La fede emarginata. Analisi narrativa di Luca 4-9
(Studi e ricerche)EAN 9788830808294
Che la fede narrata sia un tema interessante nel Vangelo di Luca ed abbia una configurazione diversa da quella degli Atti lo si evince anche da una elementare statistica: il verbo pisteuein ricorre 9x nel Vangelo e ben 37 negli Atti, mentre pistis presenta un divario meno forte, 11x nel Vangelo e 15 negli Atti per una somma rispettivamente di 20 nel Vangelo e 52 negli Atti. Se poi esaminiamo la loro presenza in Luca 4-9, unità letteraria scelta per lo studio, pistis vi ricorre 5x e tre pisteuein, in tutto 8 su 20 in tutto il terzo Vangelo. Giustificato è dunque lo studio di questa unità letteraria sotto il profilo della fede, come recita il primo titolo del libro, che forse tenendo conto della valutazione conclusiva, avrebbe dovuto forse finire con un punto di domanda: «La fede emarginata?», e la risposta è «No!».
La breve introduzione (pp. 9-21) spiega la scelta del tema studiato: si constata il poco interesse per la tema della fede nei singoli Sinottici, e si rileva inoltre che la definizione di fede nell’opera lucana è sbilanciata verso gli Atti, proiettando quindi sul Vangelo la fede kerygmatica che risponde con la conversione e la sequela all’annuncio della salvezza per mezzo di Gesù morto e risorto. È necessario perciò usare uno strumento diverso da quello concettuale per rilevare la diversità e specificità della fede nel Vangelo di Luca rispetto quella negli Atti. Tale strumento, trattandosi di «narrazione» è l’analisi narrativa, che viene spiegata succintamente senza dilungarsi in questioni teoriche e seguendo un criterio pragmatico, e tuttavia usando poi con precisione tecnica il metodo, demandando opportunamente ad un vocabolarietto posto alla fine la spiegazione elementare dei termini tecnici (pp. 321-324). Questa è la prospettiva ermeneutica nello studio della fede narrata nei personaggi minori di Lc 4-9. Invece della fede in senso concettuale, oggetto dell’indagine sono dunque «i personaggi credenti» narrati (p. 20) e il loro rapporto con l’identità di Gesú, che sta al centro di questa sezione. Nel concludere l’introduzione l’a. si pone tre domande che stanno alla base dell’indagine, perché senza domande il testo rimane muto:
«In che senso i personaggi in questione sono credenti? Com’è caratterizzata la loro fede?»
In secondo luogo «in che rapporto sta tale fede e la cristologia in Lc 4-9?»
Infine «che peso ha il fatto che il tema sia vincolato ai personaggi minori?» (p. 21). Le risposte alle tre domande si trovano nell’ampia sintetica conclusione (pp. 305-319).
Data la forte analicità del percorso, ricordiamo brevemente la strutturazione sempre uguale nell’esame dei quattro episodi presi in considerazione, per fermarci poi sui risultati e su una loro valutazione.
I quattro capitoli che esaminano i quattro episodi in cui ricorre la terminologia della fede (Lc 5,17-26; 7,1-10; 7,36-50, Lc 8,40-56) sono organizzati metodologicamente allo stesso modo: l’analisi narrativa molto accurata per partes e alla fine le conclusioni, che: a/ riassumono il nocciolo del racconto, b/ lo pongono nel contesto più ampio in cui si inquadrano che è poi quello cristologico, c/ e mettono a fuoco il tema della fede. Viene spostato lievemente l’ordine nell’ultimo capitolo ove la fede che salva viene spostata prima del contesto, proprio per mettere al centro la fede, come viene spiegato a p. 294.
Diciamo subito che la fede è connotata in ordine alla salvezza e perciò solo indirettamente riveste una connotazione cristologica. Ripassiamo in breve sotto questo profilo centrale i quattro racconti come fa del resto l’a. nella sua conclusione.
Nell’episodio del paralitico perdonato e guarito (Lc 5,17-26), la fede è implicata nel gesto dei portatori di avvicinare il malato a Gesú. Lo nota l’autore implicito (Lc 5,20a) che, a differenza della scrupolosa distinzione alla n. 1 di p. 318, io identificherei con l’autore reale. Non mi sembra infatti si possa dire che Lc 5,20a l’autore reale lo abbia riportato «solo per fedeltà alle sue fonti»: perché negare all’autore reale la sua capacità letteraria oltre che la sua scrupolosità storica, capacità letteraria che ovviamente si riflette nella sua opera? Gesú rivela il potere di guarire, ma prima ancora l’autorità di perdonare per cui autorità di perdonare e potere di guarire sono intrecciati. Gesú e il narratore mettono in evidenza il rapporto tra fede e perdono dei peccati e solo indirettamente quello con la guarigione. La fede dunque ha a che fare con il perdono dei peccati come apparirà più avanti nel racconto della peccatrice perdonata (7,50).
Nel secondo racconto, la guarigione del figlio del centurione (Lc 7,1-10), la fede è rivelata proprio da Gesú ed è esplicita nelle parole del centurione: crede che Gesú possa guarire a distanza, anche se la fede non viene coinvolta nel racconto della guarigione come accade con la peccatrice e l’emorroissa.
Forse il più affascinante degli episodi è quello della peccatrice perdonata (Lc 7,36-50), certamente il più bello per la fine analisi e per il contributo all’esegesi a livello narrativo. È noto che il brano è una crux interpretum per molti elementi discussi, non ultimo il suo carattere composizionale addirittura «contradditorio» secondo alcuni (si vedano le sobrie note di riferimento a p. 160). «Senza negare il carattere composizionale, si cercherà di mettere in luce il senso unitario, la sua logica interna» (p. 160). Ora, non la fede, ma l’amore nel racconto mette in luce l’identità di Gesú, che perdona. Si ha quindi un intreccio di rivelazione incentrato nella donna, ma che ha in Gesú il suo rivelatore esplicito. La fede salvifica rivelata da Gesú alla fine è causa del perdono, che per lei è salvezza ed ha come conseguenza l’amore riconoscente. Ecco come viene riassunto:
«Lc 5,17-26 rivela un coinvolgimento della fede nel perdono concesso da Gesú, mentre 7,36-50 lo esplicita in senso causale: la fede è causa di perdono/salvezza. Si parla però solo della funzione della fede non esplicitamente del contenuto» (p. 312 ). La fede comunque c’entra nella dinamica che conduce alla salvezza/perdono. La fede rivelata da Gesú sarebbe una specie di flash back, che spiega quanto precede l’espressione di amore riconoscente della donna per il perdono dei peccati.
L’ultimo brano è un «racconto ad incastro» (Lc 8,40-56); al centro sta la guarigione dell’emorroissa, in cui la fede viene considerata non per il suo oggetto, ma per il suo effetto: «La tua fede ti ha salvata. Va in pace!» (8,48), una formula che ricorre uguale alla fine del racconto precedente della peccatrice (Lc 7,50), ed ha l’aria di essere una formula fissa che esprime la tesi di Gesú e dell’autore sulla fede, la fede che salva per cui si va in pace: con il perdono dei peccati nel primo caso, con la guarigione nel secondo, due aspetti uniti insieme nel primo episodio del paralitico perdonato e guarito.
Il caso iniziale, la figlia gravemente malata, presentato a Gesú da Giairo nella prima parte viene risolto nella risurrezione raccontata nella terza, legata a quella precedente della emorroissa, in quanto la fede richiesta da Gesú al capo della sinagoga è anch’essa causa di salvezza. Ancorché la fede di Giairo non venga raccontata, si lascia chiaramente al lettore implicito di immaginarla nella lacuna lasciata.
E veniamo alle conclusioni generali. La fenomenologia della fede in questi brani è molto varia, ma hanno in comune il contenuto: l’attività salvifica di Gesú, di cui Lc 7,50 e 8,48 sono un’espressione sintetica. Il ruolo infine della fede: è marginale nel primo episodio, è resa pubblica da Gesú nel racconto del centurione, è riconosciuta da Gesú come mezzo di perdono/salvezza nell’incontro con la peccatrice, e nell’ultimo episodio la liberazione dalla malattia e dalla morte è causata dalla fede, dimostrata dall’emorroissa e richiesta a Giairo. Gesú è comunque sempre il regista e perciò nell’insieme Lc 4-9 contiene episodi «che concorrono ciascuno per la sua parte all’identità di Gesú» (p. 318), che perviene al suo culmine nella confessione di Pietro (9,18-20) e nella conseguente predizione della passione e trasfigurazione (9,21-36). E tuttavia la sua identità salvifica non si realizza se non mediante il concorso della fede dei personaggi coinvolti. Identità salvifica di Gesú e fede dunque si richiamano a vicenda.
L’ultima domanda iniziale era: perché la fede è legata a personaggi minori «senza storia»? Quale ne è il risultato? «I personaggi mediante la fede sono chiamati a contribuire alla salvezza portata da Gesú» (p. 319). Un’ulteriore domanda riguarda il rapporto del vangelo con Atti nel tema della fede: la fede in Atti è segno di conversione e della sequela, in Lc 4-9 invece si esalta la sua mediazione nella salvezza spirituale e fisica. «L’attenzione ai personaggi minori non ha dunque emarginato il tema della fede, anzi, ha dato spazio ad una ricchezza di sfumature che rischia di scomparire se si preferisce un’uniformità che non trova riscontro nel terzo Vangelo» (p. 319).
Io andrei oltre, e mi chiedo il perché di questa differenza della presentazione o rappresentazione fede nel Vangelo e negli Atti. A mio avviso è segno della differenza fra la tradizione del Gesú storico nel terzo Vangelo e la tradizione kerygmatica postpasquale presente negli Atti. Ciò depone a favore della plausibilità storica dell’autore del terzo Vangelo e perciò dello stesso Vangelo. Questo problema nella tesi è toccato solo marginalmente, quando si distingue fra «storia» e «racconto» (p. 30, 279, 318, n. 1). Secondo me avrebbe potuto essere opportunamente tematizzato. Sigle all’inizio e bibliografia accurata alla fine completano il lavoro.
Qualche parola conclusiva sugli aspetti positivi e di limite del metodo seguito; mi sembra prevalgano comunque i primi rispetto ai secondi. Elenco brevemente i primi: 1. l’analisi narrativa costringe a leggere tutto il testo fin nei suoi minimi particolari, che rientrano nella logica e trama del racconto e gli dà unità letteraria. Purtroppo noi spesso leggiamo ciò che ci interessa del testo (specie se ci interessiamo di un tema o si applica il metodo storico-critico); un metodo come questo costringe a leggere tutto e a renderne ragione. 2. L’analisi narrativa permette inoltre di allargare la teologia di un tema come quello della fede, in specie. Dal quadro concettuale si passa all’orizzonte narrativo e in tal modo si allarga lo spettro teologico del tema. La concettualizzazione infatti trascura usualmente la narrazione come tale. Vi si rimedia appunto con l’analisi narrativa. 3/ Va infine notato che tale metodo è ottimo per i testi narrativi e non per altri testi; da questo punto di vista è limitato. 4/ Nello studio presente si ha spesso un tentativo di creare nuove formulazioni per esprimere il fenomeno da analizzare. La più felice mi sembra quella più volte usata di «intreccio di rivelazione» nota all’analisi narrativa, ma qui applicata a quasi tutti i quattro episodi esaminati. Come limiti invece vedo il pericolo di una eccessiva lunghezza nelle analisi e la terminologia tecnica, che come abbiamo ricordato, viene ovviata dal vocabolarietto finale.
Tutto sommato un lavoro maturo, il quale, come si esprime J.N. Aletti può stare ben vicino all’altro bellissimo saggio di Roberto Vignolo, sui personaggi giovannei, sempre in chiave di analisi narrativa (Personaggi del Quarto Vangelo. Figure della fede in Giovanni, Glossa, Milano 1995).
Tratto dalla rivista "Studia Patavina" 2006, nr. 1
(http://www.fttr.glauco.it/pls/fttr/V3_S2EW_CONSULTAZIONE.mostra_pagina?id_pagina=271)
Il volume è il frutto del dottorato presso il Pontificio Istituto Biblico del giovane biblista che offre lo studio di quattro pericopi lucane relative al tema della fede (5, 17-26; 7, 1-10; 7, 36-50; 8, 40-56). I passi scelti dall’A. riguardano non i discepoli e il loro rapporto con Gesù ma personaggi anonimi che, con i comportamenti e le parole, esprimono la propria fede personale. Il testo si articola attorno ai quattro capitoli centrali che analizzano i brani appena citati (Gli uomini e il paralitico pp. 27-86; Il centurione pp. 87-158; La peccatrice pp. 159-231; L’emorroissa e Giairo pp. 233-303), preceduti dall’introduzione che presenta il progetto della ricerca (pp. 9-21) e seguiti dalla conclusione che tira le fila dell’analisi posta in essere (pp. 305-319). Il volume è impreziosito dalla «frizzante» presentazione del prof. J.N. Aletti, direttore della tesi, da un glossario essenziale dei termini legati all’analisi narrativa che aiutano una migliore comprensione del testo, dall’ampia bibliografia distinta in strumenti di lavoro, commentari su Luca e studi sul tema affrontato e, infine, dagli indici degli autori e delle citazioni bibliche.
Broccardo nell’introduzione evidenzia che lo status quaestionis attorno al tema della fede nel Vangelo di Luca è, stranamente, povero in quanto questo argomento è trattato dagli autori solo marginalmente. L’impostazione ermeneutica degli studi resta legata allo schematismo che colloca la fede tra le «risposte umane » all’azione salvifica di Dio e che non rende ragione sia della diversità del Vangelo di Luca rispetto agli Atti degli Apostoli, in cui è più agevole «trattare» la tematica, sia dei personaggi detti «minori» dei quali «dobbiamo accontentarci di sapere che hanno incontrato Gesù, hanno creduto, sono stati guariti/perdonati/ esauditi» (p. 15). L’interessante prospettiva dell’A. coglie il cuore della questione chiedendosi se questi personaggi, per i quali non si può parlare di fede legata alla conversione e al discepolato in quanto il loro incontro con Gesù si risolve in pericopi che non ci presentano il seguito della loro conversione, possano offrire un possibile modello di «credente» a cui guardare e al quale il lettore del Vangelo di Luca possa ispirarsi. La scelta ermeneutica adottata applica i criteri di lettura del narrative criticism o narratologia che muove dalla «convinzione che il racconto non è un accumulo di dati, ma un “intreccio”, in cui le azioni compiute e le conoscenze fornite hanno valore non solo in sé, ma anche e anzi maggiormente in quanto parte di una strategia narrativa» (p. 18). Perché Luca riporta proprio quel brano? Perché lo racconta in quel modo? Perché tralascia alcuni particolari mentre ne enfatizza altri?
E ancora: che rapporto esiste tra la fede dei personaggi e la cristologia dell’unità letteraria dei capitoli 4-9 di Luca, in cui compare il tema della fede, in rapporto a queste figure minori? A queste domande si cerca di dare una risposta attraverso l’analisi dei brani. Il brano della peccatrice che viene perdonata (Lc 7, 36-50), per esempio, fa emergere la dinamica del racconto che si concentra sulla figura della donna la quale, senza proferire parola, manifesta la fede attraverso i gesti di amore che compie e che Gesù interpreta nella giusta prospettiva salvifica. Soprattutto i vv. 36-47 si offrono come un intreccio di rivelazione attorno questa donna: dall’analisi narrativa si evince il cambiamento della situazione che si concretizza nella transizione dall’ignoranza alla conoscenza. Nel testo lucano il fariseo, Simone, arriva a comprendere l’identità di Gesù grazie ai gesti della donna; è verso di lei che lo stesso Gesù rivolge l’attenzione illuminandone il comportamento letto nella logica del perdono ricevuto: «è un gioco sottile quello a cui Gesù invita Simone e noi con lui; attira infatti l’attenzione sulla donna, su quello che lei ha fatto e che può essere definito come amore; non però per concludere con un elogio (come il centurione di Lc 7, 9), per dire solennemente: “che grande amore”; ma solo per dimostrare, dato il legame di causalità perdono-amore, che i suoi peccati sono stati perdonati» (p. 195).
In sede critica ci permettiamo di evidenziare che il lettore, alla fine di ogni capitolo, ha sicuramente acquisito un notevole bagaglio di conoscenze sull’applicazione concreta della narratologia al Vangelo di Luca, ma ha talvolta la sensazione di non incontrare contenuti teologici inediti relativi allo stesso. Ciò traspare, per esempio, anche dalla conclusione in cui l’A. asserisce che «la fede non è dunque presentata come risposta adeguata alla salvezza offerta da Cristo, ma come sorgente essa stessa di salvezza» (p. 319). Questo rilievo critico non inficia la qualità del presente volume: si può ben cogliere, da questi brevi cenni, la ricerca preziosa qui realizzata grazie alla capacità dell’A. di leggere, secondo nuove sensibilità e nuovi approcci, il tema della fede nel terzo Vangelo. È sicuramente pregevole l’aver evidenziato le dinamiche della fede legata a figure anonime, ma non per questo irrilevanti, nella graduale esplicitazione del rapporto tra cristologia e fede vissuta. Al presente lavoro va il nostro apprezzamento e al suo autore, amico e compagno di studi, l’augurio di un fecondo lavoro biblico all’insegna del rigore scientifico e dell’attenzione ai temi teologici dai quali non si può prescindere quando si affronta lo studio della Parola di Dio.
Tratto dalla rivista "Parola e Storia" n. 1/2007
(http://www.scienzereligiose-br.it)
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