In edizione tascabile ed economica, vengono messe a disposizione del vasto pubblico e degli studenti opere che si possono considerare pietre miliari di costante riferimento nella storia del pensiero e della spiritualità. L'attenzione spazia su autori di tutti i tempi. Dalla Tebaide al Sinai, dall' Arabia alla Palestina, attraversando deserti di roccia e di sabbia o ricche contrade, scalando monti e attraversando fiumi, con dentro il desiderio di vedere e di conoscere: è l'avventura di Egeria, giornalista ante litteram della fine del IV secolo, che ci ha lasciato un reportage documentatissimo del suo viaggio nei luoghi che hanno visto nascere grandi civiltà e religioni e sono stati teatro dell'avventura terrena di Gesu. un documento sul cristianesimo dei primi secoli di rara freschezza.
2. L'autrice dell' Itinerarium
Non si può fare a meno di osservare che l'autrice e il testo hanno avuto nel corso dei secoli e fino ad oggi una sorte per lo meno singolare.
Solo nel 1884 G.F. Gamurrini scopriva nella biblioteca della Fraternità di Santa Maria ad Arezzo, in un codice pergamenaceo — /'Aretinus VI, 3 —, Itinerarium 18; esso presentava un diario anonimo di pellegrinaggio in Oriente, mutilo al principio e alla fine. Sono trascorsi giusto cento anni da quel ritrovamento e la critica ha continuato e continua a discutere intorno all'autrice e al testo; e sono forse piu numerosi i problemi rimasti aperti rispetto a quanti sono stati concordemente risolti.
L'identità
Per cominciare, a lungo si è dibattuto sull'identità dello scrittore. Si tratta senza dubbio di una donna, il cui nome però è ben lungi dall'essere accertato. Il Gamurrini, e altri dopo di lui, ritennero di identificarla con Silvia o Silvania, originaria della Gallia, sorella (o cognata) del potente ministro di Teodosio I e di Arcadio, Ru fino. Altri propose il nome di Galla Placidia, figlia di Teodosio I, o di altre figure del medesimo ambiente. Nei primi anni del '900 la valorizzazione di una lettera scritta da un asceta e monaco di nome Valerio verso il 680 e indirizzata ai confratelli di un monastero (forse di San Pedro de Montes) della regione del Bierzo, l'attuale distretto di León in Galizia, mise in campo un'altra ipotesi. Nella lettera infatti si celebra una vergine famosa e si evocano le peregrinazioni da lei condotte in Oriente; ora, analisi puntigliose e precise hanno permesso di stabilire che la lettera si riferisce alla nostra pellegrina, la quale è espressamente nominata: donde balenò la possibilità di darle un nome sicuro. Ma ancora una volta la sorte rese piu ardua di quanto potesse immaginarsi un'impresa che sembrava facile: la tradizione manoscritta della lettera di Valerio, costituita attualmente da otto codici, corrispondenti a cinque codici antichi, riporta molteplici forme del nome della protagonista, e precisamente: Egeria, Eiheria, Echeria, Heteria (o Heieria), Etheria, Aetheria. E di nuovo la critica fu divisa. Basti qui dire che da un punto di vista strettamente paleografico la forma Egeria si impone e pure altri elementi la confermano. Dato il peso di questi fattori abbiamo scelto dunque la forma Egeria, pur con quel margine di incertezza che non sembra allo stato dei fatti superabile.
La patria
Anche la patria di chi scrive non è chiara. Stando ad un'osservazione del testo relativa al modo impetuoso con cui scorre l'Eufrate paragonato a quello con cui scorre il Rodano 19 alcuni hanno avanzato l'idea che Egeria sarebbe stata originaria della Gallia del sud o che almeno le persone a cui il suo diario era destinato conoscessero il Rodano e non abitassero lontano dalle sue rive. Altri, fondandosi soprattutto sulla testimonianza di Valerio, hanno parlato della Galizia come luogo d'origine dell'autrice dentinerarium. La lettura del testo, nonostante l'analisi puntuale a cui è stato sottoposto, insieme agli ulteriori documenti a disposizione, non consente di acquisire alcuna certezza definitiva.
Stato di vita e rango sociale
uguale esito è riservato agli interrogativi concernenti il suo stato di vita: era una laica o non piuttosto una monaca o addirittura aveva la responsabilità di un monastero? Piu di un indizio rilevabile nello scritto cosi' come ci è pervenuto induce a pensare che essa appartenesse ad un ambiente monastico. La lettera di Valerio la denomina beatissima sanctimonialìs, ma — come vedevamo — risale al 680 circa e solo testi piu tardi la distinguono con il titolo di abbatissa.
Quanto poi al rango sociale è possibile, badando all'opera stessa, desumere che Egeria appartenesse ad una classe assai elevata: paiono dimostrarlo la deferenza con cui ovunque è ricevuta e, ancor piu, la scorta militare di cui è dotata in un punto insicuro del suo viaggio 20; inoltre le condizioni materiali in cui si svolge il viaggio e la sua stessa durata suppongono larghi mezzi finanziari.
Cultura e religiosità
A questo punto vien naturale interrogarsi sulla cultura di Egeria: l'esame del testo sembra mostrare l'assenza di ogni elemento classico (ma occorrerebbe forse un supplemento di indagini al proposito, da porre a nona compiute) 21, mentre prova con fianco alle poche fi tutta evidenza una buona conoscenza dell'Antico e del Nuovo Testamento nella versione della Vetus Latina,- dell'Antico si citano passi della Genesi, dell'Esodo, dei Numeri, del Deuteronomio, di Giosuè, dei Giudici, del III Libro dei Re, del II dei Paralipomeni (= II delle Cronache), di Giobbe e dei Salmi; del Nuovo sono ricordati luoghi di Matteo, Luca, Giovanni, degli Atti degli Apostoli e della II Lettera di Paolo ai Corinti. Accanto a questo, molti altri segni attestano il grande interesse di Egeria, per la dimensione (piu che per la cultura) religiosa; dimensione viva, di cui essa stessa è partecipe e che alla fin fine la spinge a compiere quel lungo viaggio. Le varie manifestazioni del fenomeno religioso quali si prospettano dinanzi a lei nella tradizione giudaica e cristiana la attraggono e l'affascinano: che sia la visita a luoghi segnati dalla presenza di Dio, la scoperta di rovine legate ad episodi biblici, l'informazione su leggende, usanze e memorie religiose, la menzione di edifici sacri, la descrizione degli uffici che avvengono durante la giornata, la settimana e l'anno liturgico, le notizie intorno alle feste religiose cristiane, intorno alla gerarchia ecclesiastica o alla catechesi, e ancora la conoscenza di vescovi, di monaci e di uomini santi, tutto ciò costituisce materia sempre rinnovata della narrazione dellitinerarium. È stato detto che la religiosità di Egeria esprime una devozione molto viva nelle manifestazioni esteriori, ma una scarsa vita interiore 22; e sembra vero. Qui però entra in campo un altro elemento di cui il lettore deve in qualche modo tenere conto se vuoi comprendere chi sia quell'antica pellegrina che percorre da un capo all'altro l'Impero Romano, sorpassandone addirittura i confini: la sua psicologia. In tal senso il nostro testo è prodigo di note e di indicazioni significative e facili da rilevare.
La psicologia
Egeria innanzi tutto è una donna che gode di una notevole libertà per il tempo in cui vive e il sesso a cui appartiene; e ne è consapevole. Fin dal 1913 G. Morin notava questo tratto osservando che essa appare come una miss inglese dei nostri giorni — ma da allora sono passati oltre 70 anni e si sa quanto le cose abbiano camminato in questa direzione! — al riparo da molti pregiudizi che l'opinione pubblica vorrebbe imporre al suo sesso per quanto riguarda il costume e i modi di viaggiare 23. Certe volte sembra come scusarsene con le sue corrispondenti, soprattutto là dove comunica di prolungare il viaggio per visitare l'una o l'altra località, facendo appello all'uso dei pellegrini o all'insistenza dei monaci che l'accompagnano o alla volontà stessa di Dio che la conduce 24. una libertà che con ogni probabilità le deriva dal suo alto lignaggio e che in ogni modo le consente di soddisfare ogni suo desiderio di viaggio: dopo che erano passati tre anni interi dal giorno del suo arrivo a Gerusalemme, trovandosi ancora in quella città, decide di recarsi in Mesopotamia e mesi dopo, ormai tornata a Costantinopoli percorrendo la via interna dell'Anatolia, esprime l'intenzione di andare ad Efeso, lungo la costa dell'Asia Minore, a non meno di 400 km dal luogo in cui si trova, per pregare sul martyrium dell'apostolo Giovanni. E qui Si innesta un altro tratto della personalità e della psicologia di Egeria: la sua mai paga curiosità, da cui anche la resistenza fisica sembra ne esca stimolata ed aumentata. Essa stessa lo nota: Tunc ego, ut sum satis curiosa, requirere coepi... («allora io, curiosa come sono, volli sapere... »), quod cum dixisset (presbyter de Libiade), nos satis avidi optati sumus ire; et statini divertentes a via secuti sumus presbyterum, qui nos ducebat... fra queste parole (di un prete di Livias), noi, pieni di entusiasmo, desiderammo di andare e subito, abbandonata la strada, seguimmo il prete che ci guidava»).
In questi passi come altrove le parole sono rivelatrici di un preciso stato d'animo. La curiosità suscitata da una certa cosa corrisponde immediatamente al voler sapere, al constatare, al toccare con mano, al compiere fisicamente il cammino, con un misto di entusiasmo, di intraprendenza, di impazienza, di inesausta sete del non conosciuto. Dalle pagine dentinerarium si staglia cosí una figura tutta presa dalle cose concrete, talvolta ingenua nel credere ciò che le vien detto, per il solo fatto che a dirlo sono uomini santi da lei venerati, sempre generosa nel rapporto con gli altri, ma non per ciò meno riservata, pur nella piacevolezza che la sua compagnia doveva generare. Tutto è subito presente, senza alcun movimento astratto di razionalizzazione; perciò si commuove nel giungere nei luoghi santi, vibra nel rivivere gli avvenimenti di cui sono stati protagonisti personaggi vetero o neotestamentari, si entusiasma dinanzi alle memorie che va scoprendo lungo il viaggio e in certo qual modo partecipa questi sentimenti anche a chi a distanza di molti secoli legge le sue pagine.
Sembra insomma di poter scorgere un tipo di carattere sufficientemente netto e tale da poter essere individuato (e ciò diciamo senza minimamente pretendere d'aver competenza in un campo, quello della caratterologia, che non è il nostro): Egeria è persona ottimista, in generale, ha spirito di iniziativa e sa trarsi dalle difficoltà che le si parano di fronte, è rivolta verso il mondo esterno, la sua vita affettiva si basa sulla socievolezza, è dinamica, vive interamente nel momento presente e in esso pare esaurirsi, si lascia assorbire dalle impressioni esteriori, esprime la sua emotività nell'ambito dell'azione, che vive intensamente e in cui si realizza. In una parola, oggi da tutti compresa, ma che rischia di essere generica se non è colta nel quadro della dottrina psicologica in cui è nata, essa è una persona estroversa; è secondo la terminologia di qualche psicologo, attiva-esuberante.
E qui ci arrestiamo, non arrischiandoci di descrivere l'aspetto morfologico o somatico di un tale tipo psicologico — come pure è stato fatto dagli specialisti — 27 per rendere ancor più viva (non sapremmo però se reale!) la figura di Egeria.