ESTRATTO DALLA PRIMA PARTE
1. Ippolito
Sulla personalità ecclesiale e letteraria di Ippolito gli studiosi del cristianesimo antico discutono da più di un secolo; e se tali discussioni hanno permesso di accertare una quantità di dati particolari, sulla ricostruzione d'insieme i pareri sono più che mai discordi. Perciò, nelle pagine che seguono, presenterò i dati essenziali della discussione, a partire ovviamente dalle fonti per terminare con i risultati e le ipotesi più recenti.
Eusebio di Cesarea (Hist. eccl. V1,20.22), agl'inizi del IV secolo, conosce un Ippolito capo di una comunità cristiana non identificata agli inizi del III secolo, autore di un calcolo cronologico sulla Pasqua e di un canone pasquale di 16 anni a partire dal primo anno dell'imperatore Alessandro Severo (222) ' . Tra i vari scritti che si conoscono di tale autore, Eusebio dice di conoscere: Sull'Esamerone, Su ciò che segue l'Esamerone, Contro Marcione, Sul Cantico, Su alcune parti di Ezechiele Sulla Pasqua, Contro tutte le eresie. Vari decenni dopo, Girolamo (Vir. ill. 61) dice di non essere riuscito ad accertare la sede di cui era vescovo Ippolito, e aggiunge alcune altre opere a quelle già conosciute da Eusebio, soprattutto opere di commento a libri della Sacra Scrittura: Genesi, Esodo, Salmi, Isaia, Daniele, Apocalissi, ecc. 3, e due trattati: De Antichristo e De resurrectione. Nella I metà del V secolo, Teodoreto di Ciro cita fra di Ippolito tratti da interpretazioni di Salmi, Isaia, e altri libri scritturistici. Nel IX secolo, il patriarca di Costantinopoli Fozio (Biblioth. 121) conosce di Ippolito, discepolo di Ireneo, un Syntagma contro tutte le eresie che trattava di 32 eresie, da Dositeo a Noeto, e inoltre il Commento a Daniele e il De Antichristo. Nel XIV secolo, lo scrittore siriaco Ebed-Jesu conosce di Ippolito, oltre ad altre opere, Capitoli contro Gaio e un'Apologia dell'Apocalissi e del Vangelo di Giovanni.
Teodoreto ed Ebed-Jesu definiscono Ippolito vescovo e martire. In effetti, la Depositio martyrum, un documento romano del 336, registra al 13 di agosto la memoria dei martiri Ippolito, sulla via Tiburtina, e Ponziano, nel cimitero di Callisto; e il Catalogo Liberiano, di qualche decennio posteriore, informa che nel 235 papa Ponziano fu relegato in Sardegna insieme col prete Ippolito e lì mori il 28 settembre. Qualche anno dopo, Damaso, in un epigramma (n. 35 dell'ediz. Ferrua), presenta Ippolito come un prete romano, che dopo aver aderito allo scisma di Novato (= Novaziano) sarebbe morto martire della vera fede. Intorno alla fine del IV secolo, Prudenzio, nel c. 11 del Peristephanon, dedicato appunto al martire Ippolito, riporta una versione leggendaria del suo martirio, da cui risulta che egli conosceva luoghi di culto di Ippolito a Roma e a Porto (= Ostia). In effetti, a partire da questo periodo si moltiplicano le notizie di carattere agiografico, occidentali e orientali, che conoscono Ippolito martire o di Roma o di Porto. Anche Girolamo ha occasione di ricordare il martire Ippolito e riporta un passo di una sua opera 4, ma senza metterlo in rapporto con lo scrittore Ippolito. Fonti orientali conoscono Ippolito, oltre che come martire, anche come vescovo o di Roma o di Porto. Papa Gelasio, invece (fine del V secolo), lo dice vescovo di una città di Arabia.
Nel 1551, nell'ager Veranus vicino alla via Tiburtina, fu ritrovata una statua fortemente mutila, che constava di un trono marmoreo e della parte inferiore di una figura molto malridotta. Sui lati del trono è inciso un computo pasquale che inizia col primo anno dell'impero di Alessandro Severo, e sul retro sono incisi i titoli di alcune opere. Due titoli sono inutili; ecco gli altri: Sui Salmi, Sulla pitonessa, Per il Vangelo di Giovanni e l'Apocalissi, Tradizione apostolica sui carismi, Cronaca, Contro i Greci e contro Platone o Sull'universo (Perì pantòs), Esortazione a Severina, Dimostrazione del tempo di Pasqua e tavola pasquale, Odi su tutte le Scritture, Su Dio e la risurrezione della carne, Sul bene e donde viene il male.