Legami secondo lo spirito
(Sophia. Episteme. Dissertazioni)EAN 9788825034844
Il denso testo che presentiamo è frutto di una paziente ricerca all’interno degli Scritti di san Francesco, che negli ultimi cinquant’anni sono entrati nel cuore stesso degli studi francescani. Benché esistano già tanti studi sugli scritti dell’Assisiate, anche vari che toccano il tema scelto dal frate minore conventuale Antonio Ramina, bisogna dire che la sua dissertazione riempie una lacuna ed è tanto più rilevante quanto tratta un tema centrale per frate Francesco, che in qualità di frate e di iniziatore di una fraternità non può vivere senza relazioni. Sorprende che finora nessuno abbia cercato di studiare così sistematicamente e così dettagliatamente queste relazioni che si estendono da Francesco ai suoi compagni, ai suoi concittadini, ai destinatari delle sue lettere, agli ascoltatori delle sue esortazioni e laudi, ma soprattutto relazioni che – secondo le Regole del Santo e alla luce dei suoi altri Scritti – devono instaurarsi tra i frati stessi, tra i «ministri e servi» quale i loro «superiori» e i «sudditi», tra i chierici e i laici, tra i sani e gli ammalati, tra i frati e i sacerdoti secolari, i vescovi e il papa, tra l’Ordine e la Chiesa, insomma, ma anche tra i frati e la gente comune in mezzo del quale si muovono, lavorano, pregano e predicano... Un vasto campo di ricerca, dunque, un campo fertile come dimostra il volume in oggetto. E il risultato è riassunto bene nel titolo: «Legami secondo lo Spirito». Esso traduce l’avverbio spiritualiter applicato da Francesco ogniqualvolta parla del comportamento dei frati o di un frate. Sulla scia di san Paolo (cf. Rm 8,6-7; 2Cor 3,6) egli ama contrapporre una «vita secondo lo Spirito» a una «vita secondo la carne» cioè una vita secondo i parametri del mondo, della società dalla quale Francesco è uscito dopo aver fatto una sconvolgente esperienza di Dio quando fu condotto tra i lebbrosi usando loro misericordia (cf. Test 3: FF 110). Quell’incontro instaurò nuove relazioni, preferibilmente con i poveri, e la sua vita alternativa attirò compagni che volevano vivere come lui. Assieme a loro trovò nel Vangelo le indicazioni per vivere una nuova forma di vita tutta impregnata dalla sequela di Cristo dal quale si sente chiamato personalmente. La stessa dinamica viene vissuta dai primi compagni che si associano al suo progetto ispirato da Dio; per questo sono da lui chiamati «fratelli» secondo il Vangelo che d’ora in poi diventa guida per tutta la fraternità. In ogni questione che sorge, consultano il testo sacro. Nasce così la prima forma di vita che viene sottoposta al papa Innocenzo III che la approva oralmente. È una forma vitae che cresce assieme alla fraternità fino al suo costituirsi in un’ampia regola composta per due terzi da frasi prese dal Vangelo e la cui redazione si conclude nel 1221: è la forma di vita che i frati professano capace di organizzare le loro relazioni ad intra ed ad extra. Vivere «secondo lo Spirito» (spiritualiter) significa quindi vivere secondo questa forma di vita evangelica volontariamente abbracciata per divina ispirazione. L’iniziativa è di Dio; a essa risponde l’uomo, una «risposta all’Amore», come Kajetan Esser intitolava uno dei suoi libri già nel 1958. Un merito del libro di Ramina è di aver messo in rilievo di nuovo il primato di Dio nella vita di Francesco e in quello che lui richiede dai suoi frati. Non per caso il capitolo IV tratta prima «Il rapporto con Dio» (pp. 419-452) e poi «Il rapporto con l’altro», definendo il primo «la passione di una scelta irresistibile» e il secondo «compimento della cura ricevuta in dono». Il primato di Dio viene espresso con queste parole: «L’orizzonte globale che si può dire destinato a ospitare e a far fiorire relazioni da fratelli minori è quello che si profila obbedendo innanzitutto a ciò che Dio «domanda sopra tutte le cose» (Rnb 22,26): servire e amare in primo luogo lui, onorarlo e adorarlo» (p. 420). Il rapporto che chi è chiamato stabilisce con Dio è la relazione privilegiata che sta a cuore a Francesco. Questa sua preoccupazione attraversa tutta la Regola (la Rnb e la Rb del 1223), le sue ammonizioni e lettere rivolte ai frati, ma anche le circolari inviate ai chierici, ai politici e a tutti i fedeli. Un rapportarsi con il Dio vivo e vero, nella penitenza, nella preghiera e in un comportamento giusto, è un principio che domina tutte le altre relazioni. Altrettanto importante, secondo Ramina, è la proposta che avanza dedotta dalla Regula per gli eremi: «Entro lo spazio del deserto francescano l’accentuazione di tutto ciò che può approfondire il rapporto con Dio non si dà mai a discapito del rapporto con il fratello; la qualità buona della relazione con il Signore, da cercare «prima di tutto», soltanto può esprimersi nella misura in cui essa si mette alla prova e si arricchisce nella relazione con l’altro» (p. 171). Un altro merito della dettagliata ricerca dell’autore, docente di teologia spirituale presso la Facoltà Teologica del Triveneto, è di aver approfondito il nome «frati Minori», spesso usato senza rendersi conto del suo vero e impegnativo significato. L’autore indubbiamente ha raggiunto l’obiettivo del suo lavoro formulato nell’Introduzione in questi termini: «scandagliare i testi riconosciuti come autenticamente ascrivibili al santo di Assisi, per interrogarne quelle parti che sembrano essere particolarmente illuminanti al fine di individuare qualità ‘‘cristiane’’ nei rapporti, tali da connotarli, appunto, come ‘‘legami secondo lo Spirito’’. Nel ripercorrere i vari documenti testuali ci si lascerà quindi guidare da una domanda ben precisa: se sia possibile, cioè, delineare con sufficiente nitidezza gli elementi più importanti che dovrebbero caratterizzare le diverse forme di rapporto così come emergono dalle testimonianze scritte da lui lasciate. Si tratterà di domandarsi, in un secondo momento, se e in che senso, a partire dalle peculiarità emerse, si possa riconoscere una specifica modalità di relazionarsi che effettivamente possa dirsi ‘‘cristiana’’» (p. 14). A tale scopo mi pare, forse, che non fosse necessario il cap. I (pp. 19-58) che offre «Uno sguardo al contesto di formazione» degli Scritti di Francesco. Il capitolo dà l’impressione di una lezione introduttiva data agli studenti e si basa troppo sulla sfortunata edizione del 2002 di cui oggi quasi non si parla più, perché ha creato e crea soltanto confusione, specialmente a causa del capovolgimento delle due Lettere ai Fedeli di cui la più breve da Raimondo Michetti viene chiamata Lettera ai Fedeli B e la più lunga Lettera ai Fedeli A. Nelle abbondanti note in questo capitolo, Ramina crede di dover dare troppo credito al testo di Grado Giovanni Merlo, rimandando per sei volte (pp. 37-39) alla breve introduzione di questi alla Lettera ai chierici e a quella ai Custodi, senza nominare commenti più lunghi che considerano anche la 2Cust autentica. Un lettore in grado di affrontare la tematica proposta da Ramina non abbisogna certo che gli vengano presentati gli Scritti del santo, presupponendo che già possieda le Fonti Francescane o/e il testo critico edito da Carlo Paolazzi, (2009) la cui traduzione è proposta anche nell’ultima edizione (2011) delle Fonti Francescane. Perciò avrebbe potuto essere snellito il lunghissimo cap. II (pp. 59-300) che riporta non solo «tutte quelle pericopi nelle quali sia possibile individuare comandi, norme, esortazioni, suggerimenti, osservazioni, descrizioni, preghiere o anche veloci incisi che sembrano in qualche modo portare all’evidenza aspetti particolarmente significativi pertinenti al tema della relazione» (p. 59), ma quasi tutti gli Scritti in latino nel testo e in traduzione italiana nelle note a piè di pagina. È vero che quest’abbondanza di testi fa subito capire che quasi tutto in Francesco (per Ramina è sempre san Francesco) è relazionale, ma d’altra parte si perde il filo conduttore. Infatti nel cap. III (pp. 301-418) che evidenzia «Le qualità specifiche della relazione» bisogna ripetere i rispettivi brani; l’autore lo fa in modo breve e indicando la fonte con la sigla degli Scritti in nota; queste indicazioni come quelle bibliche potevano entrare bene nel testo, risparmiandosi così due terzi delle note in questo capitolo. Le informazioni importanti sugli Scritti e i brani «relazionali» selezionati tra essi potevano essere riportate in questo capitolo con il quale inizia il tema vero e proprio scelto dall’autore. Non che l’autore non faccia delle acute e interessanti osservazioni anche nel cap. II, ma spesso sono fuorvianti o, se pertinenti al tema, ripetuti nel cap. III e IV; d’altra parte ci si aspetta dai lunghi commenti offerti anche qualche presa di posizione su traduzioni più o meno riuscite: ad es. troviamo alle pp. 64-69 un commento assai completo al capitolo due della Rnb, ma l’espressione volens accipere hanc vitam non viene discusso nel suo valore relazionale. L’autore accetta la traduzione offerta da Carlo Paolazzi (sia nelle FF 5 sia negli Scripta, p. 254): «volendo intraprendere questa vita» (64), ma secondo me accipere va tradotto con accogliere o ricevere questa vita. Non si tratta di «abbracciare questa vita» (V. Gamboso) e ancor meno di «prendere questa vita» (F. Uribe), ma di accoglierla come dono del Signore. È Lui che ispira e dà, come Francesco stesso si esprime verso la fine della sua vita: «Il Signore dette a me...» egli ripete tre volte per considerare, infine, anche i fratelli come un dono di Dio. E proprio in tale contesto egli riprende un’espressione simile alla nostra in questione: «Et illi qui veniebant ad recipiendam vitam istam» (Test 16: Scripta, 396), da tradurre in: «E quelli che venivano per ricevere questa vita...» (cf. FF 117). Chi riceve l’abito come simbolo della nuova vita, entra in una rete di rapporti che deve essere mantenuta viva dai ministri che visitano, servono e correggono i frati; ecco i capitoli 4 a 6 della Rnb, ai quali è dedicato un commento pertinente (pp. 70-86). Riguardo al cap. 7 sul lavoro mi piace la valutazione positiva del chiedere elemosine: «La possibile mancanza di ricompensa, di per sé dovuta a motivo dell’attività svolta, offrirà occasione di aprirsi alla richiesta di elemosine, accettando senza remore di dover entrare dentro una condizione di dipendenza da altri, mettendo eventualmente a tacere ogni illusione di poter bastare a se stessi» (p. 89). L’interpretazione della Rnb segue spesso Antonio Ciceri da cui deriva forse anche il linguaggio alle volte astratto e complesso, mentre più comprensibili sono i riferimenti a Dino Dozzi. Per fortuna, i capitoli sono suddivisi in tre o quattro parti con dei sottotitoli, in genere ben scelti, in riferimento al tema principale del libro. Quasi ogni commento a un brano di Francesco contiene delle perle di formulazioni illuminate, di novità e di bellezza, ma nell’insieme il testo è ripetitivo e lento nel suo percorso: quante premesse e quanti passi per dirigersi «verso una prima approssimazione sintetica» (p. 414) all’incandescenza del nome fratelli minori e arrivare infine alla Conclusione (pp. 545-556) che ancora una volta insiste sul nome: «L’identità stessa di coloro che intendono seguire le orme del Signore Gesù sulla strada tracciata da san Francesco viene da lui segnalata proprio mediante l’espressione più volte messa in luce di fratres minores; ricorrendo a un nome, pertanto, in grado di rimandare immediatamente alle dinamiche interpersonali. Esattamente in queste, dunque, può essere ravvisato il luogo in cui concretamente si dispiega l’intenzione di chi vuole interpretare il Vangelo del Signore Gesù secondo la prospettiva dell’Assisiate. La qualità cristiana del vissuto riguardante i fratelli minori non può pertanto essere ricercata e sollecitata al di fuori del profilo disposto dalla relazione fraterna» (p. 556). Il libro è frutto di profonde riflessioni, di tante letture (di cui dà testimonianza la bibliografia alle pp. 559-577) e riletture degli Scritti. Qualche illuminazione sarebbe potuta venire anche da autori non italiani come, per esempio, da Niklaus Kuster il quale illustra la sua lettura del Cantico di frate sole con due significativi schemi (Franz von Assisi, Meister der Spiritualität, Freiburg 2004, pp. 101-105) che mostrano immediatamente la molteplicità delle relazioni fraterne con il creato. E Theo Zweerman ha mostrato lo sfondo trinitario che permea non solo la prima, ma tutte le Ammonizioni. Infine, secondo una metodologia recepita, si omette la virgola se l’autore è citato nel genitivo, quindi: Francisci Assisiensis Scripta; è solo una virgola, ma ripetuta un centinaio di volte disturba l’occhio.
Tratto dalla Rivista "Il Santo. Rivista francescana di storia dottrina arte" LIV, 2014, fasc. 2-3
(http://www.centrostudiantoniani.it)
È uscito un nuovo volume della collana Sophia. Si intitola “Legami secondo lo Spirito. La qualità cristiana delle relazioni negli Scritti di san Francesco d’Assisi” e ne è autore il frate minore conventuale Antonio Ramina, docente di teologia spirituale e di spiritualità francescana alla Facoltà Teologica del Triveneto (l’autore vive a Padova, nel convento sant’Antonio Dottore, dove accompagna nella formazione i frati di professione temporanea appartenenti alla propria famiglia religiosa).
Si tratta di uno studio di ricerca dedicato agli Scritti dell’Assisiate, in cui vengono scandagliati i documenti testuali a lui ascritti dalla tradizione francescana. L’obiettivo del lavoro è riconoscere la qualità cristiana delle relazioni di cui i testi danno testimonianza e per questo vengono individuate le caratteristiche fondamentali che connotano il modo di rapportarsi con Dio e con l’altro da parte dei fratelli minori, per approfondire sotto il profilo teologico i punti nevralgici dei diversi legami vissuti e propiziati da san Francesco.
L’opera, alquanto voluminosa, si compone di quattro grandi capitoli. Il primo è di carattere introduttivo e rappresenta uno sguardo generico al contesto di formazione degli scritti in questione, mentre il secondo entra più nello specifico, presentando e commentando i testi stessi, facendo emergere dallo studio testuale gli elementi riguardanti le diverse forme di rapporto. Il cuore della ricerca è condensato nel terzo capitolo, dedicato alle caratteristiche emergenti dallo studio: le qualità specifiche della relazione. L’autore distingue opportunamente fra relazione con Dio e relazione con il fratello; in entrambi i casi emergono, fra le caratteristiche più tipicamente francescane, la povertà, la piccolezza e l’umiltà. Infine, il quarto capitolo tenta un’apertura teologica più generale, elaborando, a partire dai risultati della ricerca, un’idea di “relazione cristiana”.
Tratto dalla Rivista di Vita Spirituale n. 6/2014
(http://www.vitaspirituale.it)
L’Autore inizia il suo studio con un’analisi approfondita degli Scritti di Francesco, analizzandone il contenuto sulla base del contesto in cui essi sono nati. Si tratta di un preambolo lungo ed importante dal quale dipenderanno i frutti di questa opera. Infatti, in seguito, nel secondo capitolo, Antonio Ramina pone in evidenza tutti gli elementi riguardanti qualsiasi forma di rapporto. È una sezione corposa nella quale egli prende in considerazione e spiega minuziosamente tutti i tipi di relazione di cui Francesco parla.
Ovviamente, negli Scritti a carattere legislativo emergeranno esempi di comportamenti relazionali riguardanti la vita del frate minore ed i suoi legami con Dio e con i fratelli, da intendersi in chiave missionaria e in vista di una precisa testimonianza evangelica. Insomma, la tipologia del testo va a determinare precise modalità di rapporto. Nel terzo capitolo, l’autore tratta in modo particolareggiato le qualità specifiche della relazione, soffermandosi sul modo di rapportarsi a Dio ed ai fratelli. Nel legame con l’Altissimo emerge la sua iniziativa, che esige una risposta da parte del credente: vi è l’esaltazione dell’umiltà divina che rende possibile questa dinamica di chiamata-risposta. Le relazioni tra fratelli vanno improntate, secondo la logica del Poverello, al dono di sé, al reciproco custodirsi ed alla consapevolezza della propria piccolezza. Nel quarto capitolo Ramina realizza una sorta di astrazione per determinare un vissuto improntato ad un’autentica relazione cristiana. Essa parte dal dialogo con Dio che si accoglie, si ascolta, si ama, si segue e prosegue con la dimensione fraterna nella quale dominano l’obbedienza, l’accoglienza, la benevolenza e l’umiltà. L’autore nella parte conclusiva traccia i risultati del suo lavoro, riassumendo e schematizzando gli elementi emersi nel corso della trattazione. Francesco invita ad una relazione con Dio caratterizzata da un’accoglienza intensa e semplice e ad un rapporto con l’altro secondo uno stile “minore”. Questi legami procedono insieme, mai è possibile immaginarli in modo disgiunto. Essi danno luogo ad una modalità di relazionarsi verticale ed orizzontale autenticamente cristiana che l’autore ben analizza con la “lente” della teologia spirituale. Antonio Ramina ha realizzato un compito imponente, frutto del suo lavoro di dottorato. L’impegno è profondo, particolareggiato, preciso. Egli dà vita ad uno studio minuzioso in tutte le sue componenti. Il linguaggio è accattivante e pone nella condizione di comprendere anche i non addetti ai lavori. Tuttavia, gli esperti in francescanesimo sono i destinatari privilegiati di questo volume. Una biblioteca francescana non può privarsi di questo testo che getta una luce nuova sugli Scritti di Francesco qui analizzati nella prospettiva delle relazioni al fine di individuare legami secondo lo Spirito, vale a dire quelli cristianamente intesi secondo il pensiero del Poverello. Plaudiamo a questo lavoro nel quale Ramina dimostra di utilizzare le fonti in modo sapiente, consultando una vastissima ed appropriata bibliografia. Il testo è, inoltre, nobilitato dalla presentazione del noto francescanista Cesare Vaiani.
Tratto dalla rivista "Miscellanea Francescana" n. I-II/2014
(http://www.seraphicum.com)
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