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Chi è Gesù?

-

Un approccio culturale

 
di

Francoise Ladoues

 


Copertina di 'Chi è Gesù?'
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EAN 9788825040296

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1 pezzo in stato usato come nuovo 12,00 €9,60 €
Descrizione
Tipo Libro Titolo Chi è Gesù? - Un approccio culturale Autore Editore Edizioni Messaggero EAN 9788825040296 Pagine 152 Data giugno 2016 Peso 172 grammi Altezza 12 cm Larghezza 21 cm Collana Bibbia per te
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bbia per te
FRANÇOISE LADOUÈS




CHI È GESÙ'
Un approccio culturale
Titolo originale dell'opera:
Jésus qui est-il' Approche culturelle

© 2014 Nouvelle Cité - Domaine d'Arny
91680 Bryères-le-Châtel
ISBN 9782853137409

Traduzione di Cristiana Santambrogio




ISBN 978-88-250-4029-6
ISBN 978-88-250-4030-2 (PDF)
ISBN 978-88-250-4031-9 (EPUB)

Copyright © 2016 by P.P.F.M.C.
MESSAGGERO DI SANT'ANTONIO ' EDITRICE
Basilica del Santo - Via Orto Botanico, 11 - 35123 Padova
www.edizionimessaggero.it

4
Introduzione



Parlare di Gesù oggi in Francia1 è decisamente
complesso. Tanto più se si vuole parlarne «da fuori»,
senza aderire a una particolare confessione religiosa.
In un paese laico, alcuni argomenti sembrano tabù.
Molti pensano che parlare di Gesù significhi parla-
re di religione; ed è un settore riservato! Ci sono i
luoghi di culto, il catechismo per ragazzi, ma non è
certo un soggetto da intavolare in un luogo qualun-
que, per esempio a scuola'
In realtà, parlare di Gesù significa essere interes-
sati da un personaggio che ha segnato e segna tuttora
intere generazioni; vuol dire penetrare culturalmen-
te nell'universo di milioni di persone sul nostro pia-
neta oggi! Bisogna dire che, attraverso i testi, Gesù
si presenta a noi come un maestro di umanità. An-
dré Comte-Sponville, un filosofo ateo, non esita ad
affermare: «Cosa c'è di più umano di questi quattro
libri [i Vangeli] che raccontano la vita ' reale o im-
maginaria, e verosimilmente entrambe le cose ' di
un uomo 'mite e umile di cuore' che finirà col su-
bire un supplizio atroce, un uomo le cui parole e i
cui atti hanno sovvertito la storia dell'umanità'»2.
1
Abbiamo scelto di lasciare i riferimenti al mondo francese con
il pluralismo religioso che lo caratterizza. La realtà italiana è diver-
sa, ma è anche in rapida evoluzione in senso analogo [ndt].
2
Citato nella prefazione di E. Oudin, Philosopher avec les é-

5
Chi non ha mai sentito parlare di Gesù' A
lungo, durante il catechismo dell'infanzia oppure
attraverso una semplice parola, nell'enunciare una
data (ad esempio: la conquista della Gallia da parte
di Roma nel 58 avanti Cristo)' È uno strano feno-
meno che la presunta data di nascita di quest'uomo
sia stata promossa a origine del nostro calendario! E
poi, si chiama Gesù o Gesù Cristo' E Cristo cos'è'
un titolo' un soprannome' un cognome' A volte,
ai bambini, si parla di «Gesù Bambino»: Gesù del
presepe è lo stesso che Gesù Cristo' Domande che
forse faranno sorridere i lettori più esperti in mate-
ria, eppure sono tutt'altro che banali!
Questo libro è destinato a chi è incuriosito da
Gesù, pur sapendo poco o nulla di lui; a chi è curio-
so di conoscere questo personaggio conosciuto ma
anche mal conosciuto. Si rivolge a credenti e a non
credenti' e anche a chi non si interessa affatto di
questioni di fede o non fede! Come conoscere senza
a priori un personaggio che ha tanto segnato la sto-
ria, sul quale sono stati scritti libri a tonnellate e che
oggi ancora, nel cristianesimo, fa vivere milioni di
persone' Senza a priori vuol dire senza farne già in
partenza un eroe o un impostore, senza mettersi in
posizione tale da amarlo o odiarlo, ma soltanto per
fare conoscenza'
Storicamente, sappiamo molto poco di Gesù.
Ragion per cui, secondo alcuni, è meglio non par-
larne affatto, evitando d'inventare una mitologia re-
ligiosa fatta di pie riflessioni. Eppure, sarebbe falso
dire che non ne sappiamo nulla. Dall'anno 2000
vangiles, Eyrolles, Paris 2013, nostra traduzione.

6
sono numerosi gli studiosi, gli storici, gli archeologi
e gli specialisti di testi biblici che si sono chinati sul
«problema Gesù». Proviamo quindi a inoltrarci con
modestia nella loro ricerca per cercare qualche stru-
mento in vista di una miglior conoscenza.

La Bibbia, uno strumento indispensabile3
Nel libro, sarete invitati a leggere i testi biblici.
Il Nuovo Testamento è, infatti, la principale fonte
delle nostre conoscenze su Gesù4. Il lettore è quindi
espressamente invitato a munirsi di una Bibbia.
Oggi la Bibbia si presenta sotto forma di un
grosso libro. In realtà, originariamente, si trattava
di una biblioteca, composta di numerosi volumi,
riuniti poi in uno solo nel corso dei secoli. La Bib-
bia cristiana consta di due grandi sezioni: l'Antico
Testamento e il Nuovo Testamento. Il primo è com-
posto unicamente dagli scritti che precedono l'epo-
ca di Gesù; nel secondo ci sono tutti gli scritti che si
riferiscono a Gesù. La Bibbia ebraica corrisponde a
quello che i cristiani chiamano Antico Testamento.
In origine, i libri biblici sono stati scritti in tre
diverse lingue5. La lingua originaria dell'Antico Te-
stamento è essenzialmente l'ebraico; solo alcuni li-
bri, in epoca tarda, sono stati redatti in aramaico,
mentre rari sono il libri, sempre fra i più recenti,
ad avere il greco come lingua originaria. Il Nuovo
Testamento è stato scritto in greco, anche se è pos-
3
Per una presentazione generale, si veda P. Gibert, La Bible. Le
Livre, les livres, Gallimard, Paris 2000.
4
Vedi infra, 43ss.
5
Vedi infra, 37-39.

7
sibile che alcuni testi evangelici abbiano avuto una
prima versione in aramaico.
Precisiamo infine che tutto l'Antico Testamento
è stato tradotto in greco nel III secolo prima dell'era
cristiana, ad Alessandria, in Egitto. Questa tradu-
zione si chiama la Settanta6. I testi che leggiamo nel-
le lingue attuali sono quindi tutte traduzioni. Nelle
librerie e nelle biblioteche, ci troviamo di fronte a
numerose traduzioni ognuna delle quali ha pregi e
difetti7. In questo libro abbiamo scelto la traduzio-
ne ecumenica della Bibbia (TOB) il cui merito è
di essere stata realizzata insieme da cattolici, prote-
stanti e ortodossi. Ci siamo serviti dell'edizione in-
tegrale più recente, le cui note sono molto ricche8.
6
Cf. Gibert, La Bible, 14-20.
7
Esistono molte traduzioni della Bibbia e, in generale, sono
opere valide. Segnaliamo in italiano [ndt]:
- la Bibbia CEI (ultima edizione 2008), la versione ufficiale della
Conferenza episcopale italiana, La Bibbia. Via, verità e vita, San
Paolo, Cinisello Balsamo 2012;
- la Bibbia di Gerusalemme, (ultima edizione 1998), elaborata sot-
to la guida della Scuola biblica e archeologica francese di Gerusa-
lemme, diretta dai domenicani; La Bibbia di Gerusalemme, EDB,
Bologna 2009.
- la Bibbia TOB, (ultima edizione 2009), iniziali di «Traduction oe-
cuménique de la Bible», frutto del lavoro congiunto di studiosi cat-
tolici, protestanti e ortodossi francofoni dal 1972; l'ultima versione
italiana è stata armonizzata con la nuova versione CEI del 2008,
mentre le note sono quelle della TOB francese riviste e aggiorna-
te; La Bibbia TOB. Nuova traduzione CEI, LDC, Leumann 2009.
L'importante è lavorare con una Bibbia integrale ' per il nostro
argomento serve almeno tutto il Nuovo Testamento ' e non con
degli estratti che non permettono di entrare in contatto con la glo-
balità del testo.
8
Il lettore potrà quindi utilizzare con profitto la Bibbia TOB,
eventualmente in edizione tascabile se vuole evitare spese e occupa-
re meno spazio nella sua biblioteca.

8
Tutti i libri dell'Antico come del Nuovo Testa-
mento sono suddivisi in capitoli a loro volta distinti
in piccole unità chiamate «versetti». Ogni libro ha
un nome (es. Genesi, Esodo, Vangelo di Giovanni,
lettera di san Paolo ai Romani) e, per comodità, i
nomi dei libri si scrivono in forma abbreviata (Gen,
Es, Gv, Rom). In tutte le traduzioni ed edizioni
dalla Bibbia, il lettore trova la lista dei libri, l'ordi-
ne nel quale vengono presentati e le abbreviazioni
corrispondenti. I capitoli e i versetti sono nume-
rati. Il numero di ogni capitolo compare all'inizio
del capitolo e il numero di ogni versetto è scritto a
esponente all'inizio del versetto. Bisogna dire che
la suddivisione in capitoli e in versetti non è opera
degli autori biblici9, ma è stata fatta dagli esegeti in
epoca relativamente recente. Tuttavia, questa suddi-
visione è accettata da tutti. Così, quando forniamo
un riferimento, esso comprende il nome del libro,
il numero del capitolo e il o i versetti. Esempio: per
andare a cercare il Vangelo secondo Matteo, al ca-
pitolo 9, versetto 4, scriviamo: Mt 9,4. E se si tratta
di leggere i versetti dal 4 all'8 incluso, scriviamo:
Mt 9,4-8.
In questo libro parleremo spesso di storici e di
esegeti. Probabilmente il lettore si è già familiariz-
zato con il lavoro dello storico, meno con quello
dell'esegeta. Il termine esegesi viene dal greco e si-
gnifica «spiegazione». In campo biblico, l'esegeta è
colui che tenta di spiegare la Bibbia, sia in senso
letterario che storico o teologico.

9
Vedi infra, 138-40: «Definizione dei confini del testo»

9
I PARTE

Domande fondamentali
Gesù è davvero esistito'



Sì.
Siamo sicuri della sua esistenza tanto quanto lo
si può essere di quella di qualunque altra persona.
In determinate epoche essa è stata messa in discus-
sione, come peraltro si è fatto anche per l'esistenza
di Napoleone che sarebbe stato soltanto un mito
solare'
Oggi, gli storici sostengono alla quasi unanimi-
tà che Gesù è esistito. I documenti su di lui non
sono molto numerosi, eppure sono più consistenti
che per la maggior parte degli uomini dell'antichità
(Socrate, Platone').




12
Cosa sappiamo
della vita di Gesù'


Poca cosa, per quanto riguarda la biografia.
Gesù è ebreo10, nato in Palestina11, all'incirca
verso l'anno 6 prima della nostra era12. Passa l'in-
fanzia e la giovinezza a Nazaret, in Galilea, una
piccola provincia dell'Impero romano13 piuttosto
lontana dalla città santa, da Gerusalemme. Vive in
una famiglia di artigiani, in un contesto sociale che
oggi definiremmo appartenente alla classe media.
Impara il mestiere di carpentiere e lo esercita fino a
trent'anni; poi lascia Nazaret.
All'epoca non era raro incontrare per strada dei
predicatori popolari. Per un certo periodo, Gesù
è discepolo di uno di loro, Giovanni Battista, che
contesta il culto ufficiale e proclama un battesimo
di conversione. Poi Gesù si è lanciato a sua volta in
un'attività pubblica di predicazione.
10
Vedi infra, 27-39.
11
Al tempo di Gesù, il termine Palestina, ricopriva un significa-
to puramente geografico; vedi infra, 27-29.
12
Cioè prima di Gesù Cristo (a.C.)! La differenza tra le due
date è dovuta a un errore del monaco Dionigi il Piccolo che, nel VI
secolo, ha cominciato a contare gli anni partendo dalla nascita di
Gesù (prima venivano contati dalla fondazione di Roma).
13
I Vangeli che trattano dell'infanzia di Gesù (il Vangelo di Mat-
teo e il Vangelo di Luca) dicono che è nato a Betlemme, in Giudea.
Parecchi storici pensano invece che sia nato in Galilea. La Palestina
comprendeva vari territori, tutti amministrati da Roma, ma con sta-
tuti diversi fra loro (Galilea, Samaria e Giudea). Vedi infra, 29-32.

13
Il popolo, spesso, gli attribuisce il titolo di pro-
feta. Come gli altri rabbi14, commenta la Torah15
circondato da una cerchia di discepoli: compie gua-
rigioni ed esorcismi e tiene discorsi di sapienza. È
caratterizzato da un'attenzione particolare verso i
più poveri e dalla convinzione dell'imminente ve-
nuta di quello che lui chiama «il regno di Dio»16
(dove «regno» è da intendersi in entrambi i sensi: sia
temporale che spaziale).
Probabilmente dopo due o tre anni di predica-
zione in Galilea, Gesù va a Gerusalemme. Giunto
sul piazzale del Tempio, dà scandalo scacciando con
violenza i cambiavalute e i mercanti17 dalla zona a
loro riservata: è l'unico atto di violenza fisica che si
conosca della sua esistenza.
I capi dei sacerdoti e gli scribi, garanti del carattere sa-
cerdotale del Tempio, vedono in lui un pericolo. D'altro
canto, mal sopportano l'atteggiamento costantemente
manifestato da Gesù nei suoi discorsi, un atteggiamento
che giudicano in contrapposizione con la legge di Mosè:
«Avete inteso che fu detto agli antichi ['] ma io vi di-
co'»18. Da quel momento in poi, le autorità ebraiche
cercano di porre fine alla sua attività.
14
Maestri.
15
La legge ebraica.
16
Gesù parla spesso del regno di Dio. Non ne dà una definizione:
nell'ebraismo antico, si tratta di una nozione familiare. Nella Bibbia,
i salmi o Isaia evocano spesso la regalità divina. Il popolo ebreo del
I secolo spera nella futura venuta di Dio come re. Ma Gesù prende
una posizione originale di fronte a tali speranze. Da un lato, il regno
che annuncia non ha mai a che fare con nazionalismi ebraici di nes-
sun tipo. Inoltre, Gesù è convinto che il regno di Dio si realizzi già
ora con lui per poi raggiungere la sua pienezza alla fine dei tempi.
17
Mt 21,12-17; Mc 11,15-17; Lc 19,45-46; Gv 2,13-16.
18
Esempio: Mt 5,17-47.

14
Lo denunciano ai romani affinché venga arresta-
to. Le fonti non permettono di conoscere i termini
esatti del processo: di preciso che cosa rimprovera-
vano a Gesù' C'è stato prima un processo davanti
alle autorità ebraiche' Di certo c'è che Gesù è stato
condannato a morte dall'autorità romana (il pre-
fetto Ponzio Pilato) sulla base di una denuncia da
parte di alcuni ebrei19.
Gesù è morto crocifisso, dopo essere stato fla-
gellato. Era il supplizio inflitto dai romani a chi
veniva giudicato colpevole di «alto tradimento nei
confronti dello stato». La data della sua morte è l'e-
lemento su cui abbiamo le informazioni maggio-
ri. Secondo le fonti, varie sono le ipotesi possibili.
La più plausibile sembra essere quella del 7 aprile
dell'anno 3020.




19
Si veda infra, 73-78.
20
Vedi D. Marguerat, L'Aube du Christianisme, Labor et
Fides-Bayard, Genève-Paris 2008, 36 ; M. Quesnel, Jésus, l'homme
et le fils de Dieu, Flammarion, Paris 2008, 78-79.

15
Gesù è davvero risorto'


Lo storico non può pronunciarsi sulla questione
della «resurrezione» di Gesù. I testimoni attestano
qualcosa come un incontro e un'esperienza e non
come un evento concreto osservabile.
Molte fonti affermano che dopo la morte Gesù è
stato rivisto dai suoi amici; ma sono tutte fonti nate
in ambiti di fede. L'evento della resurrezione non
viene mai descritto. Inoltre tali fonti sono tra loro
divergenti, raramente coincidono. Hanno tuttavia
in comune un punto: tutte dicono che Gesù «si è
fatto vedere».
Resurrezione non vuol dire infatti «rianimazio-
ne» del corpo di Gesù. Gli autori del Nuovo Te-
stamento, essenzialmente Paolo e gli evangelisti, a
proposito di Gesù, non hanno mai parlato di un
avvenimento magico, extranaturale o soprannatu-
rale. I verbi greci usati dai Vangeli (egheir' e ani-
st'mi) vanno di preferenza tradotti con «risvegliare»
o «alzarsi».
Il messaggio essenziale, dei testimoni dell'even-
to «risurrezione» che parlano di Gesù dopo la sua
morte, suona così: «L'abbiamo visto». Ora, non tut-
ti l'hanno visto. La «resurrezione» di Gesù è stata
notata solo da alcuni, essenzialmente da quelli che
erano stati suoi discepoli mentre era vivo. Non si
tratta quindi di un fatto concreto riconoscibile, an-
che se viene presentato come una realtà da quanti

16
ne beneficiarono. I Vangeli sono stati redatti poi,
progressivamente, per testimoniare tale realtà.
Il ruolo dello storico, quindi, consiste nel regi-
strare tale ripetuta affermazione. Essa è infatti la
base di una tradizione cristiana che, da allora, per-
dura. Tale tradizione ha dato vita a gruppi, religioni
e credenze che hanno cambiato il mondo e che oggi
contribuiscono al pensiero, all'organizzazione e alla
vita di molti uomini e società.




17
Che differenza c'è
tra Gesù e Gesù Cristo'



Gesù è il nome proprio di un uomo. Come
Mohammed o Napoleone. È il nome che i suoi
genitori gli hanno dato alla nascita: «Gli fu messo
nome Gesù»21.
«Cristo» invece è un titolo. È la parola greca che
traduce il termine «messia» in ebraico. La parola
«messia» nella Bibbia designa colui che è unto da
Dio con l'olio e scelto da lui per essere re d'Israele.
Da lungo tempo gli ebrei speravano nell'arrivo di
un messia, di un re che li liberasse da ogni autori-
tà politica esterna e permettesse loro di accedere a
un'autonomia insieme politica e religiosa.
Alcuni hanno creduto di vedere in Gesù questo
«messia». Bisogna tuttavia notare che il carpentiere
di Nazaret non accettò mai questo titolo. Solo dopo
la sua morte, quando i discepoli si convinsero che
era ancora vivo e che Dio gli aveva reso giustizia, i
nuovi credenti si persuasero che lui fosse realmente
il messia atteso. Ciò che dicevano di lui è stato mes-
so per iscritto nel Nuovo Testamento, composto in
greco.
Così è giunto fino a noi il termine «Cristo». A
partire da questa parola, è stata poi formata anche
21
Lc 2,21; vedi anche Mt 1,24.

18
quella di «cristiani», con cui sono chiamati quanti,
dopo la sua morte, hanno creduto in lui. Perciò,
parlare di Gesù significa nominarlo in modo neu-
tro, usando semplicemente il suo nome; parlare di
Gesù Cristo è invece un atto di fede.
Nel corso del Medioevo la società dell'Europa
occidentale era cristiana. Non esisteva alcuna forma
di laicità o di distinzione tra il sapere e il credere. È
quindi comprensibile che, per gli uomini di quell'e-
poca ' e fino alla fine dell'Ancien régime, cioè all'in-
circa fino alla rivoluzione del 1789 ' i nomi Gesù e
Gesù Cristo siano stati considerati equivalenti. Per
tutti ' o quasi ' Gesù era il Cristo.
Il titolo di «Cristo» è diventato perciò un'apposi-
zione quasi sistematica al nome di Gesù, come fos-
se un soprannome o un secondo nome. Quando si
decise di riorganizzare il calendario per fare comin-
ciare la «nostra era» all'inizio della vita di Gesù, si
prese l'abitudine di contare gli anni partendo dalla
nascita di «Gesù Cristo». Questa espressione è ri-
masta in uso e oggi chiunque la usi non compie un
atto di fede.
Dire, ad esempio, che il tale evento si è svolto
nel 70 della nostra era, o nel 70 dopo Cristo (70
d.C.) sono due modi equivalenti di parlare. Il che
prova l'influenza del cristianesimo delle origini sulla
nostra civiltà attuale. Detto ciò, e a parte l'uso del
termine «Gesù Cristo» nel calendario, è auspicabile
dire «Gesù» se si vuole parlare dal punto di vista sto-
rico o comunque profano, riservando l'espressione
«Gesù Cristo» a un discorso teologico o riguardante
la fede cristiana.

19
Perché esistono quattro
Vangeli che narrano
la vita di Gesù'


I Vangeli non raccontano la vita di Gesù. È vero
che appartengono al genere letterario che nell'anti-
chità veniva chiamato biografia, poiché raccontano
fatti della sua vita in ordine cronologico, però non
sono delle biografie nel senso moderno del termine.
Non forniscono una fotografia della sua vita. Gesù
stesso non ha scritto nulla. Quanto ai suoi discepo-
li, mentre era in vita non hanno redatto nulla che
somigliasse a un diario, a un resoconto di quanto
accadeva. Non bisogna neppure immaginare che i
suoi ex compagni, dopo la sua morte, si siano messi
a ricordarne parole e atti in vista della stesura di un
libro. Una prima spiegazione di tutto ciò è che chi
gli era più vicino22, dopo la sua morte, era convinto
che la fine del mondo fosse imminente, che Gesù
stesse per tornare23. In questo caso, perché raccon-
tarne la vita' Così, nei primissimi tempi, nessuno
22
I dodici compagni che non hanno praticamente mai lasciato
Gesù durante il tempo della sua vita pubblica sono chiamati «apo-
stoli». Si parla invece di «discepoli» per indicare qualsiasi persona
che lo ascoltasse ' e spesso anche che lo accompagnasse ' durante
quello stesso periodo. Dopo la sua morte, quest'ultimo termine è
stato esteso a tutti quelli che credevano in lui, che l'avessero cono-
sciuto da vivo oppure no.
23
Cf. ad esempio ciò che dice Paolo in 1Ts 4,15-18.

20
scrisse nulla. E se, qui o là, cominciarono a circolare
frasi di Gesù, racconti della sua passione e resur-
rezione, è perché il gruppo dei discepoli cresceva:
bisognava far sapere ai nuovi arrivati che cosa era
successo e chi fosse Gesù di Nazaret al quale sempre
più gente faceva riferimento.
Bisognava far conoscere le sue parole, vivere di
esse, e la sua vita, per imitarla. Inoltre, i nuovi cri-
stiani celebravano regolarmente Cristo risorto. Cer-
to, erano ebrei e continuavano a praticare la loro
religione nella sinagoga come tutti gli ebrei; ma
s'incontravano pure tra loro: almeno una volta alla
settimana, al tramonto, dopo la fine del sabato, si
riunivano per far memoria di Gesù. I racconti che
lo riguardavano, in particolare quelli della Passione,
venivano ripetuti e se ne fissò la forma in ognuna
delle comunità che li faceva propri. Servivano alla
preghiera della comunità.
Solo molto più tardi, a partire all'incirca dagli
anni Settanta del I secolo, quando i cristiani comin-
ciarono a trovare che «tardasse un po'», domandan-
dosi se davvero Gesù sarebbe tornato presto come
avevano creduto, misero per iscritto i testi utilizzati
per la vita comunitaria. Lo scopo era quello di non
dimenticare, di conservare l'essenziale della fede.
I testi erano numerosi. Alcuni erano conosciuti
in più di una comunità; altri erano stati elaborati
in maniera del tutto indipendente. Questo spiega
perché, nel momento della redazione, c'erano fonti
diverse anche se l'evento di base ' la vita e la morte
di Gesù ' era lo stesso per tutti. Ne sono nati così
diversi Vangeli, testimoni, ognuno alla propria ma-

21
niera, ognuno dal proprio punto di vista, di Gesù e
del modo in cui i gruppi cristiani si appropriavano
della sua vita e della sua morte.
Resta la domanda: e perché quattro' Le comu-
nità formatesi erano numerose; probabilmente
hanno fatto circolare molti più testi di quelli che
sono giunti fino a noi. Peraltro, anche se molti do-
cumenti sono andati perduti, abbiamo ritrovato più
di quattro Vangeli: ad esempio quello di Tommaso
o quello di Pietro. In realtà, quando poi la chiesa si
è organizzata, poco a poco ha preso la decisione di
conservarne quattro.
I criteri della scelta sono stati molteplici. Non
dobbiamo immaginare che lo abbiano deciso in
pochi, avendo tra le mani un gran numero di do-
cumenti, scegliendone alcuni e respingendone altri!
La cernita è stata fatta pian piano. Alcuni testi erano
utilizzati più di frequente dalle comunità e quindi
hanno acquistato un favore unanime. Altri, spesso
meno antichi, sono stati rifiutati perché intrisi di
leggende, oppure perché considerati eretici24'
La scelta fu operata progressivamente nel corso
del II secolo e fu riconosciuta da tutti solo nel IV
secolo. I testi conservati vengono chiamati «cano-
nici», cioè facenti parti della regola («canone», ndt)
della fede cristiana, accanto alle Scritture ebraiche.
Gli altri testi vengono detti «apocrifi»25.

24
Un'eresia è una concezione erronea in materia di fede. In
un'epoca in cui il dogma cristiano non era ancora del tutto fissato,
le comunità scartavano i testi che sembravano allontanarsi da ciò
che avevano ricevuto dagli apostoli.
25
«Apocrifo» significa «nascosto». Il termine fu dapprima usato
per alcuni testi ' non solo i Vangeli ' considerati eretici perché

22
Ci si può fidare dei Vangeli
per una ricerca intellettuale'



Sì. A condizione di prenderli per quello che
sono: dei documenti provenienti dalle comunità
cristiane e non delle biografie. Sono opere di storia
e soprattutto di teologia.
Di storia: perlomeno per quanto riguarda
Luca, l'autore vuol fare opera di storico: «Poiché
molti hanno cercato di raccontare con ordine gli
avvenimenti che si sono compiuti in mezzo a noi,
come ce li hanno trasmessi coloro che ne furono
testimoni oculari fin da principio e divennero
ministri della Parola, così anch'io ho deciso di fare
ricerche accurate su ogni circostanza, fin dagli ini-
zi'»26.
L'obiettivo dichiarato degli altri Vangeli è più
esplicitamente teologico; ciononostante i quattro
Vangeli ci forniscono indicazioni sull'uomo Gesù,
sulle sue parole e i suoi atti. Stiamo attenti, però
a comprendere il termine di «storia» nel senso in
cui lo intendevano gli antichi. Erodoto, Tucidide o
Tacito, alcuni tra gli storici riconosciuti dal mondo
sostengono che l'accesso alla salvezza provenga da una conoscenza
inaccessibile alla maggior parte della gente. In seguito, il senso del
termine fu esteso ad altri testi non canonici.
26
Lc 1,1-4.

23

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