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Emergenza rifiuti. Una proposta tra orizzonti teologici ed esperienze operative
(Comunicare il Vangelo in mondo che cambia) [Libro in brossura]EAN 9788830716827
Esaurito
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DETTAGLI DI «Emergenza rifiuti. Una proposta tra orizzonti teologici ed esperienze operative»
Tipo
Libro
Titolo
Emergenza rifiuti. Una proposta tra orizzonti teologici ed esperienze operative
Autori
Paolo Tarchi, Simone Morandini
Editore
EMI Editrice Missionaria Italiana
EAN
9788830716827
Pagine
256
Data
gennaio 2007
Peso
272 grammi
Dimensioni
14 x 21 cm
Collana
Comunicare il Vangelo in mondo che cambia
COMMENTI DEI LETTORI A «Emergenza rifiuti. Una proposta tra orizzonti teologici ed esperienze operative»
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Recensioni di riviste specialistiche su «Emergenza rifiuti. Una proposta tra orizzonti teologici ed esperienze operative»
Recensione di Mariapia Veladiano della rivista Il Regno
Tre anni fa l’Ufficio nazionale per i problemi sociali e il lavoro della CEI organizzava, insieme al Servizio nazionale per il progetto culturale, un seminario dal titolo «Responsabilità per il creato e gestione dei rifiuti» (cf. Regno-att. 6,2005,196) La Campania scivolava già velocemente verso la crisi anche se non ci si poteva immaginare l’inferno di oggi. Questo libro, scritto a molte mani, raccoglie alcuni interventi di quel seminario e li integra con altri (25 in tutto) con alcuni obiettivi ben visibili: a) affermare che l’interesse del cristiano per un problema così poco presente nella pastorale tradizionale ha un fondamento teologico sicuro; b) affrontare l’argomento prendendone sul serio la gravità e la complessità; c) offrire sempre una prospettiva di azione, individuale, sociale, ecclesiale, che ci salvi dallo sconforto e ci restituisca il sentimento di un futuro possibile. I rifiuti costituiscono un’emergenza ambientale ma sono insieme carichi di significati simbolici, economici, sociali e politici. Rappresentano «il volto oscuro della società del benessere» (9), simbolo concretissimo di un degrado materiale (il pericolo per la salute, la distruzione del territorio), spirituale (sono il frutto velenoso di una società ossessionata dallo stordimento del consumo), sociale ed economico (le discariche delle città raccontano l’ingiustizia di una ricchezza costruita sullo spreco e lo sfruttamento). I mucchi di rifiuti mettono in gioco la salvaguardia del creato, la giustizia intragenerazionale e intergenerazionale, il modello di sviluppo, l’etica, la possibilità stessa di percorrere la via della bellezza nell’annuncio cristiano. La nostra società ha nei riguardi dei rifiuti un atteggiamento paradossale: da una parte, a motivo della propria presenza nel mondo «monumentale e ciclopica», essa produce più rifiuti, dall’altra vuole vederli sempre di meno. I cibi pronti al supermercato ci permettono di dimenticare sistematicamente che petti di pollo e insalate producono rifiuti, e anche l’attuale tendenza alla cremazione dei corpi, al di fuori del contesto religioso e rituale entro cui avveniva e avviene in altre civiltà, sembra essere espressione di questa rimozione (142s). Perciò nessuno vuole le discariche, e l’inceneritore che nel segreto dei suoi forni brucia ad altissima temperatura l’immondizia appare la soluzione più «pulita», salvo poi non volere nemmeno gli inceneritori, almeno not in my backyard (non nel mio cortile). Anche le soluzioni, come il problema, sono complesse. Si tratta innanzitutto di ridurre i rifiuti: di «dematerializzare», ovvero studiare prodotti più leggeri che costino meno in materie prime, riducano sprechi e imballaggi, siano facili da riciclare (200); poi bisogna riutilizzare e, appunto, riciclare, che è sempre assolutamente conveniente sul piano del recupero energetico dei prodotti: a questo proposito presentare gli inceneritori come energeticamente preferibili e chiamarli termovalorizzatori non trova riscontro scientifico (131). Ma soprattutto è necessario consumare meno. Non ci sono vie brevi che consentano di uscire dall’emergenza dei rifiuti: ci vuole l’assunzione di responsabilità invece della delega, la pazienza del dialogo invece della protesta, la fatica della decisione condivisa invece del decreto che scontenta tanti o tutti. A questo proposito è istruttiva l’esperienza della provincia di Torino, che ha individuato i siti in cui collocare una discarica e un inceneritore attraverso un dialogo lungo e capillare col territorio, utile perché ha reso i cittadini esperti e, alla fine, consenzienti (77ss). La responsabilità condivisa sembra essere la strada giusta per evitare l’escalation di conflitti sulla destinazione finale dei rifiuti: «la gestione dei rifiuti è anche un’opera corale, un segnale di armonia sociale» (213), è «un’occasione irripetibile per recuperare il significato del vivere bene. Solo uno stile di vita che persegua il bene di tutti, in particolare dei più deboli e che sia rispettoso della natura e dei diritti delle generazioni future, ci permette di trovare anche il nostro vero bene» (43). Qui la vocazione cristiana alla giustizia deve poter offrire parole buone, nuove e piene di speranza alle persone perché il linguaggio dell’ambientalismo è stato talvolta (necessariamente) segnato da una severità che lo ha reso poco amato. Bisogna dire che oggi teologi e cristiani devono avere il coraggio di occuparsi di rifiuti, questa cattiva coscienza della società. Esattamente perché è un problema felicemente rimosso, almeno finché qualche catastrofe non ci obbliga a un soprassalto, si corre il rischio di essere contestati («Si occupi delle anime!», disse qualche anno fa un ministro a un vescovo campano), esorcizzati come cassandre scomode, o marginalizzati. È sicuramente un merito dell’Ufficio nazionale per i problemi sociali e il lavoro della CEI aver operato da tempo la scelta coraggiosa di occuparsene con serietà.
Tratto dalla Rivista Il Regno 2008 n. 6
(http://www.ilregno.it)
Tratto dalla Rivista Il Regno 2008 n. 6
(http://www.ilregno.it)
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