilo, Teodulo; tra gli scampati al massacro lo stesso asceta padre, che si mise alla ricerca di lui finché non lo trovò ai confini della Palestina, per tornare infine sull'asceterio del Sinai.
Giorgio Monaco afferma che Nilo fu discepolo del Crisostorno e contemporaneo di Proclo, Palladio, Marco l'Eremita e Isidoro di Pelusio; e ciò pare confermato dalle Epistole del nostro santo. Di fatto l'imperatore Arcadio lo aveva invitato a pregare perché Dio liberasse Costantinopoli dai terremoti e dai caldi torridi che l'affliggevano; ma l'abate di Ancira con libertà di spirito, motivo dominante della sua prassi e teoria ascetica, gli rispose: « Come puoi chiedermi questo per Costantinopoli, macchiatasi di innumerevoli delitti e colpevole di avere spudoratamente emanate leggi clic mettono al bando la colonna della Chiesa, la fiaccola della verità, la tromba di Cristo, il beatissimo vescovo Giovanni? ».
Al medesimo Arcadio è rivolta pure l'Ep. 279 del libro III, che mentre diplomaticamente scusa l'imperatore come « malconsigliato da vescovi non sani di mente », non cessa di esaltare la figura del grande esiliato dicendolo « il pii grande luminare della terra, primate di Bisanzio, assurdamente confinato ». Nilo chiama criminale leggerezza quella dei suoi perfidi consiglieri, calunniatori dell'irreprensibile dottrina del Crisostomo e grassatori della fede cattolica da lui insegnata.
A distanza di 15 secoli la figura del Crisostomo unita a quella di Nilo testimonia la medesima esperienza cristiana. Il santo di Ancira non è degno di stare accanto a quello di Costantinopoli per la cultura e l'arte oratoria, ma lo è forse per la combattività e l'anelito pastorale. La cronologia di entrambi è molto discussa. Nilo comunque gli fu devoto e contemporaneo, simile a lui come uomo di preghiera, maestro di vita radicalmente cristiana, indulgente e misericordioso verso i traditori del messaggio ascetico. Il Crisostomo mori il 407, Nilo l'Asceta poco prima del 430.
Entrambi partecipano agli ideali di fuga dal mondo, e considerano la città condizionamento per la santità. Di Giovanni sappiamo che a 18 anni l'abbandonò per entrare nel cenobio e poi nell'eremo, dal 372 al 375; Nilo è verosimile che abbia lasciato il mondo per entrare nel monastero circa 15 anni dopo l'Antiocheno, verso il 390, come risulta dall'Ep. 1, 257; del primo conosciamo i luoghi che furono teatro della sua ascesi, nel deserto di Siria vicino ad Antiochia, del secondo la medesima lettera ci dice che si ritirò ad Ancira in Galazia. Era la città di Marcello, così intrepido difensore della fede ortodossa contro gli ariani da dovere giustificarsi per aver dato occasione di aver proposto a mo' di ricerca » l'opinione già professata da Sabellio; di Basilio, chiamato a sostituire Marcello dopo il suo esilio del 336, sostenitore quindi del partito omeusiano, che da ex medico trattò della purezza delle vergini con particolari fisiologici che ci spiegano certe osservazioni biopsicologiche del nostro Discorso ascetico.
Ancira era rimasta fedele a Nicea, ad Atanasio e ad Apollinare. Nell'Ep. 1, 257, infatti, Nilo parla con rispetto di Apollinare, che stima degno di ogni considerazione non solo per la sua eloquenza, ma anche per la sua ascesi costantemente vissuta fino all'estrema vecchiaia, benché infine « sedotto dal demonio, abbia suscitato l'eresia che afferma l'assunzione della carne e dell'anima celesti da parte del Figlio di Dio, e gli nega assolutamente la presenza della mente, al posto della quale sarebbe principio di vita la stessa divinità del Verbo ».
L'Ancirano — cosí lo chiamano alcuni manoscritti — dovette passare qualche tempo a Costantinopoli, dove dal 398 sedeva sulla cattedra episcopale Giovanni d'Antiochia. E lí dovette conoscere gli intrighi di Teofilo d'Alessandria per avere il primato su tutto l'Oriente, e quindi ammirare la tolleranza e benignità pastorale del Crisostomo, il suo impegno per riformare il clero ambizioso o infedele e gli asceteri semenzai di vane dispute e di comportamenti antitetici alla vocazione monastica. Nilo ne difese l'operato contro i denigratori, vescovi simoniaci e monaci girovaghi: « È assurdo — scrive a Sostenti — quello che apprendo da te, che Giovanni l'uomo teoforo, vescovo di Costantinopoli, sia iroso e sadico nel punire i peccatori, duro con quelli che non si pentono, insensibili e fiacchi.