"Nobile di nascita, ma più nobile di spirito; verine nel corpo, castissima nella mente, giovane di età, provetta nel giudizio; costante nel bene, sposata per sempre all'Amore divino; sapiente e nello stesso tempo umile; Chiara nel nome, più chiara per la vita, chiarissima per i costumi". (Tommaso da Celano, 1190-1260)
ESTRATTO DALLA PRIMA PARTE
Chi non avesse la rara e specifica vocazione di vita di santa Chiara, mi chiedevo, cosa ricaverebbe dalla lettura dei testi che la riguardano?
Chi non è ricco e non sfrutta i suoi fratelli, e tuttavia è «costretto» a guidare un'automobile, ad avere un appartamento, ad usare la luce, al telefono, il televisore, abiti decenti, chi ha famiglia e figli, impegni di lavoro pubblici e privati, chi va in vacanza, e compra e vende, e cerca il senso di tutto questo vivere oggi, cosa può chiedere a santa Chiara?
No, considerare la sorprendente povertà di vesti, di cibo, di alloggio, di affetti familiari, di ogni proprietà, delle «povere Donne» di Chiara, non era un buon approccio per capire a fondo la rivoluzione di Francesco e della sua sorella di vocazione; dovevo evitare il pericolo di cominciare dalla fine, dai fiori primaverili dell'albero invece che dalla sua radice invernale feconda.
Feci un passo in profondità comprendendo che Chiara aveva soprattutto lottato contro le apparenze: contro tutto quanto vela la verità invece di svelarla, contro ogni ricchezza immensa o infima, che incatena il mondo alla sua apparenza e impedisce una vita reale, nega la realtà della vita che va verso la morte spogliandosi di tutto. Realismo, non povertà, innanzi tutto!
Quel «povero» filosofo che fu il danese Kierkegaard scriveva: «Ciò che il mondo voleva e vuole è che il Cristianesimo sia abolito. Ma scaltro com'è, il mondo ha capito come per istinto che il miglior modo per abolire il Cristianesimo è di mantenere un'apparenza che lo si ha ancora».
Un'apparenza, come una ricchezza velata dal consumismo o una povertà agitata dal desiderio di ricchezza: e ora siamo in clima ben moderno, vedete.
Un'apparenza: questa è da sempre la vocazione e la tentazione del «principe di questo mondo»; di essa, di lui ha dovuto prima di tutto liberarsi Gesù nel deserto per poter entrare, puro di cuore, nel mondo, a portarvi un annuncio di vita eterna non alienato dal desiderio di potere camuffato di ortodossia (i farisei) o negato apertamente nella sopraffazione (i ricchi). Ha portato se stesso. Non la povertà, ma il Povero.
Dirà San Paolo, scrivendo ai cristiani di Corinto: «Passa l'apparenza di questo mondo >, passa la ricchezza e passa la povertà, non è passata la Croce.
Ecco il terzo passo, quello essenziale, per capire Chiara. Lei, figlia di nobili benestanti, amata, avviata ad invidiabili nozze — noi diremmo: alla sistemazione —, non fu attratta dall'idolo e neppure dall'ideale della povertà, ma dalla Croce. L'ideale più alto e aspro può essere ancora un ideale dell'anima, una «tentazione di santità»; paradossalmente, la povertà può non essere veramente povera. Pensando a questo, san Vincenzo Pallotti diceva più di un secolo fa: «Non l'anima ma Dio».
Quando Francesco chiese finalmente a quella ragazza di diciassette anni che lo seguiva insistentemente: «Che cosa vuoi?», Chiara gli rispose: «Voglio Dio».
Tutto poteva diventare un mezzo utile per questo fine, come per san Paolo tutto diventava spazzatura «pur di guadagnare Cristo», ma nulla era vincolante, nessuna scelta di vita aveva valore in sé, anzi la vita, così, veniva liberata di ogni veste o velo o ricchezza pesante su di essa. La vita povera. Ecco di dove veniva la povertà: non era un ideale, ma una strada percorsa per incontrare una persona: Cristo. Non uno stile, ma una possibilità unica, e quindi vera, di guadagnare la vera unica vita eterna. La povertà di Chiara coincideva con la sua libertà, nasceva da quella libertà aperta dalla conversione, era: non mancare di tutto, ma non mancare di nulla.
Possono capire Chiara (e questa è stata un po' la mia esperienza) i gigli del campo di cui parla il Vangelo, non perché siano poveri, anzi, perchP neppune Salomone in tutta la sua gloria era vestito come essi.
Chiara aveva capito che la povertà non è privazione, ma il trionfo della fantasia che ama su tutte le limitate invenzioni delle ricchezze del mondo, i beni che i ladri ci rubano e la tignola corrode e ci privano dell'unico bene che è la rissurrezione con Cristo nella gloria di Dio.
Ma bisogna essere nudi.
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Nadia Maria Luzzardi il 21 settembre 2021 alle 14:58 ha scritto:
Per chi ama la Santa, è il libro scritto nel tempo più vicino a lei ed anche se piccolo trasmette tanto amore. Anche nelle lettere finali, per me come di Spirito. C'è anche la Regola scritta da lei per le Clarisse (suo ordine).