Sulle tracce di Gesù. La «terza ricerca»
(Teologia.Saggi)EAN 9788830808461
Esaurito
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DETTAGLI DI «Sulle tracce di Gesù. La «terza ricerca»»
Tipo
Libro
Titolo
Sulle tracce di Gesù. La «terza ricerca»
Autore
Segalla Giuseppe
Editore
Cittadella
EAN
9788830808461
Pagine
432
Data
2006
Peso
460 grammi
Dimensioni
14 x 21 cm
Collana
Teologia.Saggi
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Recensione di Mauro Gagliardi della rivista Studia Patavina
Giuseppe Segalla non ha bisogno di presentazioni: nel panorama degli studi biblici italiani, il suo nome figura certamente tra quelli degli studiosi di maggiore esperienza e competenza, e la sua vasta bibliografia lo attesta chiaramente. Del 2006 sono i due volumi che presentiamo qui in maniera molto sintetica rispetto alla loro mole, cui corrisponde un contenuto altrettanto ampio.
Sulle tracce di Gesú è una raccolta di saggi, pubblicati tra il 1993 ed il 2005, dedicati al tema della ricerca sul «Gesú storico» e in modo particolare alla fase più recente di essa, o «Terza Ricerca» (N.T. Wright), che, rispetto alle precedenti fasi, si caratterizza per la collocazione dello studio storico di Gesú all’interno dell’ambiente socio-culturale e religioso giudaico della Palestina del I secolo. Gesú viene ora preferenzialmente interpretato sullo sfondo del Giudaismo del suo tempo, più che in contrasto con esso (Seconda Ricerca), oppure, come nella Prima Ricerca, in base a criteri razionalistici estranei al Nuovo Testamento (NT). La prima parte del volume analizza per temi i risultati della Terza Ricerca e si conclude criticando le ambiguità tanto spesso manifestatesi in essa, in modo particolare la pretesa, spesso dovuta a questioni di marketing, che ogni nuova opera sveli finalmente il vero Gesú storico. Ma simili ambiguità hanno radici più profonde del semplice interesse economico delle case editrici: spesso è lo stesso metodo utilizzato dagli studiosi che risulta incompleto o fuorviante. Incompleto, perché pretende di risuscitare il positivismo storico; fuorviante, a motivo di opzioni particolari, come quella di riconoscere a molti testi extracanonici lo stesso valore (o persino maggiore attendibilità) dei testi biblici. Segalla conclude: «Le ricostruzioni attuali, pur volendo descrivere Gesú quale realmente fu nel passato storico, finiscono in realtà [...] per riflettere gli ideali di chi le scrive, e sono perciò ideologicamente pregiudicate» (p. 139). La Terza Ricerca sembra allora essere caduta nello stesso errore denunciato nel classico volume del 1906 di A. Schweitzer, che pose fine alla prima fase della ricerca sul Gesú storico. Nonostante un giudizio così negativo, Segalla afferma che, al di là dei limiti evidenti, la Terza Ricerca «è un guadagno per una fede seria in Gesú Cristo. Il Gesú moderno, frammentato, può essere ricomposto da una fede viva e da una ermeneutica integrale; e il guadagno complessivo è una maggiore fiducia nella plausibilità storica dei vangeli canonici mediante la collocazione di Gesú nel suo ambiente giudaico originario del I secolo» (p. 140).
La seconda parte del volume ripercorre brevemente le tappe di sviluppo della ricerca sul Gesú storico nelle sue tre fasi, per entrare poi di nuovo con maggiore attenzione ad approfondire il metodo della Terza Ricerca, anche in base ai nuovi paradigmi di studio, sia a livello storico, che metodologico, che teologico. Infine la terza parte offre una raccolta di ampie recensioni di opere rappresentative della Terza Ricerca: E.P. Sanders, Barbaglio, Schlosser, Dunn, Meier, Puig, Moxnes, Freyne. Nonostante alcune ripetizioni, questa panoramica risulta interessante ed utile. Il volume si conclude con un’appendice, curata da Giuseppe Ghiberti, sulla ricerca sul Gesú storico in Italia, negli ultimi venticinque anni del secolo scorso.
Molto più organica, ampia e soprattutto impegnativa ed originale è la Teologia Biblica del Nuovo Testamento, pubblicata a completamento della collana di studi biblici Logos. I cardini fondamentali attorno ai quali l’Autore sviluppa la trattazione sono tre: un principio euristico, teso a mostrare l’unità del NT – senza riconoscere l’esistenza di tale unità, non si può infatti scrivere alcuna «Teologia del NT». Rifacendosi liberamente all’esegeta Dunn (cf. il suo Jesus Remembered) ed al filosofo Assmann, Segalla individua il principio euristico di unità del NT nella «memoria di Gesú». Il secondo cardine è di ordine metodologico, per il quale l’Autore parte dal riconoscimento del fatto che la «memoria di Gesú» è il frutto di un legame inseparabile tra il ricordo storico e l’annunzio kerygmatico: ossia la memoria di Gesú è trasmessa sempre nella e dalla comunità credente, il che – lungi dall’accettare le tesi bultmanniane – non destoricizza l’attestazione neotestamentaria, derubricandola al rango di puro kerygma, ma situa la memoria in un contesto di fede comunitaria, con tutto ciò che da questo consegue. Infine vi è un cardine di ordine teoretico, che consiste nel guardare al NT in rapporto all’Antico (un rapporto che è al contempo di continuità e discontinuità), considerando la Bibbia, nella sua unità, in modo «olistico», ossia con una lettura globale effettuata sulla concreta configurazione canonica della Sacra Scrittura, dove i riferimenti sono ovviamente al metodo canonico di B.S. Childs e J.S. Sanders, che Segalla riprende in modo personale.
Il volume è diviso in due sezioni: la prima, intitolata «Fondamenti», espone in tre capitoli piuttosto brevi (pp. 25-85) i presupposti metodologici di base. La seconda (pp. 89-591), dal titolo «Sviluppi», espone in maniera articolata la Teologia Biblica del NT, secondo un’originale suddivisione in tre parti che, a nostro avviso, hanno lo scopo fondamentale di recepire tutti gli elementi positivi che il metodo storico-critico può fornire allo studio del NT, ma anche di andare oltre, superando una visione dell’esegesi che la limiti all’analisi del solo senso storico-letterale. La visione olistica sostenuta da Segalla lo induce a studiare il NT da un triplice punto di vista: quello della storia, della letteratura e della teologia, cui corrispondono le tre parti della seconda sezione del volume. A livello storico, l’Autore studia il testo come memoria storico-teologica; a livello letterario la molteplice forma letteraria (Vangeli, Atti, Lettere, Apocalisse) dell’unica memoria di Gesú. L’ultima parte (La forma canonica della memoria di Gesú) riguarda l’unità ermeneutica della teologia biblica del NT, che prende forma nel canone unico della Scrittura, ove si trova concretamente quella che Segalla chiama la rivelazione «at-testata», ossia la rivelazione divina attestata dalla memoria dei testimoni (memoria che conosce diverse fasi di sviluppo e di tradizione) e memoria at-testata, perché divenuta, a partire da un certo momento, anche testo teologico.
È ovvio che è impossibile rendere conto qui del percorso offerto dall’Autore. Ci limitiamo allora a poche sottolineature per quanto riguarda lo studio della prima fase della memoria del Gesú storico (in pratica il campo di studio della Terza Ricerca). Qui Segalla riprende le sue conoscenze in materia di Terza Ricerca, evitando i riduzionismi da lui stesso denunciati nell’altro suo volume, sopra recensito. Egli riconosce che «l’analisi critica sempre più minuta dei detti e fatti di Gesú [...] conduce talora a negare evidenze storiche fuori dubbio» (p. 111) e rigetta la pregiudiziale, spesso presente nella mente degli studiosi, che «Gesú non avesse una comprensione di sé superiore a quella di un profeta escatologico», come pure quella secondo cui «la comunità cristiana delle origini non distinguesse i tempi e attribuisse a Gesú detti creati dalla comunità stessa per sua necessità [...]: un presupposto non fondato nella storia, ma nella fantasia creatrice degli studiosi». Il lavoro di ricostruzione dell’Autore si basa sull’ipotesi opposta, ossia «che Gesú sia stato una persona coerente e che la trasmissione della tradizione di lui, pur reintrepretata alla luce della Pasqua, sia stata sostanzialmente fedele». Questo «evita la deriva di un atomismo ipercritico» (ibid.).
Il principio gravitazionale della memoria originaria di Gesú viene individuato nel tema del «regno di Dio» (menzionato anche nel sottotitolo dell’opera), che è inteso come il «filo rosso che unifica la memoria di Gesú» (p. 193; cf. p. 200). l’Autore dedica pertanto molte pagine a ricostruire tutti gli aspetti della vita terrena di Gesú alla luce di questa categoria, anche se esclude «per principio» (p. 131, nota 40; cf. p. 110) i vangeli dell’infanzia contenuti in Mt 1–2 e Lc 1–2, perché non apparterrebbero alla «tradizione di Gesú». Per quanto riguarda i problemi particolari, Segalla li analizza sistematicamente e criticamente e giunge quasi sempre a conclusioni molto convincenti.
Il volume in questione si distingue, dunque, per l’ampiezza, per l’impressionate erudizione, per l’acribia con cui viene esaminata ogni singola questione (il che rende un po’ faticoso giungere alla fine delle seicento pagine complessive), ma soprattutto per il coraggio di offrire un poderoso tentativo per superare le limitazioni imposte all’esegesi (e, di riflesso, alla teologia) da un’applicazione assolutista del metodo storico-critico. Ci sembra doveroso, tuttavia, segnalare anche qualche nostra perplessità. Innanzitutto l’Autore sceglie di ricostruire le prime fasi della memoria storica di Gesú privilegiando i Sinottici e mettendo a lato il Quarto Vangelo - una scelta - questa, condivisa oggi da molti. Al di là della discutibilità della scelta, che potrebbe essere accolta a livello di metodo storico-critico, risulta invece spiazzante il fatto che l’Autore mantenga questo metodo, almeno in una certa misura, anche nella terza parte, quella teologica (cf. pp. 547ss). Ma, più di questo, notiamo un limite contenutistico importante: nelle tre parti che compongono la seconda sezione («Sviluppi»), viene offerto un percorso che, attraverso lo studio storico e letterario del NT, deve condurre infine all’esposizione della teologia neotestamentaria. Quando, però, il lettore giunge a quest’ultimo punto – soprattutto se, come è il nostro caso, egli si muove nell’ambito della teologia dogmatica, più che in quello degli studi biblici – non può non rimanere un po’ deluso: invece di un’ampia presentazione «olistica» di tale teologia, egli trova un’esposizione sintetica tesa a fondare l’«unità ermeneutica» del NT, sviluppando i temi del canone biblico e della continuità/discontinuità tra i due Testamenti. Intendiamoci: nel libro di Segalla non manca il contenuto; anzi le due prime suddivisioni della seconda parte del volume offrono materiale abbondantissimo e documentato. Ma, dopo tanto approfondimento, ci si aspetterebbe nell’ultima sezione una trattazione più contenutistica che fondativa. Se è concesso utilizzare una metafora per descrivere lo stato d’animo del lettore, si può dire che, dopo aver apparecchiato la tavola (la prima parte del volume) e avergli servito un ottimo primo ed uno squisito secondo piatto (le prime due sezioni della seconda parte), Segalla conclude il pasto offrendo al suo ospite non un delizioso e sostanzioso dessert, ma una ricetta per preparare la torta. La ricetta in se stessa è molto ben redatta e lascia presagire la possibilità di preparare un ottimo dolce, ma intanto si rimane senza. Alla fine si ha l’impressione che questo testo, che a noi sembra comunque preziosissimo, debba essere completato (dallo stesso Autore o da altri?) con una Teologia Biblica del NT che esponga i contenuti dal punto di vista teologico, avvalendosi dell’impagabile serie di criteri sviluppati da Segalla e partendo da molte delle sue conclusioni.
Al di là di questi rilievi critici, noi riteniamo, però, che questo testo dovrebbe diventare, per gli anni futuri, un punto di riferimento per gli studi specialistici e osiamo auspicare che, in qualche modo, la Teologia Biblica del Nuovo Testamento di Giuseppe Segalla possa avere oggi un effetto simile a quello che ebbe cento anni fa l’opera classica dello Schweitzer: porre fine ad una fase della ricerca ancora troppo legata ad una visione riduttiva dell’esegesi biblica e dare l’avvio ad una «Quarta Ricerca», in cui risultino meglio integrate le varie metodologie di studio, che permettono una lettura olistica ed eidetica del Testo Sacro.
Tratto dalla rivista "Studia Patavina" 2007, nr. 3
(http://www.fttr.glauco.it/pls/fttr/V3_S2EW_CONSULTAZIONE.mostra_pagina?id_pagina=271)
Sulle tracce di Gesú è una raccolta di saggi, pubblicati tra il 1993 ed il 2005, dedicati al tema della ricerca sul «Gesú storico» e in modo particolare alla fase più recente di essa, o «Terza Ricerca» (N.T. Wright), che, rispetto alle precedenti fasi, si caratterizza per la collocazione dello studio storico di Gesú all’interno dell’ambiente socio-culturale e religioso giudaico della Palestina del I secolo. Gesú viene ora preferenzialmente interpretato sullo sfondo del Giudaismo del suo tempo, più che in contrasto con esso (Seconda Ricerca), oppure, come nella Prima Ricerca, in base a criteri razionalistici estranei al Nuovo Testamento (NT). La prima parte del volume analizza per temi i risultati della Terza Ricerca e si conclude criticando le ambiguità tanto spesso manifestatesi in essa, in modo particolare la pretesa, spesso dovuta a questioni di marketing, che ogni nuova opera sveli finalmente il vero Gesú storico. Ma simili ambiguità hanno radici più profonde del semplice interesse economico delle case editrici: spesso è lo stesso metodo utilizzato dagli studiosi che risulta incompleto o fuorviante. Incompleto, perché pretende di risuscitare il positivismo storico; fuorviante, a motivo di opzioni particolari, come quella di riconoscere a molti testi extracanonici lo stesso valore (o persino maggiore attendibilità) dei testi biblici. Segalla conclude: «Le ricostruzioni attuali, pur volendo descrivere Gesú quale realmente fu nel passato storico, finiscono in realtà [...] per riflettere gli ideali di chi le scrive, e sono perciò ideologicamente pregiudicate» (p. 139). La Terza Ricerca sembra allora essere caduta nello stesso errore denunciato nel classico volume del 1906 di A. Schweitzer, che pose fine alla prima fase della ricerca sul Gesú storico. Nonostante un giudizio così negativo, Segalla afferma che, al di là dei limiti evidenti, la Terza Ricerca «è un guadagno per una fede seria in Gesú Cristo. Il Gesú moderno, frammentato, può essere ricomposto da una fede viva e da una ermeneutica integrale; e il guadagno complessivo è una maggiore fiducia nella plausibilità storica dei vangeli canonici mediante la collocazione di Gesú nel suo ambiente giudaico originario del I secolo» (p. 140).
La seconda parte del volume ripercorre brevemente le tappe di sviluppo della ricerca sul Gesú storico nelle sue tre fasi, per entrare poi di nuovo con maggiore attenzione ad approfondire il metodo della Terza Ricerca, anche in base ai nuovi paradigmi di studio, sia a livello storico, che metodologico, che teologico. Infine la terza parte offre una raccolta di ampie recensioni di opere rappresentative della Terza Ricerca: E.P. Sanders, Barbaglio, Schlosser, Dunn, Meier, Puig, Moxnes, Freyne. Nonostante alcune ripetizioni, questa panoramica risulta interessante ed utile. Il volume si conclude con un’appendice, curata da Giuseppe Ghiberti, sulla ricerca sul Gesú storico in Italia, negli ultimi venticinque anni del secolo scorso.
Molto più organica, ampia e soprattutto impegnativa ed originale è la Teologia Biblica del Nuovo Testamento, pubblicata a completamento della collana di studi biblici Logos. I cardini fondamentali attorno ai quali l’Autore sviluppa la trattazione sono tre: un principio euristico, teso a mostrare l’unità del NT – senza riconoscere l’esistenza di tale unità, non si può infatti scrivere alcuna «Teologia del NT». Rifacendosi liberamente all’esegeta Dunn (cf. il suo Jesus Remembered) ed al filosofo Assmann, Segalla individua il principio euristico di unità del NT nella «memoria di Gesú». Il secondo cardine è di ordine metodologico, per il quale l’Autore parte dal riconoscimento del fatto che la «memoria di Gesú» è il frutto di un legame inseparabile tra il ricordo storico e l’annunzio kerygmatico: ossia la memoria di Gesú è trasmessa sempre nella e dalla comunità credente, il che – lungi dall’accettare le tesi bultmanniane – non destoricizza l’attestazione neotestamentaria, derubricandola al rango di puro kerygma, ma situa la memoria in un contesto di fede comunitaria, con tutto ciò che da questo consegue. Infine vi è un cardine di ordine teoretico, che consiste nel guardare al NT in rapporto all’Antico (un rapporto che è al contempo di continuità e discontinuità), considerando la Bibbia, nella sua unità, in modo «olistico», ossia con una lettura globale effettuata sulla concreta configurazione canonica della Sacra Scrittura, dove i riferimenti sono ovviamente al metodo canonico di B.S. Childs e J.S. Sanders, che Segalla riprende in modo personale.
Il volume è diviso in due sezioni: la prima, intitolata «Fondamenti», espone in tre capitoli piuttosto brevi (pp. 25-85) i presupposti metodologici di base. La seconda (pp. 89-591), dal titolo «Sviluppi», espone in maniera articolata la Teologia Biblica del NT, secondo un’originale suddivisione in tre parti che, a nostro avviso, hanno lo scopo fondamentale di recepire tutti gli elementi positivi che il metodo storico-critico può fornire allo studio del NT, ma anche di andare oltre, superando una visione dell’esegesi che la limiti all’analisi del solo senso storico-letterale. La visione olistica sostenuta da Segalla lo induce a studiare il NT da un triplice punto di vista: quello della storia, della letteratura e della teologia, cui corrispondono le tre parti della seconda sezione del volume. A livello storico, l’Autore studia il testo come memoria storico-teologica; a livello letterario la molteplice forma letteraria (Vangeli, Atti, Lettere, Apocalisse) dell’unica memoria di Gesú. L’ultima parte (La forma canonica della memoria di Gesú) riguarda l’unità ermeneutica della teologia biblica del NT, che prende forma nel canone unico della Scrittura, ove si trova concretamente quella che Segalla chiama la rivelazione «at-testata», ossia la rivelazione divina attestata dalla memoria dei testimoni (memoria che conosce diverse fasi di sviluppo e di tradizione) e memoria at-testata, perché divenuta, a partire da un certo momento, anche testo teologico.
È ovvio che è impossibile rendere conto qui del percorso offerto dall’Autore. Ci limitiamo allora a poche sottolineature per quanto riguarda lo studio della prima fase della memoria del Gesú storico (in pratica il campo di studio della Terza Ricerca). Qui Segalla riprende le sue conoscenze in materia di Terza Ricerca, evitando i riduzionismi da lui stesso denunciati nell’altro suo volume, sopra recensito. Egli riconosce che «l’analisi critica sempre più minuta dei detti e fatti di Gesú [...] conduce talora a negare evidenze storiche fuori dubbio» (p. 111) e rigetta la pregiudiziale, spesso presente nella mente degli studiosi, che «Gesú non avesse una comprensione di sé superiore a quella di un profeta escatologico», come pure quella secondo cui «la comunità cristiana delle origini non distinguesse i tempi e attribuisse a Gesú detti creati dalla comunità stessa per sua necessità [...]: un presupposto non fondato nella storia, ma nella fantasia creatrice degli studiosi». Il lavoro di ricostruzione dell’Autore si basa sull’ipotesi opposta, ossia «che Gesú sia stato una persona coerente e che la trasmissione della tradizione di lui, pur reintrepretata alla luce della Pasqua, sia stata sostanzialmente fedele». Questo «evita la deriva di un atomismo ipercritico» (ibid.).
Il principio gravitazionale della memoria originaria di Gesú viene individuato nel tema del «regno di Dio» (menzionato anche nel sottotitolo dell’opera), che è inteso come il «filo rosso che unifica la memoria di Gesú» (p. 193; cf. p. 200). l’Autore dedica pertanto molte pagine a ricostruire tutti gli aspetti della vita terrena di Gesú alla luce di questa categoria, anche se esclude «per principio» (p. 131, nota 40; cf. p. 110) i vangeli dell’infanzia contenuti in Mt 1–2 e Lc 1–2, perché non apparterrebbero alla «tradizione di Gesú». Per quanto riguarda i problemi particolari, Segalla li analizza sistematicamente e criticamente e giunge quasi sempre a conclusioni molto convincenti.
Il volume in questione si distingue, dunque, per l’ampiezza, per l’impressionate erudizione, per l’acribia con cui viene esaminata ogni singola questione (il che rende un po’ faticoso giungere alla fine delle seicento pagine complessive), ma soprattutto per il coraggio di offrire un poderoso tentativo per superare le limitazioni imposte all’esegesi (e, di riflesso, alla teologia) da un’applicazione assolutista del metodo storico-critico. Ci sembra doveroso, tuttavia, segnalare anche qualche nostra perplessità. Innanzitutto l’Autore sceglie di ricostruire le prime fasi della memoria storica di Gesú privilegiando i Sinottici e mettendo a lato il Quarto Vangelo - una scelta - questa, condivisa oggi da molti. Al di là della discutibilità della scelta, che potrebbe essere accolta a livello di metodo storico-critico, risulta invece spiazzante il fatto che l’Autore mantenga questo metodo, almeno in una certa misura, anche nella terza parte, quella teologica (cf. pp. 547ss). Ma, più di questo, notiamo un limite contenutistico importante: nelle tre parti che compongono la seconda sezione («Sviluppi»), viene offerto un percorso che, attraverso lo studio storico e letterario del NT, deve condurre infine all’esposizione della teologia neotestamentaria. Quando, però, il lettore giunge a quest’ultimo punto – soprattutto se, come è il nostro caso, egli si muove nell’ambito della teologia dogmatica, più che in quello degli studi biblici – non può non rimanere un po’ deluso: invece di un’ampia presentazione «olistica» di tale teologia, egli trova un’esposizione sintetica tesa a fondare l’«unità ermeneutica» del NT, sviluppando i temi del canone biblico e della continuità/discontinuità tra i due Testamenti. Intendiamoci: nel libro di Segalla non manca il contenuto; anzi le due prime suddivisioni della seconda parte del volume offrono materiale abbondantissimo e documentato. Ma, dopo tanto approfondimento, ci si aspetterebbe nell’ultima sezione una trattazione più contenutistica che fondativa. Se è concesso utilizzare una metafora per descrivere lo stato d’animo del lettore, si può dire che, dopo aver apparecchiato la tavola (la prima parte del volume) e avergli servito un ottimo primo ed uno squisito secondo piatto (le prime due sezioni della seconda parte), Segalla conclude il pasto offrendo al suo ospite non un delizioso e sostanzioso dessert, ma una ricetta per preparare la torta. La ricetta in se stessa è molto ben redatta e lascia presagire la possibilità di preparare un ottimo dolce, ma intanto si rimane senza. Alla fine si ha l’impressione che questo testo, che a noi sembra comunque preziosissimo, debba essere completato (dallo stesso Autore o da altri?) con una Teologia Biblica del NT che esponga i contenuti dal punto di vista teologico, avvalendosi dell’impagabile serie di criteri sviluppati da Segalla e partendo da molte delle sue conclusioni.
Al di là di questi rilievi critici, noi riteniamo, però, che questo testo dovrebbe diventare, per gli anni futuri, un punto di riferimento per gli studi specialistici e osiamo auspicare che, in qualche modo, la Teologia Biblica del Nuovo Testamento di Giuseppe Segalla possa avere oggi un effetto simile a quello che ebbe cento anni fa l’opera classica dello Schweitzer: porre fine ad una fase della ricerca ancora troppo legata ad una visione riduttiva dell’esegesi biblica e dare l’avvio ad una «Quarta Ricerca», in cui risultino meglio integrate le varie metodologie di studio, che permettono una lettura olistica ed eidetica del Testo Sacro.
Tratto dalla rivista "Studia Patavina" 2007, nr. 3
(http://www.fttr.glauco.it/pls/fttr/V3_S2EW_CONSULTAZIONE.mostra_pagina?id_pagina=271)
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