Libertà e dialogo tra culture
(Fede e cultura) [Libro in brossura]EAN 9788825019070
«La connessione tra Libertà e dialogo tra culture cui nel febbraio 2006 la Fondazione Centro Studi Filosofici di Gallarate, il Progetto culturale della Conferenza Episcopale Italiana, il Dipartimento di Filosofia e Scienze sociali e il Dottorato internazionale di ricerca in ‘Etica e antropologia. Storia e fondazione’ dell’Università di Lecce, hanno dedicato un importante convegno è – sembra inutile ribadirlo- tema di grande interesse e di enorme attualità» (p. 7).
I tredici contributi che costituiscono il volume raccolgono gli atti di quell’interessante convegno di studi e costituiscono uno stimolo all’approfondimento critico su argomenti complessi in una realtà culturale che non sempre è aperta a contributi multidisciplinari. Molte sono le pagine del volume che spingono ad un confronto su questioni vive e attuali. È anche possibile dire che il dibattito potrà avere una sua prosecuzione nelle riflessioni dei lettori interessati all’approfondimento di tesi che contribuiscono a darci la ricchezza di un dibattito in corso.
D’altra parte, il volume non accoglie mai acriticamente tesi facili e scontate, ma intende pensare insieme termini come identità e pluralità che non sempre riusciamo a tenere insieme in un discorso coerente, davvero rispettoso della dignità degli uomini e capace di promuovere un incontro durevole e profondo tra le culture.
Spesso non siamo pronti ad un dialogo che modifichi effettivamente i nostri paradigmi. Come per tutti i problemi di comunicazione e per le questioni interculturali, ci si trova dinanzi a interrogativi che tendono ad occultarsi e ad emergere con difficoltà. Si tratta di questioni ardue da affrontare, soprattutto perché ci si muove a livello di metodologie alle quali si richiede di incidere in profondità e di contribuire ad aprire nuovi orizzonti di maggiore comprensione tra gli uomini. Basti pensare che già dai tempi dei primi grandi navigatori e degli scopritori di nuove terre esistono pagine, spesso belle e profonde, sulla virtù delle popolazioni indigene. Tuttavia, in esse i nuovi popoli sono soprattutto oggetto di narrazione: il racconto non è quasi mai espressione di un dialogo. Siamo portati a riconoscere particolari virtù, abilità e competenze dei popoli diversi da noi, ma questo riconoscimento vale soprattutto a livello settoriale o di pratiche e attività che consideriamo «arcaiche». Inoltre, troppo spesso e molto superficialmente, riteniamo che sia facile tradurre i pensieri altrui.
Insomma, molti possono essere gli ostacoli al confronto e un effettivo riconoscimento dell’altro è spesso difficile e non è mai scontato.
D’altra parte, va anche ricordato che è difficile pensare che sia possibile «comprendere il costituirsi della cultura attraverso la pràxis umana senza assumere come dato fondamentale della coscienza la trascendenza della persona nell’agire. In altri termini, si tratta di giungere a una chiarificazione della priorità ontologica dell’uomo sulla cultura attraverso un’attenta considerazione della pràxis in quanto azione e non in quanto mera produttività […] Il termine pràxis indica, pertanto, una creazione sensata, un’azione ragionata, una messa in opera in cui il soggetto è presente con tutta la sua persona» (p. 282).
A questo primo elemento che fuga ogni facile disimpegno sull’uomo, si può aggiungere che spesso, dinanzi a molte difficoltà nella comunicazione e nel dialogo, si è reagito attraverso la proposizione di un modello epistemologico relativistico. Tuttavia, questo non ha sempre facilitato la comunicazione e si è spesso rivelato fragile e demotivante proprio dal punto di vista della costruzione di orizzonti dialogici. Piú volte si è dovuto constatare che lo stesso modello relativistico è un’espressione di un paradigma occultamente eurocentrico.
Insomma, la questione dello scacco del relativismo induce a pensare a un possibile riequilibrio delle prospettive che dovrebbe portarci a considerare la varie culture umane in termini meno chiusi e statici. A questo proposito, può soccorrerci l’esempio di aree complesse dal punto di vista storico e culturale che potrebbero divenire dei laboratori per affrontare questioni interculturali e umane.
Occorre pensare in un modo diverso: «O noi riusciamo a produrre inclusione o salta il mondo. Io ritengo che non salti. Si produrrà come nell’ellenismo una nuova grande ibridazione. E l’ibridazione del mondo sarà l’espressione di una nuova, grande, inedita civiltà» (p. 94).
A questo proposito, si ricorda che la relazione ermeneutica in chiave interculturale non implica un relativismo epistemologico e antropologico. Il relativismo, secondo cui «nessuna conclusione può rivendicare la propria validità al di là della comunità che la rende valida accettandola, come si esprime Th. Nagel, non è un destino» (p. 67). Quest’affermazione, che non giustifica nessuna rigidità etnocentrica, ci porta a pensare in termini rinnovati quale sia la relazione tra identità e alterità, come dimostrano le riflessioni di Paul Ricoeur a proposito della narratività e della traduzione.
D’altra parte, non si può sfuggire alla constatazione che la cooperazione tra gli uomini nell’ambito politico e sociale pone problemi che li trascendono, aprono questioni antropologiche più vaste e inducono a riflettere sulle diverse risposte che l’uomo moderno ha saputo darsi: «pur riconoscendo l’indiscusso valore di certi vincoli spirituali, costruiti intorno al sapere umano, dobbiamo ammettere che essi non saranno mai sufficienti a trasformare un semplice agglomerato di popoli in un’autentica comunità di persone animate dallo spirito di cooperazione, della solidarietà e dell’amore» (p. 138).
Né sembra pienamente condivisibile la posizione di chi trascuri l’Occidente e la sua storia, che va piuttosto ripensata nelle sue conquiste più profonde. Tali conquiste non sono solo o prevalentemente quelle di ordine tecnico, ma sono soprattutto quelle morali e giuridiche: si pensi al concetto di un orientamento cosmopolita del pianeta e di una riunificazione dei popoli nel nome del diritto.
D’altra parte, se hanno particolare rilievo i temi della transizionalità e della traduzione, bisogna pensare le due questioni sulla base del comune riferimento a qualcosa che ci trascende.
Come sottolineò Peter Wust, si tratta di riscoprire l’importanza dell’emozione e del rispetto nel rapporto umano, così da poter ritrovare una riserva di passione per l’uomo che il relativismo, se vissuto come atteggiamento superficiale e come indifferenza, non può esprimere fino in fondo. Non bisogna dimenticare quanto un originale filosofo neo-kantiano, assai attento ai problemi della cultura e delle varie forme simboliche, Ernst Cassirer, nel richiamarsi all’insegnamento di Humboldt, aveva ricordato in un’Europa che stava per vivere la tragedia del totalitarismo e l’immane dramma del conflitto mondiale. Egli evidenziò che è proprio attraverso le diverse forme della comunicazione e del linguaggio che si svela il volto più profondo dell’uomo, le cui aspirazioni ad una vita più degna non possono essere vissute in una solitudine che si tramuta spesso in intolleranza.
Tratto dalla rivista "Studia Patavina" 2009, nr. 3
(http://www.fttr.it/web/studiapatavina)
Si tratta degli Atti di un Convegno che, sul tema omonimo, hanno organizzato nel febbraio 2006, la Fondazione Centro Studi Filosofici di Gallarate, il Progetto culturale della Conferenza Episcopale Italiana, il Dipartimento di Filosofia e Scienze sociali e il Dottorato internazionale di ricerca in “Etica e antropologia. Storia e fondazione” dell’Università di Lecce. L’argomento in questione, di estrema attualità, impone di appuntare la propria riflessione sul diverso configurarsi dei rapporti tra identità e differenza prima ancora di affrontarlo in ogni sua possibile declinazione sul piano interculturale. Tale approccio multidisciplinare costituisce la matrice le cui dinamiche originarie vengono svelate dallo studio dell’antropologia. Può essere utile in questa scheda presentare l’articolazione del libro che rispecchia lo svolgimento del Convegno nella successione di quattordici interventi con i rispettivi relatori. Li riporto qui di seguito:Giovanni SCARAFILE, Dialogo tra culture. Nostalgia del fuor di luogo e asimmetrie della contingenza; Mario SIGNORE, Partire dal Mediterraneo. Per una cultura di pace e di cooperazione; Francesco BOTTURI, Universalismo e multiculturalismo; Salvatore NATOLI, L’Occidente e il suo destino, Ibridazione e/o nuova sintesi; Bernard CASPER, Libertà e dialogo tra le religioni; Donatella PAGLIACCI, L’amore del bene comune. Étienne GILSON e la rilettura della questione dell’universalità; Edoardo SIMONOTTI, La libertà globale. Prospettive interculturali nell’antropologia filosofica di Max Scheler; Stefano CARLONI, Fra relativismo culturale e universalismo giuridico: l’ontologia sintetico-duale dell’uomo; Carla CANULLO, La traduzione come mediazione nel dialogo tra le culture; Michele FARISCO, Transizionalità ed eteroriferimento. La cultura come problema dell’alterità nel postumanesimo; Andrea CASOLE, Il costituirsi dI una trans-cultura attraverso una praxis universale.
L’urgenza di una filosofia transculturale; Maria Antonietta COLLUTO, Per una “riabilitazione della dignità umana”. La proposta wustiana; Tommaso VALENTINI, Filosofia del comprendere e dialogo tra le culture. La prospettiva di Wilhelm von Humboldt e la sua ripresa in Ernst Cassirer.
Tratto dalla Rivista di Scienze dell'Educazione n. 2/2008
(http://www.pfse-auxilium.org)
Il volume fa parte della collana Fede e Cultura che ha in attivo un consistente numero di ricerche, promosse pure dal Progetto culturale della CEI, elaborate da vari studiosi con il coinvolgimento di ricercatori e professori appartenenti a vari ambiti disciplinari, ma convergenti nel tentativo di offrire una risposta-proposta alla grande questione antropologica nel suo peculiare risvolto di una nuova ermeneutica della libertà. Il volume raccoglie gli atti di un convegno su Libertà e dialogo tra culture, svoltosi nel febbraio 2006, promosso dalla Fondazione Centro Studi Filosofici di Gallarate in collaborazione con il Servizio nazionale della CEI per il Progetto culturale. Come i precedenti volumi della collana risponde all’attuale sfida antropologica nel contesto del multiculturalismo e della globalizzazione, valorizzando il contributo di pensiero e di esperienze che, lungo i secoli è stato offerto, e in attenzione alle novità delle problematiche odierne. Il rapporto preso in considerazione in questi Atti spinge a ripensare fino in fondo, dal punto di vista teoretico ed esistenziale l’identità e la differenza culturale in una prospettiva non controversistica, ma propositiva. Illuminanti mi sembrano al riguardo le espressioni di Francesco Botturi perché tracciano dei possibili itinerari: «Si tratta di ripensare a livello antropologico il rapporto tra identità e differenza, secondo una prospettiva costruttiva che a livello sociale apre all’idea dell’interculturalità, intesa come processo di interazione e di sinergia, attraverso cui [solamente] le differenze possono trovare la forma dinamica ed efficace della loro unità» (p. 57). La premessa e la condizione radicale di possibilità di questo processo sta nell’antropologia relazionale in cui possono emergere universali antropologici quali condizioni della comunicazione tra culture (cf p. 58). Il confronto-dibattito tra libertà e dialogo nelle varie culture, è qui tematizzato in modo ampio e intenso perché si considerano le sue molteplici dimensioni e pone seri interrogativi sulle condizioni radicali e non solo fenomenologiche del dialogo. Gli interventi raccolti sono preludio a un dibattito tuttora aperto.
Tratto dalla Rivista di Scienze dell'Educazione n. 3/2009
(http://www.pfse-auxilium.org)
-
-
-
-
39,00 €→ 37,05 €
-
12,00 €→ 9,60 € -
-
11,00 €→ 8,80 € -