Perché un Dio uomo? Lettera sull'incarnazione del verbo
(Fonti medioevali)EAN 9788831110303
Tratto dalla Rivista Il Regno 2008 n. 4
(http://www.ilregno.it)
L’interesse dell’editoria italiana per la traduzione delle opere di Anselmod’Aosta non è recente, ma proprio per questo può risultare necessariauna nuova traduzione qualora la primitiva fosse datata. È ciò cheè avvenuto per uno dei trattati più discussi del monaco e abate di Bec,poi arcivescovo di Canterbury: il Cur Deus homo. La prima traduzioneitaliana, infatti, risaliva al lontano 1966 ed era stata curata da D. Cumerper la collana ‘Patristica’ delle edizioni Paoline. Questa edizione primitivanon si presentava come strumento scientifico: una introduzione divulgativa,la mancanza di apparato critico e talvolta la presenza di imprecisioninella traduzione. Tuttavia è rimasta per decenni l’unica edizione italianadel Cur Deus homo e ha avuto certamente il non piccolo merito di avercontribuito a far conoscere Anselmo d’Aosta.Più di recente era stata pubblicata una nuova traduzione italiana,curata da Claudio Leonardi, con testo latino a fronte nel volume III deIl Cristo: Testi antologici e spirituali in lingua latina da Agostino ad Anselmodi Canterbury, Arnoldo Mondadori, Milano 1989, 500-585 (FondazioneLorenzo Valla). Tuttavia, pur trattandosi di un’edizione curata da un notissimoed esperto medievalista (di recente scomparso) e pubblicata in unaimportante collana editoriale, la traduzione non era integrale, ma, comeper evidenziato nel titolo, si trattava di una antologia di testi.Molto opportuna, quindi, è risultata la pubblicazione che segnaliamo,curata da Antonio Orazzo ? docente di Storia della Filosofia alla PontificiaFacoltà Teologica dell’Italia Meridionale (S. Luigi) ? già distintosiper la pubblicazione di un pregevole studio su Anselmo (Analogia libertatis.La libertà tra metafisica e storia in Sant’Anselmo, che ho recensitoin Lateranum 72 [2006] 340-344) e per la traduzione di un’altra operaanselmiana, il De processione spiritus sancti (che ho recensito in Lateranum73 [2007] 863).Il volume di Orazzo non si limita alla pubblicazione della nuovatraduzione del Cur Deus homo, ma propone, per la prima volta, anche latraduzione italiana di un’altra opera di Anselmo, l’Epistola De incarnazioneVerbi. La scelta di pubblicare insieme i due testi è ben motivata sia dallavicinanza della loro data di composizione, sia dalla complementarietà deidue scritti anselmiani che si illuminano a vicenda soprattutto sotto il profilotematico, ossia la cristologia colta sul versante soteriologico nel CurDeus homo e su quello trinitario nell’Epistola De incarnazione Verbi. Il libro si apre con due introduzioni alle due opere anselmiane di cuisi propone una traduzione. Mi soffermo sulla prima, più significativa. SulCur Deus homo Orazzo presenta in modo diffuso le varie problematicheinerenti l’opera. Dopo aver posto in evidenza l’attenzione sempre maggioredegli studiosi verso i vari scritti di Anselmo, non solo per quelli piùconosciuti, il curatore dell’edizione italiana presenta brevemente la vita ele opere del santo monaco di Bec per poi concentrarsi sul Cur Deus homo.Di questa opera viene evidenziato l’ambito storico per poi focalizzarne idestinatari e porre così in risalto, come sempre di più emerge dagli studirecenti, la pluralità interreligiosa (ebrei e musulmani) degli interlocutori,pur nella sottolineatura dell’orizzonte cristiano. Il secondo aspetto presoin esame dall’introduzione è dato dalla metodologia dell’opera. Attraversoampi riferimenti agli studi più recenti sul Cur Deus homo, Orazzo ponein rilievo l’articolazione metodologica dell’opera anselmiana nei vari elementicaratterizzanti, dalla valenza della ratio, alla rilevanza della fede, nellosfondo dell’ipotesi cristologico-ipotetica (poniamo che Cristo non sia maiesistito), che tanto ha fatto discutere i vari interpreti anselmiani. Il terzoaspetto su cui Orazzo riflette è il contenuto del Cur Deus homo, di cui il curatoredel presente volume illustra l’argomentazione di Anselmo nelle variearticolazioni teologiche, dalla valenza soteriologica in chiave amartiologicaa quella più propriamente antropologica, entrambe fondate sul pianocristologico. Molto opportunamente Orazzo conclude rilevando che lecritiche alla teologia anselmiana e soprattutto le obiezioni alla prospettivametodologica con la quale si svolge l’argomentazione, non tengono contodi una domanda di fondo e che tocca da vicino Anselmo come uomo emonaco non solo il suo ragionamento, ossia «come potrebbe Anselmo presentaresu base strettamente aprioristica e deduttivistica ciò che gli sta veramentea cuore, cioè il senso della gratuità e della libertà dell’incarnazione,il valore esemplare della morte di Cristo per l’uomo, l’esaltazione dellanatura umana, l’accordo in Dio della giustizia e della misericordia?» (p. 45).Occorrerà quindi, prosegue Orazzo, una lettura a «livelli differenziati», edè questa, mi sembra, la prospettiva ermeneutica più appropriata per poterleggere il Cur Deus homo, come ho già rilevato altrove.Da rilevare, infine, che il curatore oltre ad offrire un’ampia introduzioneche ben prepara alla lettura dei testi, segnala una dettagliata bibliografiaessenziale in cui, delle traduzioni italiane sono notate anche le opereoriginali, annotazione non sempre disponibile nelle bibliografie. Chiude ilvolume una serie di utili indici: analitico, dei nomi, delle fonti e biblico.
Tratto dalla rivita Lateranum
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