A un anno di distanza dall’invasione dell’Ucraina, il mondo si trova sempre più immerso nella follia della guerra. Una follia a cui – è il monito di Papa Francesco – «non possiamo rassegnarci». Al tempo stesso, però, si sono ridotti gli spazi di critica e persino la parola “pace” rischia di essere svuotata del suo vero senso.Come siamo arrivati a tanto? L’Autore, giurista e giornalista, figura storica del pacifismo italiano, offre in questo suo libro un’analisi critica e storica rigorosa che parte da una domanda: «Come siamo arrivati a questo punto?». Come siamo passati dalla guerra fredda al crollo del Muro di Berlino e, da questo, alla «terza guerra mondiale a pezzi» di cui parla Francesco? Come e perché gli Stati – i Leviatani che il capitalismo finanziario degli anni novanta dava per morti – sono tornati a servirsi dello strumento principe della paura: la guerra? Agli inizi degli anni Novanta del secolo scorso, scrive Raniero La Valle, «la guerra non solo era bandita dal diritto, ripudiata dalle Costituzioni, ma godeva di un unanime discredito e repulsione nell’opinione pubblica mondiale. La guerra, identificata con la guerra nucleare, era considerata come il male assoluto, anche dai governanti. La Guerra fredda era combattuta per evitare la guerra. La guerra era il terrore; la pace era l’equilibrio del terrore, era la deterrenza: cioè togliere il terrore con il terrore. Nella nuova situazione creatasi dopo il 1989, la guerra invece doveva essere ripristinata, richiamata dal suo esilio, eticamente riscattata e di nuovo agghindata e adornata come una sposa. E naturalmente occorreva anche tenere in mano le carte per l’ultima partita sulla ripartizione e l’utilizzo delle riserve in via di esaurimento del petrolio e degli altri combustibili fossili». Oggi la guerra è combattuta per iniziare altre guerre. È un conflitto permanente, probabilmente asimmetrico, certamente totale che, passando dall’Iraq alle torri gemelle, dall’Afghanistan all’attuale situazione di conflitto multipolare ha portato alla situazione attuale. Una situazione in cui nessuno sa più distinguere tra amico e nemico, perché ognuno è potenzialmente un nemico, e il campo politico e sociale è letto attraverso il filtro di un messianismo rovesciato. Da questa genealogia della guerra contemporanea – a cui è dedicata la prima parte del volume – prende spunto l’Autore per analizzare l’evolversi della situazione in Ucraina. Un «diario in presa diretta», un «reportage di idee», come lo avrebbe chiamato Michel Foucault, che dal 26 gennaio al dicembre 2022, mette in ordine fatti, cronache, situazioni che mostrano come la «guerra non sia solo come continuazione, ma la sostituzione della politica con altri mezzi».Al centro di questa situazione, ci sono i Leviatani, la bestia biblica evocata da Giobbe e ripresa dal padre della teologia politica occidentale: Thomas Hobbes. Evocati fin dal titolo del libro, questi Leviatani sono oggi in lotta permanente tra loro: «Sono loro che credono alla vittoria, degli uni contro gli altri, e la vittoria non la possono avere». «Ma intanto che fare? Come uscire dalla distretta? Il mondo, che per natura e per grazia vorrebbe vivere in pace, è devastato oggi da una muta di Leviatani che si affrontano proprio là dove solo trent’anni fa Est e Ovest avevano celebrato la loro riconciliazione. Dal branco se ne stacca uno, che guarda più lontano, oltre la guerra in corso, che ha detto di non volere alcuno né sopra né uguale a sé, che è la formula dell’Impero». A questo punto, conclude l’Autore, che offre nel libro molti esempi concreti, si potrebbe e dovrebbe riprendere in mano il progetto di un costituzionalismo oltre lo Stato, «e ripensare il mondo, non come l’abbiamo pensato e malversato fin qui, ma com’era fin dal principio e noi non l’avevamo capito».