Corso di morale fondamentale
(Teologia/Strumenti)EAN 9788830812086
L’opera si propone di offrire ai cultori di teologia morale una riflessione critica sui fondamenti dell’etica cristiana. Il libro si colloca dentro la tradizione teologico-morale degli ultimi secoli, cercando di accogliere l’invito al rinnovamento chiesto dal concilio e avendo come riferimento particolare l’enciclica Veritatis splendor. L’autore insegna morale fondamentale e bioetica presso la Pontificia Facoltà S. Bonaventura a Roma.
Tratto dalla rivista Concilium n. 2/2012
(http://www.queriniana.it/rivista/concilium/991)
A un insegnante di teologia morale capita spesso, anzi sempre piú spesso, di sentirsi rivolgere la richiesta di indicare un manuale per l’insegnamento, lo studio, l’aggiornamento teologico-morale. Una richiesta che per quanto mi riguarda trovo sempre piú difficile soddisfare per due motivi principalmente: anzitutto perché il panorama dei manuali di teologia morale a partire dal concilio Vaticano II si è notevolmente arricchito e ampliato; e in secondo luogo perché le impostazioni dei manuali in circolazione sono talmente diverse che non è facile individuarle e tanto meno catalogarle sulla base di criteri o canoni predefiniti e condivisi.
A meno che non si prendano come punti di riferimento due indirizzi o linee di tendenza che sono venute formandosi, e anche un po’ cristallizzandosi, nel periodo post-conciliare. A un estremo troviamo infatti la posizione di quanti si riconoscono nell’impostazione della cosiddetta «morale autonoma», di matrice piú o meno razionale, illuministica. È la posizione di quanti, accogliendo l’invito del Concilio a curare maggiormente l’«esposizione scientifica» della teologia morale, ritengono che anche a questa disciplina si possa, anzi si debba, applicare il metodo scientifico. Ovviamente non in senso empirico, sperimentale, bensí in senso epistemologico e metodologico. Questo significa che non si procede scientificamente nella misura in cui si afferma o si esprimono convinzioni, per quanto profonde e nobili esse siano, ma si ragiona, si argomenta, si va alla ricerca di ragioni che fondino e raccolgano il consenso.
All’altro estremo troviamo la posizione di quanti si riconoscono nell’impostazione della cosiddetta «etica della fede», di matrice piú o meno religiosa, teologica. È la posizione di quanti, raccogliendo l’invito del Concilio a curare maggiormente la «fondazione biblica» della teologia morale, ritengono che si possa, anzi si debba, evidenziarne maggiormente la specificità cristiana. Non in senso storico-genetico, e nemmeno parenetico e metaetico soltanto, ma anche in senso etico-normativo. Questo significa che in riferimento a determinati valori e norme – si pensi alla sacralità della vita, all’indissolubilità del matrimonio, all’amore dei nemici, ecc. – la fede è non solo rilevante, ma determinante per la loro fondazione. Sullo sfondo di questa breve e fin troppo schematica premessa ciò che colpisce fin dalle prime pagine di questo nuovo manuale è la semplicità, tutta francescana, con cui l’A., docente di teologia morale fondamentale e bioetica presso la Facoltà teologica S. Bonaventura di Roma, mette subito in chiaro la sua posizione. «Ancora una parola – scrive nell’introduzione – per far cogliere meglio sin dall’inizio la linea di tendenza nella quale mi muovo.
Gli autori significativi nella mia formazione, come studente prima e poi come docente, sono stati soprattutto E. Chiavacci, K. Demmer, A. Günthör, K.H. Peschke, D. Tettamanzi, come si può vedere dall’abbondanza delle citazioni presenti nel testo […] Mi sento invece abbastanza lontano dall’approccio e dai contenuti di altre opere, anche recenti: mi riferisco soprattutto al testo curato da R. Tremblay e S. Zamboni […] e al testo di L. Melina-J. Noriega-J.J Perez-Soba» (pp. 8-9). Si può ovviamente discutere sulla valutazione di questo o quell’autore e la sua collocazione all’interno dei due indirizzi o linee di tendenza che sono state brevemente illustrate. Cosí come è discutibile – non in senso negativo, ma nel senso che è degna di essere discussa – la scelta operata dall’A. di riservare alla teologia morale fondamentale, sulla scia di Veritatis splendor e della manualistica post-tridentina, l’analisi di quelli che egli definisce i «pilastri» della morale: la legge, la coscienza, l’atto umano, il peccato, con l’aggiunta della cosiddetta opzione fondamentale.
Coerentemente con questa sua scelta e dopo aver ammesso due limiti della sua opera – per un verso troppo «occidentale», per un altro verso troppo poco «ecumenica» – Tamanti anticipa e in qualche modo giustifica l’impostazione e la struttura del manuale. «Ai pilastri della teologia morale fondamentale […] sono dedicati i capitoli 4-8; a essi ho premesso un capitolo che tratta di questioni metodologiche (il primo), mentre il secondo e il terzo sono dedicati rispettivamente alla morale biblica e alla storia della teologia morale. Si tratta di una scelta opinabile che dipende, mi pare, dalla sensibilità e dall’approccio di chi scrive: in effetti nei testi di morale fondamentale si trovano a volte capitoli dedicati espressamente alla morale biblica e/o alla storia, altre volte no. Di per sé si tratta di temi che non sono specifici della disciplina in questione, ma la cui collocazione in questo ambito appare opportuna» (p. 8).
L’A. ritiene dunque che la trattazione di temi e problemi fondamentali, come sono la metodologia, l’esposizione biblica, la storia della teologia morale, sia in qualche modo una questione di mera opportunità, non di vera e propria pertinenza della teologia morale. C’è del vero in questa affermazione. Rigorosamente parlando, infatti, si tratta di temi e problemi che costituiscono l’oggetto di altre discipline, le cui analisi e conclusioni la teologia morale dovrebbe acquisire e mettere a frutto rielaborandole nel proprio ambito di ricerca. Il fatto però che a cinquant’anni dalla conclusione del concilio Vaticano II i teologi morali siano ancora alle prese con i problemi di allora, in particolare con il problema della specificità della morale cristiana e della fonazione delle norme morali, è molto significativo. Non è dunque un caso che qualche teologo morale parli oggi di «riavviamento», piú che di rinnovamento, della teologia morale. Qualcosa forse non ha funzionato o non funziona ancora nell’ambito delle ricerche teologicomorali? Personalmente ho sempre avvertito e avverto tuttora l’inadeguatezza di tante analisi fenomenologiche ed ermeneutiche: non tanto in riferimento alla centralità e rilevanza della coscienza e della Parola di Dio, questo è ovvio, quanto piuttosto nel processo di fondazione di giudizi morali riguardanti il comportamento da assumere nei casi concreti di fronte a valutazioni e scelte molto diverse e spesso conflittuali.
Non sembra d’altra parte sufficiente introdurre accanto ai vari trattati tradizionali della morale casuistica post-tridentina un capitolo sull’opzione fondamentale, quasi un’appendice, per fondare tali valutazioni o risolvere determinati conflitti. A me pare dunque imprescindibile ripensare il rinnovamento della teologia morale in modo piú rigoroso in riferimento sia al metodo che ai contenuti. Per quanto concerne il metodo, piú che limitarsi a criticare e a volte denigrare il procedimento casuistico della tradizione post-tridentina, è forse opportuno, se non necessario, recuperarlo e valorizzarlo nella sua forma piú genuina. È infatti a partire da casi, problemi, dilemmi morali concreti, adeguatamente determinati e formulati, che si può risalire dall’esperienza, dal dato empirico, alla fondazione di norme o criteri di giudizio morale, e ultimamente della stessa morale.
Lungo questo itinerario di risalita dall’ethos, all’etica, alla metaetica, sarà piú facile, poi, spalmare e valorizzare il contributo della fede cristiana a vari livelli di analisi e riflessione. Non solo, ma cammin facendo si potranno individuare e rimuovere eventuali equivoci linguistici o carenze argomentative che il piú delle volte bloccano la ricerca teologico-morale facendola oscillare come un pendolo tra legalismo e relativismo. Sul piano dei contenuti è invece urgente ripensare la morale della vita e della salute, della sessualità e del matrimonio, della socialità e della politica, della religiosità e del culto, in due direzioni: da una parte stimolando la chiesa, in particolare il magistero cattolico, a verificare meglio, piú analiticamente, la storicità, i condizionamenti storico-culturali, di tante norme morali ritenute erroneamente immutabili e come tali proposte in nome della natura, della volontà di Dio; e dall’altra incalzando la società, in particolare le autorità politiche, a verificare meglio, ancora una volta piú analiticamente, l’eticità, la dimensione etico-universale, di tante convinzioni o decisioni di coscienza ritenute erroneamente infallibili e come tali vissute come moralmente insindacabili. Scorrendo le pagine scorrevoli e chiare del manuale ho trovato molti spunti interessanti al riguardo.
L’auspicio è dunque che l’A. prosegua lungo la strada intrapresa, magari distinguendo e raccordando meglio, certo non separando, teologia morale fondamentale e generale, metaetica della ragione e della fede, argomentazione etico-normativa e parenesi cristiana, impegno culturale e testimonianza profetica, sulla scia dei suoi grandi maestri, ma anche con la «parresia» e la forza che viene dall’esempio di Francesco, ma soprattutto dall’azione dello Spirito che guida e chiama la chiesa a essere sempre nella storia segno e strumento dell’amore di Dio per tutti gli uomini.
Tratto dalla rivista "Studia Patavina" n. 1/2013
(http://www.fttr.it/web/studiapatavina)
Il testo dell’autore, docente presso la Pontificia facoltà teologica «S. Bonaventura» di Roma, si presenta come frutto dell’esperienza ormai decennale dell’insegnamento e della passione per la teologia morale fondamentale. La sua struttura è di tipo classico, senza timore di voler essere uno strumento di tipo manualistico, in quanto mette in risalto «i pilastri » (così chiamati dall’autore) della teologia morale: legge, coscienza, opzione fondamentale, atto umano, peccato. A questi temi sono dedicati i capitoli dal quarto all’ottavo, che conclude il volume. I primi tre capitoli, invece, trattano la questione del metodo, delle fonti e della natura di questa disciplina (cap. 1), il messaggio morale della Scrittura (cap. 2) e la storia della teologia morale (cap. 3).
Tamanti confessa fin dall’introduzione i limiti della sua opera: la mancanza di un approccio ecumenico ai problemi della morale fondamentale e collocazione «occidentale» della propria formazione culturale. È cosciente che questi due approcci (ecumenico e interculturale) si possono e si dovranno maggiormente sviluppare in futuro, se si vuole rinnovare questa disciplina in un’epoca che tende sempre più alla multiculturalità e richiede spirito di comunione per superare gli «scontri» tra le diverse civiltà. La struttura centrale del volume deriva dall’enciclica di Giovanni Paolo II Veritatis splendor (1993), ma anche la preoccupazione di chiarire quale sia la concezione antropologica di riferimento si richiama espressamente a questa enciclica (p. 19). Una menzione particolare merita il cap. 2 sul ruolo della Scrittura come «fonte» della teologia morale, già anticipato nel cap. 1 (pp. 20-26) e diffusamente discusso nelle pp. 35-73: vi si mettono in luce i principi etici fondamentali che devono guidare il credente dell’antico popolo d’Israele che continua nel nuovo popolo di Dio che è la chiesa, nella quale vige la legge suprema dell’amore.
Molto equilibrata e sintetica la trattazione storica della teologia morale, specialmente per quanto riguarda gli ultimi cinquant’anni e il rapporto tra magistero e teologi, nel quale si evidenzia l’importanza delle questioni morali odierne, ma si sottolinea il rischio che i pronunciamenti magisteriali in problemi caratterizzati dalla provvisorietà delle conoscenze espone il magistero a possibili valutazioni erronee e quindi alla perdita di credibilità. I quattro capitoli centrali sono un’ottima esposizione, direi «classica », dei «pilastri» della dottrina morale cattolica, ma esaminati e proposti con la visione rinnovata del Vaticano II.
Da segnalare l’excursus su Morale autonoma ed etica della fede (pp. 165-190) che tocca uno dei punti più delicati della situazione odierna in re morali, come pure il cap. 5 sulla formazione e il rapporto con il magistero da parte della coscienza, che è «il primo di tutti i vicari di Cristo», come affermava il card. J.H. Newman, doverosamente citato a p. 230. Anche il tema dell’opzione fondamentale (cap. 6), un po’ dimenticato nella recente letteratura, viene ripreso e valorizzato in modo opportuno, segnando un progresso nella valutazione dell’atto umano e del peccato rispetto alla teologia morale tradizionale ( pp. 231- 256). Infine, un pregio è la precisa e vasta bibliografia suddivisa capitolo per capitolo, che viene riportata al termine del volume (pp. 339-353) e che lo rende uno strumento prezioso per la scuola e per gli studenti.
Tratto dalla rivista "Credere Oggi" n. 5 del 2012
(http://www.credereoggi.it)
Lo studio è un valido tentativo di presentare i fondamenti della teologia morale mantenendo un impianto classico, ma, allo stesso tempo, avvalendosi di contributi interpretativi interessanti relativi a due grandi problemi dibattuti nell’ambito delle discipline: la morale autonoma e l’opzione fondamentale. L’A. segue l’itinerario della Veritatis splendor e fa di essa un punto di riferimento costante che illumina il cammino intrapreso. Vanno anche menzionati gli interessanti studi relativi alla storia della morale e l’apporto della Sacra Scrittura così rilevante per qualsiasi approfondimento (OT, 16). L’autore predilige due chiavi di lettura nell’ambito della ricerca: la prima riguarda il corretto approccio alla natura umana: «essa è un essere che indica un dover essere, ma è sempre necessaria una mediazione razionale/culturale per cogliere cosa, di ciò che fa parte della natura umana, è indicativo di una vocazione e quindi di un dover essere, e ciò che invece è un semplice dato di fatto, quindi modificabile» (33). La seconda, invece, riguarda l’accoglienza dei dati messi a disposizione della scienza: «non tutto ciò che la scienza e la tecnica mettono a disposizione dell’uomo è ipso facto buono per l’uomo stesso, considerato nella sua integralità. In questa prospettiva la teologia morale deve svolgere una funzione critica nei confronti del progresso» (ivi).
Nel complesso, l’opera affronta tre grandi temi fondamentali: la legge morale, la coscienza, il peccato. Circa la legge morale, dopo le affermazioni classiche in parte desunte dalla Veritatis splendor, l’aspetto più rilevante sembra essere contenuto nelle considerazioni relative alla morale naturale. L’A. sostiene che «la legge morale naturale è la persona umana stessa, con le sue strutture e le sue finalità tipicamente umane» (132). Da questo punto di vista si comprende bene quanta influenza possa avere questa tesi in ordine alla personalizzazione della teologia morale.
Il tema della coscienza è affrontato con equilibrio, ma anche con una certa dose di apertura. «La persona è tenuta, per essere moralmente buona, ad agire secondo la propria coscienza, purché sia retta e certa» (211). E in riferimento ai rapporti con il magistero l’A. sostiene che: «nel caso in cui seguire la propria coscienza retta e certa significhi fare una scelta diversa da quella indicata dal magistero, occorre dire che la persona, pur commettendo oggettivamente un male, propriamente parlando non commette peccato» (230).
Non potevano mancare nella disanima dell’A. le affermazioni classiche sul peccato condite da una certa leggerezza onnicomprensiva relativa alla concezione della “gradualità”. Comunque l’A. riconferma la tesi dell’esortazione Reconciliatio et paenitentia (1984) per cui «fra peccato che distrugge la carità e peccato che uccide la vita soprannaturale non si dà via di mezzo» (327). Circa le complesse discussioni relative all’opzione fondamentale e alla morale autonoma sembra che l’A. abbia una certa comprensione per le dinamiche della scelta umana in sé considerata. In particolare, relativamente alla tesi della morale autonoma l’A., rifacendosi in pieno alla Veritatis splendor, boccia senza mezzi termini le prospettive autonomiste.
L’opera, nel complesso meditata, equilibrata e multidirezionale segue la via sicura tracciata dalla Veritatis splendor senza tuttavia esimersi da alcune aperture interessanti e degne di ogni considerazione. Per la completezza dell’informazione e per la vastità delle nozioni presentate il lavoro si raccomanda a professori e studenti.
Tratto dalla rivista "Rassegna di Teologia" n. 2/2014
(http://www.rassegnaditeologia.it)
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Studente Luca Abaterusso il 16 febbraio 2016 alle 13:50 ha scritto:
I temi centrali della morale cristiana presentati con efficacia, chiarezza, competenza: è il contenuto di questo volume, frutto dell’esperienza di insegnamento. Da quella che il Concilio chiama l’anima della teologia, cioè la sacra Scrittura, e dalla storia della morale cristiana, cui sono dedicati i primi capitoli, si passa poi allo studio dei principali concetti della morale fondamentale. La prospettiva di fondo è quella pastorale: mostrare la misura alta della vita cristiana, l’impegno dei cristiani a portare frutti di carità.
Studente Mattia Miggiano il 13 novembre 2018 alle 14:49 ha scritto:
Libro acquistato. Spedizione veloce, senza nessun problema. Condizione ottima, con copertina intatta e pagine prive di piegature. E' un libro interessante per chi, come me, si sta accostando alla teologia morale o vuole conoscere più da vicino questa materia.
Maristella Ferrari il 15 novembre 2018 alle 11:59 ha scritto:
Si tratta di un volume veramente completo, approfondisce l'argomento e fornisce anche gli strumenti per costruire o migliorare la propria morale. Molto profondo, permette di sviluppare un senso critico generale. Indispensabile agli studenti di Teologia.
Studente antonella torchia il 25 ottobre 2021 alle 20:08 ha scritto:
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