ESTRATTO DALLA PRIMA PARTE
1. Cenni biografici
Nato a Cesarea in Cappadocia tra il 332 e il 335 da Emmelia e da Basilio il Vecchio, famoso retore, ebbe come fratelli maggiori san Basilio Magno e Naucrazio, come fratello minore Pietro vescovo di Sebaste e come sorella santa Macrina iunior. A partire dal 348 fu « lettore », uno dei primi gradini della carriera ecclesiastica. Anche dietro la spinta del fratello Basilio, non ancora battezzato, subì il fascino della cultura e della retorica greca, e non poté sottrarsi all'influenza del neoplatonismo e di Libanio, che era allora il retore più famoso. Nel 365, sotto il regno di Giuliano l'Apostata, abbandonò il suo posto di « lettore » per abbracciare la professione di « retore », suscitando il risentimento di Gregorio Nazianzeno. Non per questo rinnegò però la sua fede: verso il 371 il fratello Basilio, divenuto vescovo di Cesarea, lo fece nominare vescovo di Nissa, piccola città della Cappadocia orientale. Pii spirito speculativo che uomo di azione, Gregorio difettava di quelle qualità pratiche che pur erano necessarie ad un vescovo in quei tempi difficili. Proprio per questa ragione nell'inverno 375-376 il vicario del Ponto Demostene, ariano, ebbe buon gioco nell'accusarlo di aver dilapidato i beni ecclesiastici: nella primavera del 376 un sinodo di vescovi ariani fedeli all'imperatore Valente, anch'egli ariano, depose Gregorio dalla sua carica di vescovo. Solo nel 378, dopo la morte dell'imperatore Valente alla battaglia di Adrianopoli, Gregorio poté tornare a Nissa come vescovo.
Nel 379, dopo la morte di Basilio, avvenuta il 1° gennaio di quell'anno, prese parte al concilio di Antiochia; durante il viaggio di ritorno a Nissa (dicembre del 379) si recò ad Annesi sul Ponto per far visita alla sorella Macrina, ormai in punto di morte. Poco dopo, nel 380, dovette recarsi prima ad Ibora e poi a Sebaste, per mettere pace in quelle Chiese. A Nissa fece ritorno solo nella seconda metà del 380, dopo aver contribuito alla nomina del fratello Pietro a vescovo di Sebaste.
Nel 381 prese parte al secondo concilio ecumenico, tenutosi a Costantinopoli. Era ormai divenuto una delle maggiori autorità dell'ortodossia orientale, e come tale è citato nella legge del 30 luglio del 381 promulgata dall'imperatore Teodosio. Dopo la morte della moglie Teosebta. , avvenuta verso il 385, abbracciò la vita monastica, e nella solitudine del monastero fondato dal fratello Basilio deve aver vissuto gli ultimi anni della sua vita, facendo solo qualche comparsa a Costantinopoli. Dopo il 394 — l'anno del locale sinodo costantinopolitano a cui prese parte — non si parla più di lui; o la sua morte deve essere quindi avvenuta in quell'anno o subito dopo.
2. Data di composizione, struttura e scopo del dialogo
In questo scritto Gregorio di Nissa riproduce il dialogo avvenuto tra lui e la sorella Macrina poco prima della morte di quest'ultima, allorché egli, ancora affranto per la perdita del fratello Basilio, morto il 1° gennaio del 379, si recò a visitarla: Gregorio stesso, all'inizio dell'opera, ci parla della visita alla sorella; e nella vita di santa Macrina accenna nuovamente a questo colloquio. Poiché Macrina mori alla fine del 379 e nel Dialogo sull'anima e la risurrezione si parla della sua morte come di un fatto realmente avvenuto, il termine post quem per la composizione del dialogo va posto alla fine del 379; il dialogo stesso dev'essere stato scritto poco tempo dopo.
Il tema trattato da Macrina e Gregorio nel corso del loro ultimo colloquio si addice perfettamente alle circostanze. L'ormai moribonda sorella del vescovo nisseno, « da lui venerata come una maestra e una santa », per dissipare i dubbi e i timori manifestati dal suo interlocutore circa la sopravvivenza dell'anima umana dopo la morte e infondergli coraggio, impegna tutte le sue forze residue nella dimostrazione di due tesi, ugualmente essenziali per la sua fede religiosa: quella dell'immortalità dell'anima e quella della risurrezione e glorificazione del corpo umano.
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Dott. DONATELLA PEZZINO il 26 marzo 2024 alle 06:58 ha scritto:
Definita il "Fedone cristiano", questa meravigliosa opera è stata scritta dal grande Cappadoce sotto forma di dialogo fra lui e la sorella Macrina. Nella trattazione, incentrata sulla natura dell'anima e del suo destino dopo la morte, si incontrano platonismo, neoplatonismo e Rivelazione cristiana. Lo stile, chiaro e scorrevole, risulta piacevolissimo anche al lettore di oggi.