ESTRATTO DALLA PRIMA PARTE
PER UNA STORIA DEGLI ERBARI MEDICI
Una breve ricostruzione diacronica della medicina erboristica in Occidente dovrà necessariamente prendere le mosse dalla tradizione aristotelica; è infatti con Teofrasto di Ereso, successore di Aristotele come scolarca del Liceo, che viene manifestandosi un interesse sistematico nei confronti della materia botanica, e a lui si devono i primi scritti sull'argomento giunti fino a noi; in particolare, il libro IX della Historia plantarum è senza dubbio la prima trattazione sulle piante medicinali che ci sia stata trasmessa integralmente. Essa non ebbe diffusione nel Medioevo, mentre godette di grande fortuna il De plantis, opera attribuita al maestro di Teofrasto, Aristotele, ma risalente in realtà a Nicola di Damasco (sec. I a. C.).
È nell'ambito della sistemazione teofrastea, così come di alcuni testi attribuiti a Diocle di Caristo, che compare la nozione — con ogni probabilità di origine aristotelica - di hvaptc (virtus, nel senso di "potenzialità efficace"), affermatasi poi decisamente in un'opera fondamentale per tutta la tradizione successiva: il De materia medica (nepì iatpudìc di Dioscoride Pedanio di Anazarbo (sec. I d. C.). A lui si attribuisce la prima sistematica schedatura dei medicamenti "semplici", a partire dalla loro definizione morfologica per giungere fino alle norme di preparazione e posologia dei vari rimedi (Opplaica).
Nel proemio alla sua opera — composta presumibilmente sotto il principato di Nerone (54-68 d. C.) — Dioscoride, oltre a raccontarci le motivazioni particolari del suo interesse per le piante medicinali (originario di Tarso in Cilicio, aveva a lungo viaggiato come militare in vari paesi, raccogliendo notizie e compiendo personali osservazioni), nomina alcune delle sue fonti, fra le quali spicca il nome di Crateua "il rizòtomo" (ó Kotóp.oc: il "tagliatore di radici"), vissuto nel secolo a. C. e autore, a quanto sembra, del primo erbario illustrato. Il De materia medica di Dioscoride ebbe enorme diffusione e godette di indiscussa autorità per molti secoli; il materiale in esso contenuto fu dapprima ordinato alfabeticamente, ancora nel testo greco; l'opera venne poi tradotta in siriaco e in arabo, mentre già nel VI secolo se ne diffuse un'anonima traduzione latina, molto probabilmente composta in area italica, di cui rimane testimonianza nel cosiddetto Dioscorides langobardus.
Sulla base di essa, e con l'apporto di svariate altre fonti, nel VII secolo venne rielaborato (ad opera, si pensa, di Costantino Africano) un ricettario di erboristeria medica disposto in ordine alfabetico, che, ulteriormente ampliato, fu in seguito commentato da Pietro d'Abano (secc. XIII-XIV).
All'interno della tradizione letteraria latina, un ruolo di eccezionale rilievo è rivestito da Plinio il Vecchio (23ca-79 d. C.), che di Dioscoride è contemporaneo: nella sezione riservata alla medicina all'interno della sua vasta enciclopedia, infatti, una parte tratta — in maniera peraltro assai articolata — proprio i rimedi desunti dal mondo vegetale (1. XX: medicinae ex iis quae in hortis seruntur, «medicamenti tratti dagli ortaggi»; 1. XXI: naturae florum et coronamentorum, «caratteri dei fiori e delle ghirlande»; 1. XXII, 1-7: auctoritas herbarum, «importanza delle erbe»; 8ss.: medicinae ex reliquis coronamentis, «medicamenti tratti dalle altre piante da ghirlanda»; l. XXIII: medicinae ex arboribus cultis, «medicamenti tratti dagli alberi coltivati»; l. XXIV medicinae ex arboribus silvestribus, «rimedi tratti dalle piante selvatiche»; l. XXV naturae herbarum sponte nascentium, «caratteri delle erbe spontanee»; 1. XXVI: relíquae per genera medicinae, «gli altri medicamenti suddivisi per tipi»; 1. XXVII: reliqua genera herbarum. Medicinae ex iis, «gli altri tipi di erbe.
Medicamenti ricavati da esse» io). Non essendo Plinio un medico, il suo merito non consiste ovviamente né nell'originalità della sua trattazione, né tantomeno nell'apporto derivante da un'esperienza professionale personalmente acquisita; la sua importanza deve altresì ravvisarsi anzitutto nell'eccezionale ricchezza delle informazioni fornite, e nell'imponente mole di fonti consultate e sempre scrupolosamente indicate; in secondo luogo, nel suo straordinario Fortleben: per secoli, infatti, generazioni di dotti poterono attingere al sapere scientifico di autori greci e latini, a loro non più disponibili direttamente, soltanto attraverso gli estratti e le citazioni pliniane . Proprio sulla base dell'opera pliniana fu composta, intorno al IV secolo, la cosiddetta Medicina Plinii, sorta di prontuario medico che godette esso pure di larga fortuna e circolò anche in versioni ampliate (Physica Plinii).
Nel secolo successivo, le ricerche di Dioscoride appaiono largamente utilizzate da quello che può definirsi il massimo enciclopedista dell'antica medicina, Galeno di Pergamo (129ca-1 99 d. C.). Egli infatti, specie nel trattato Sulla composizione e la proprietà dei farmaci semplici (nepì Kpdccsecoc KcX 8uwiliew Teò- v Cuck.òv oap!,.tdocav De simplicium medicamentorum temperamentis ac facultatibusl il. XI) si dedicò ad un lungo e minuzioso lavoro di classificazione dei rimedi (06Ncca) "semplici", inquadrandoli nella teoria ippocratica dei "quattro umori". Su di essa ci pare opportuno a questo punto fare alcune precisazioni, che ci sembrano necessarie alla comprensione dei criteri compositivi del De viribus herbarum.