La «magia» del rito
-Saggi sulla questione rituale e liturgica
(Caro salutis cardo. Studi)EAN 9788825017007
La "magia" del rito: un libro intenso e programmatico: così l'ha definito A.N. Terrin nella sua Introduzione. Un libro innovativo e all'avanguardia. Un libro interessante e piacevole. Sono solo alcuni degli aggettivi che potrebbero esprimere lo stato d'animo del lettore, mentre si avventura nelle dense pagine di quest'opera. Opera che raggruppa in modo organico e organizzato una serie di contributi, articoli, conferenze.
Questo volume potrebbe essere definito - nella linea della personalità dell'autore - una galleria d'arte dove, divise in quattro stanze, le opere vengono mostrate allo spettatore per la loro grandezza, la loro pregnanza di significati, la loro intensità di contenuti, la loro sconvolgente attualità. Tredici opere, per la maggior parte bassorilievi, che disegnano la realtà ecclesiale e sociale dal punto di vista liturgico, aprendo problemi, "rompicapo", ma anche prospettive nuove in merito al mondo del rito, del linguaggio, dell'arte e del pensiero.
Nella prima stanza - la prima parte denominata "Antropologia del rito" - l'autore affronta due capitoli inerenti la questione liturgica in senso stretto e il problema della ritualità e dell'inculturazione. Fin dalle prime pagine si percepisce la profonda conoscenza dell'argomento di studio e la vastissima bibliografia in nota, che per il resto caratterizza tutta l'opera. Ma ciò che più meraviglia il lettore, anche il più sprovveduto, è che le intuizioni in merito ai problemi rituali, che ognuno può aver immaginato frequentando una qualsiasi celebrazione cattolica, sono enucleati e giustificati in maniera logica e scientifica, rendendo ragione in modo chiaro e solare delle origini e delle possibili conseguenze che tali rompicapi possono suscitare. Dai primi capitoli mette in luce chiaramente e senza mezzi termini, anche se con un periodare elegante e forbito, la "totale dimenticanza del rito, il vuoto rituale in cui si è proiettatala liturgia" (A.N. Terrin). La questione viene analizzata nel suo percorso storico, che fin dalle origini del cristianesimo, attraverso l'epoca patristica e medievale, moderna e contemporanea, si giunge alla ricerca della vera causa di tale dimenticanza e obnubilamento: la razionalizzazione del rituale stesso. Si è persa, così, la "magia del rito". Afferma l'autore: «E' saltata la prima ingenuità del sacro, che legava riti ed eventi storico-salvifici, e si è imposta la necessità di spiegare la congruità, o per dirla con san Tommaso, la convenientia tra sacramento e storia. [...] Ritengo, infatti, che la piega razionalistico-dottrinaria e soteriologico-morale del cristianesimo d'Occidente rischia di non essere più in grado di percorrere la via rituale al mistero» (pp. 18-19). Credo sia proprio questo il nucleo fondamentale di questa prima stanza dove sono esposte due opere riguardanti la ritualità. E' il razionalismo occidentale, figlio di Cartesio, di Kant e soprattutto del positivismo e del neopotivismo, ad aver convinto tutti (S. Langer) e ad aver costretto tutti ad interpretare ogni evento storico e vitale con le leggi della causa ed effetto, con le regole delle scienze esatte - che esatte più non sono - ed aver portato la teologia, soprattutto quella sacramentaria, a schematizzare ogni "cosa" nell'ordine delle "idee chiare e distinte". E' questa la critica che Tagliaferri, sulla scorta di Husserl, muove al Cristianesimo occidentale. L'uomo non riesce più ad intercettare, nel rito, l'esperienza del divino; anzi, sembra che il rito stesso abbia finito di svolgere la funzione di mediazione tra Dio e l'uomo, il luogo di incontro teandrico, il momento dello "spezzare il pane" e del riconoscerLo.
Ma è nella seconda stanza di questa galleria - Liturgia estetica - che incontriamo il Tagliaferri esteta, o meglio l'autore che vede nella via pulchritudinis la strada per la ricerca liturgica. Infatti solo da una via estetica si può giungere a quell'esperienza della bellezza divina, mettendosi quasi alla scuola dei teologi ortodossi con la loro teologia della bellezza. Sostiene infatti l'autore che «l'organo dell'esperienza religiosa è difficilmente individuabile: si parla di cuore, di anima, di presentimento, di sentimento per indicare una diversa ricettività, un diverso modo di percepire la realtà. Il linguaggio che esprime più propriamente l'esperienza religiosa è simbolico liturgico» (p. 136). Tale esperienza può essere prodotta e percepita dalla nostra coscienza attraverso l'eccitamento dei sensi, attraverso le emozioni prodotte dalla bellezza. Anche il capitolo riguardante "Arte e liturgia" pone in maniera decisa e paradigmatica la somiglianza e diversità tra l'opera d'arte in sé e l'atto liturgico, tra la ripetitività e la singolarità del manufatto artistico e la ripetizione performativa dell'atto di culto. La stanza dedicata alla Liturgia estetica si chiude con un'analisi degli elementi iconografici della liturgia: l'immagine nella Bibbia, nella tradizione ecclesiale e nella Sacrosanctum Concilium in rapporto all'arte contemporanea. Tale capitolo pone problemi inerenti all'arte sacra o/e arte liturgica vista sotto il riflettore della teologia epifanica o della rivelazione e in rapporto alle tesi di C. Valenziano.
Ma passiamo al terzo settore espositivo, quello dedicato all'Ecologia del rito. Ci imbattiamo in tre capolavori che, con arte, tentano una riflessione tra rito, qualità della vita, piacere e denaro. Dall'esperienza della vita quotidiana, Tagliaferri sa trarre argomenti che dimostrano come sia importante il tema della simbolizzazione, il rapporto tra vita e morte ricompreso in chiave rituale. Così come il piacere viene visto e vissuto non in opposizione all'esperienza religiosa, ma come una «ripercussione primaria dell'autentica esperienza di fede». Il denaro, inteso come frutto del lavoro e l'ostentazione della ricchezza sono riletti alla luce della verità della liturgia.
La grande mostra si chiude con la stanza dedicata alla Teologia della liturgia. In cinque capitoli tenta di ripercorrere attraverso la via liturgica la costituzione conciliare Sacrosanctum Concilium, il tema del vegliare, la verità delle azioni simboliche e la possibilità/opportunità di una continua riforma della riforma. Un accenno particolare merita un 'quadro', cioè il capitolo "pastorale", La liturgia del silenzio del sabato santo. In questo breve capitolo l'autore mette in evidenza, attraverso l'esemplificazione rituale del Sabato Santo vissuto nella sua realtà ecclesiale, la verità di una riflessione liturgica sul silenzio inteso come lontananza da e di Dio, nel completo svuotamento della discesa agli Inferi.
Un invito alla lettura di quest'opera non parte certo da un riassunto semplificato e riduttivo. Con la metafora della galleria d'arte ho voluto soltanto diramare a mo' di invito quella che può essere un'esperienza della mente e del cuore, dello spirito e del corpo nell'affrontare questo testo "magico": non si può "parlare" di ritualità e, conseguentemente, "criticare" i diversi modi di fare e di celebrare, senza aver presenti le argomentazioni che Tagliaferri ci fa leggere e che ci permettono di "giustificare" le nostre, spesso, deboli intuizioni.
M. P.
(RL 2007)
Il vero punto critico della liturgia attuale non è sul fronte della teologia o della precisione celebrativa. È piuttosto su quello del secolare sospetto verso la potenza del rito in quanto tale, nella paura che esso possa in qualche modo mettere in dubbio o fuoriuscire dall’equilibrio dogmatico condiviso. I saggi raccolti nel vol. sono altrettante critiche alle strategie d’immunizzazione contro la ritualità per renderla inoffensiva di fronte alla dottrina. Nella I parte si affrontano i temi della sacramentaria, del rito e dell’inculturazione; nella II, la liturgia estetica; nella III, l’ecologia liturgica e cioè il rapporto fra Dio e le realtà create; nella IV, la teologia della liturgia. L’a. insegna all’Istituto pastorale «Santa Giustina» di Padova.
Tratto dalla rivista Il Regno n. 4/2008
(http://www.ilregno.it)
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