Chi è Gesù per Matteo?
-Una risposta attraverso il verbo greco «prosérchomai»
(Sophia / Episteme / Dissertazioni)EAN 9788825024074
Questo volume propone, con lievi modifiche, la tesi difesa da Gastone Boscolo nel maggio 1999, per il Dottorato di ricerca in Teologia Biblica presso la Pontificia Università Gregoriana, sotto la guida del prof. K. Stock. Esattamente dieci anni dopo la difesa, finalmente la pubblicazione. «Finalmente» perché – come dimostra lo status quaestionis iniziale – mancava nel panorama dell’esegesi una monografia sull’uso del verbo greco proserchomai («avvicinarsi») nel Vangelo secondo Matteo. Molti avevano notato la particolarità: Matteo utilizza questo verbo 51 volte (52 secondo una variante testuale di Mt 9,18), contro le 10 di Luca e le 5 di Marco (Giovanni addirittura 1 sola). Troppo evidente il fenomeno, per non attirare l’attenzione; finalmente qualcuno lo ha studiato approfonditamente e i frutti della sua ricerca sono disponibili.
Il percorso svolto è molto lineare: il primo capitolo presenta la letteratura esegetica in merito; quindi l’uso del verbo nell’Antico Testamento e negli scritti intertestamentari (cap. 2), poi nel Nuovo Testamento (cap. 3). La parte del leone la fa il capitolo quarto (pp. 39-130), che analizza l’uso di proserchomai in Matteo: uno per uno, vengono affrontati tutti i testi di Matteo in cui compare il verbo interessato. L’analisi è di tipo sincronico; il livello di approfondimento medio: tenendo conto dell’insieme del brano a cui appartiene, viene analizzato in particolare il versetto in cui è presente il verbo. Manca un’analisi completa dei vari brani, così come il riferimento alla bibliografia specifica (di fatto ci si confronta con i principali commentari moderni a Matteo); del resto, essendo ben 51 i testi da affrontare non ci si poteva muovere in altro modo (e poi la tesi è stata in teologia biblica).
Più che i dettagli sul singolo brano, conta dunque la visione d’insieme. Fin dall’introduzione al capitolo quarto era evidente l’intento di non isolare le singole pericopi, ma di inserirle nella trama dell’intero Vangelo; cosa che è stata esplicitata, dopo l’analisi, con gli ultimi due capitoli del lavoro (5 e 6). La conclusione è che, nell’insieme, i testi in cui ricorre il verbo proserchomai confermano il quadro generale di Matteo; sono cioè una specie di «cartina di tornasole», un espediente letterario con cui Matteo (davvero abile in questo) attira l’attenzione del lettore per sottolineare il suo modo di presentare Gesú (da qui il titolo: Chi è Gesú per Matteo? Una risposta attraverso il verbo greco proserchomai). «Avvicinarsi», infatti, non è un verbo come un altro; nell’Antico Testamento, ha spesso un significato liturgico (l’avvicinarsi a Dio per il culto o l’avvicinare a lui l’offerta) e nel Vangelo secondo Matteo sottolinea quello che l’evangelista ripete più volte, dall’inizio alla fine del suo racconto: Gesú è il Dio con noi. Gesú è Dio: a lui si avvicinano, con deferenza, perfino i nemici; ed è con noi: non irraggiungibile, ma vicino, basta solo accogliere la sua presenza. Perché Gesú non è un’idea, ma una persona; non una verità a cui credere, ma il Figlio di Dio fatto uomo a cui andare incontro.
Ma invece che sintetizzarle, conviene riprendere le parole conclusive dell’A., che sono in merito estremamente chiare: «Proserchomai ha un ruolo simile a quello di un titolo cristologico (…); è l’elemento letterario al quale il redattore ricorre per ricordare, segnalare e richiamare man mano che si sviluppa il racconto evangelico, che Gesú è l’Emmanuel, il Dio con noi, che in Gesú Dio si è reso presente in mezzo al suo popolo e agli uomini. Le ricorrenze di proserchomai costituiscono i piloni che sostengono quel ponte ideale che congiunge l’annuncio iniziale (1,23: «Dio con noi») alla promessa finale del vangelo (28,20: «io sono con voi») e che presentano, nello svilupparsi del vangelo, la progressiva manifestazione in parole e opere di questo Dio con noi» (149-150).
Per quanto riguarda lo stile, il lavoro di Boscolo si legge senza difficoltà, grazie ad una scrittura lineare e sempre chiara (solo qualche volta un po’ ripetitiva, a motivo dell’impostazione generale del lavoro). Certo, essendo una tesi di dottorato non è propriamente destinata al grande pubblico e per seguire l’analisi occorre la fatica del raccogliere dettagli su dettagli; però si può fare, grazie alla chiarezza espositiva. Solo la grafica, rimanendo a questo livello di osservazioni, non è tra le più felici; la suddivisione dei capitoli in paragrafi e sotto paragrafi non è sempre chiara, vuoi a causa di alcuni espedienti non del tutto riusciti (tipici della collana: l’utilizzo di elenchi talora numerati, talora puntati attraverso un trattino o una specie di rettangolo; non sempre è facile capire la gerarchia tra questi elementi), vuoi a motivo del capitolo quarto che è troppo lungo e quindi richiede una serie di sottodivisioni non facili da seguire, se non dall’indice generale.
Per quanto concerne il contenuto dell’analisi, niente da dire; ovvio che sui dettagli della singola pericope ci possono essere opinioni divergenti, ma nell’insieme i dati raccolti sono così numerosi che un particolare interpretato in altro modo non fa la differenza. Il lavoro di Boscolo presenta dunque un’analisi puntuale e una sintesi che è in perfetta sintonia con i dettagli dell’analisi. A partire dagli elementi di teologia biblica emersi a conclusione del lavoro, si potrebbe ora continuare ad interrogare i testi (o forse meglio l’insieme del Vangelo secondo Matteo): se Matteo moltiplica la presenza del verbo «avvicinarsi» per sottolineare la grandezza di Gesú, il Dio con noi, ci si potrebbe chiedere in che rapporto stanno i testi in cui questo verbo è presente e quegli altri in cui invece non c’è la formula verbale, ma ugualmente viene sottolineato il medesimo tema teologico (Gesú Dio con noi). Detto altrimenti: perché in altri testi, fondamentali per la teologia di Matteo, non è presente questo verbo così importante?
Tratto dalla rivista "Studia Patavina" 2009, nr. 2
(http://www.fttr.it/web/studiapatavina)
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