INTRODUZIONE
1. La biografia cristiana
1. Le prime comunità cristiane vivevano e operavano nella gioiosa ed esaltante consapevolezza che per mezzo di loro e in loro operava lo Spirito santo, la cui effusione i profeti avevano presentato come fatto caratterizzante dell'età messianica e che Gesti Cristo, il redentore risorto e asceso alla destra del Padre, aveva inviato nella chiesa per continuare e perfezionare l'opera da lui svolta per la redenzione e la salvezza degli uomini. In tale atmosfera, tutta pervasa e condizionata dal senso della presenza divina, tutti si consideravano strumenti della volontà e dell'agire divini. In tal senso uno dei motivi conduttori degli Atti degli apostoli tende proprio a far vedere come, al di là della limitatezza e della insufficienza dello strumento umano, lo Spirito divino porta sempre a compimento il suo piano salvifico.
Eppure, nonostante questa pur prevalente sensibilità, per tempo alcune personalità, qualcuna già in vita ma per lo più dopo la morte, cominciarono a godere particolare considerazione nella chiesa fino al punto di diventare oggetto di una certa forma di venerazione. Questa tendenza, destinata a diventare sempre più forte col passare del tempo, si affermò su una duplice direttiva. In primo luogo si imposero all'ammirazione e quindi alla venerazione dei fedeli i discepoli immediati di Cristo, soprattutto gli apostoli, le colonne della chiesa. Una grande fioritura di Atti apocrifi, di largo sapore leggendario, dedicati al racconto delle gesta di Pietro, Paolo, Giovanni, Tomaso, Filippo, ecc., rimontanti al III e in qualche caso al II secolo, sta a testimoniare l'importanza che questi personaggi avevano assunto nella coscienza della comunità. Accanto a costoro assunsero subito particolare rilievo i martiri (e va considerato che tutti gli apostoli erano stati o comunque venivano considerati martiri): colui che confessava col sangue, spesso fra i tormenti, la sua fede in Cristo, ne prolungava in sé la passione e ne realizzava la perfetta imitazione, già nella seconda metà del II secolo fu considerato degno di particolare venerazione.
Di lui si celebrava il dies natalis, cioè la ricorrenza della sua morte terrena, che gli aveva dischiuso la vera vita, quella celeste. In tale contesto fu avvertita l'esigenza di fissare per iscritto la testimonianza resa dal martire, cioè il racconto della sua confessione davanti ai magistrati romani e della sua morte: ebbe così inizio e raggiunse presto grande sviluppo tutta una letteratura di Atti e Passioni dei martiri.
Sia gli Atti aprocrifi degli apostoli, sia gli Atti dei martiri non possono essere ricondotti al genere biografico come lo intendevano gli antichi e come lo intendiamo anche ai nostri giorni: ma è fuor di dubbio che la valorizzazione dell'elemento umano scienza della che nella vita e nell'autocoscienza della chiesa preparava il terreno adatto alla composizione di vere e proprie biografie. Fu decisivo in tal senso il martirio di Cipriano, vescovo di Cartagine all'inizio della seconda metà del III secolo. Si trattava infatti di una personalità ragguardevolissima sotto l'aspetto sia pastorale sia letterario, sí che la sollecita redazione degli Atti del suo martirio non sembrò sufficiente ad esaurire il racconto e il ricordo dei suoi meriti. Perciò un diacono cartaginese, di nome Ponzio, ricordo dei suoi meriti. Perciò pensò di far precedere il racconto del martirio da un breve racconto che ragguagliasse il lettore anche sull'opera di Cipriano come scrittore. Per quanto embrionale e informe fosse riuscito questo primo tentativo, era sorta con esso la biografia cristiana.
Non sembra che in un primo momento l'innovazione di Ponzio abbia avuto grande fortuna: mentre dilagava il culto dei martiri e si moltiplicavano a dismisura Atti e Passioni, bisogna attendere la metà circa del IV secolo per incontrare un'altra biografia, questa volta in ambiente di lingua greca: si tratta della vita dell'eremita Antonio scritta da Atanasio, vescovo di Alessandria. Per tempo tradotta in latino, questa biografia ebbe fortuna enorme e impose un tipo di opera molto più complessa del semplice abbozzo di Ponzio: un tipo di biografia a chiara tendenza edificante e propagandistica dell'ideale monastico, tutta basata sull'esaltazione della forza dell'eremita nel resistere alle continue tentazioni diaboliche, in un continuo susseguirsi di fatti straordinari e miracolosi. Fra le tante imitazioni, nell'ambito latino che a noi qui interessa, basterà ricordare non tanto alcuni brevi schizzi di Girolamo (Vite di Paolo, Malco, Ilarione), quanto la Vita di S. Martino scritta da Sulpicio Severo, un letterato di chiara fama. Anche quest'opera ebbe immenso successo e contribuì a imporre il eliche già proposto da Atanasio nella sua biografia, anche al di là dell'ambito delle biografie dedicate specificamente a monaci ed eremiti. Per i testi che più direttamente ci riguardano, tale influsso, poco avvertibile nella Vita di Agostino scritta da Possidio, è invece ben chiaro nella Vita di Ambrogio scritta da Paolino.
2. Ponzio, Atanasio e gli altri biografi cristiani sono nutriti, com'è naturale, dallo studio della sacra scrittura. il cui spirito pervade e dà senso cristiano ad ogni loro pagina. D'altra parte, per quanto riguardava più specificamente la struttura da dare alle loro biografie, i biografi cristiani trovavano poca materia d'ispirazione e imitazione nel testo sacro, al di là della generica tendenza di alcuni a presentare i loro eroi nel quadro della imitatio Christi. Invece la letteratura classica, sia greca sia romana, aveva largamente praticato il genere biografico e anche altri che con esso potevano avere qualche rapporto: fu perciò naturale che i nostri autori, che quasi tutti nutrivano più o meno scoperte ambizioni di carattere letterario, chi più chi meno abbiano guardato a certi prodotti di questa fioritura letteraria pagana, traendone spunti e suggestioni.