Malattia, salute, salvezza. Il rito come terapia
(Caro salutis cardo) [Libro in brossura]EAN 9788825014693
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DETTAGLI DI «Malattia, salute, salvezza. Il rito come terapia»
Tipo
Libro
Titolo
Malattia, salute, salvezza. Il rito come terapia
Autore
Zanchetta Renato
Editore
Edizioni Messaggero
EAN
9788825014693
Pagine
272
Data
gennaio 2004
Peso
290 grammi
Dimensioni
14 x 21 cm
Collana
Caro salutis cardo
COMMENTI DEI LETTORI A «Malattia, salute, salvezza. Il rito come terapia»
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Recensioni di riviste specialistiche su «Malattia, salute, salvezza. Il rito come terapia»
Recensione di Ermanno Roberto Tura della rivista Studia Patavina
Il sottotitolo addita con chiarezza la tesi sostenuta in questo bel saggio, presentato e difeso come lavoro per il dottorato in teologia liturgica all’Istituto di Liturgia Pastorale di S. Giustina in Padova. Lungo le quasi trecento pagine l’a., medico e studioso di teologia, mette in vivace relazione il trinomio del titolo, caldeggiando la riscoperta in campo cattolico del momento liturgico-gestuale come terapia. Il lettore si trova impegnato in un percorso variegato, ricco di spunti a sostegno delle convinzioni portanti più volte ribadite sotto diverse angolature: è un lungo viaggio che ripercorre la storia della medicina, della cultura occidentale e della riflessione teologica, in un invito insistito a riscoprire la complementarietà tra un orientamento “causale” scientifico nel momento della malattia e uno “terapeutico” più olistico dove il momento religioso gestuale gioca un ruolo indispensabile. L’originalità del lavoro di R. Zanchetta sta proprio in questa linea di confine, linea in grado di proporsi come momento di confluenza complementare di diversi apporti valorizzati: nulla è disprezzato ma, insieme, nulla è assolutizzato nel ribadire il legame tra salute e salvezza.
Gli otto capitoli si snodano partendo dalla problematizzazione sul trinomio malattia-salute-salvezza: lo scopo iniziale si concretizza nel «gettare dei sassi nello stagno della scienza tecnologica e delle scienze religiose» (p. 22) in ordine a rimeditare il rito come ponte possibile fra antropologia globale e teologia. Aiutato da una notevole letteratura recente, ripercorsa con attenzione e citata nelle interessanti note, l’a. addita il crollo del principio dell’onniscienza e riscopre la centralità dell’uomo come «complessità», individuando nel modello «partecipazionista» la possibilità di congiunzione tra scienza e religione, tenendo sempre come punto nodale la centralità dell’uomo. Il rito può diventare, come già accennato, il ponte di congiunzione fra il mondo scientifico e quello religioso (p. 52).
Attingendo indicazioni dalla storia, il capitolo secondo ripropone il modello sacrale evidente nei miti e nei riti dell’antico mondo mesopotamico ed egiziano, che rivelano un profondo connubio fra scienza medica e religione nel momento della malattia e della morte: la natura, la società e la storia sono impregnate di divinità e tutto si esprime tramite una ritualità forte e fondamentale. Il cammino storico prosegue nel terzo capitolo con una serie di spunti sul passaggio dal modello sacrale-partecipativo al modello sacrale-riflessivo del mondo greco-romano, indagante sul particolare per scoprire le specifiche cause della malattia nell’uomo e nell’ambiente circostante. Ippocrate di Cos, contemporaneo di Socrate, segna l’avvento della tecnica medica e della medicina come arte e disciplina scientifica. Galeno, secoli dopo, perfeziona il passaggio verso l’osservazione e la sperimentazione, recuperando la filosofia nella medicina. Il medioevo segna un ritorno del modello sacrale che accomuna salute e salvezza in Ildegarda di Bingen, trasformando la malattia in un mezzo di redenzione. La Scolastica tuttavia darà una mano alle varie Scuole italiane e francesi di medicina, rendendo sempre più solido l’impianto teoretico che sfocerà nel Rinascimento.
La svolta decisiva verso il modello scientifico, pur con residui teologici, giunge nel Seicento con le grandi scoperte dell’anatomia e fisiologia del corpo umano. F. Bacone e R. Descartes delineano una nuova epistemologia come cornice concettuale per le ulteriori ricerche e scoperte scientifiche: i nomi di Darwin, Mendel, Bateson, Pasteur evocano passaggi fondamentali anche per un lettore sprovveduto, come nell’ultimo secolo la scoperta di antibiotici e vaccini, dell’insulina e del cortisone, dei geni all’interno dei cromosomi. E tuttavia ora ci si accorge che, nonostante le formidabili scoperte scientifiche, non possono essere eluse le domande essenziali ed esistenziali che chiedono il raccordo tra lo scientifico e l’umano. Le prime contestazioni al modello scientifico riduzionistico appaiono già nell’Ottocento con l’omeopatia rivalutante le forze vitali dell’organismo e con la psicanalisi che guarda al mosaico complessivo della vita umana, fino alla medicina psicosomatica.
Le tecniche terapeutiche di medicina alternativa trovano posto nel sesto capitolo, che recupera il modello olistico e una ritualità debole della medicina orientale, specie tibetana e indiana, e della New Age. Zanchetta approfondisce soprattutto due forme di terapie che utilizzano comportamenti, gestualità e verbalità: Reiki o energia vitale universale e Rebirthing come arte del respiro consapevole; la funzione di ogni terapia è di mobilitare l’energia bloccata per trasformare i sintomi in esperienze, consci della interconnessione tra corpo e spirito. Il rito può mettere in esercizio energie immense, latenti e inesplorate e tuttavia esistenti nel nostro corpo: la terapia medica torna ad associarsi alla religione.
Su tale ritorno si innesta lo studio del raccordo salute-salvezza e dell’antropologia sacramentale nell’«Ordo Unctionis Infirmorum» successivo al Vaticano II e nei riti di guarigione: il capitolo settimo stimola la chiesa cattolica a una coraggiosa lettura dell’attualità che non ha più simboli aperti al senso dell’uomo e delle realtà più profonde, in ordine a una liturgia maggiormente inculturata; anche il sacramento degli infermi va ristudiato, perché non sia malcapito (e malcapitato) tra gli altri sacramenti. L’a. ripercorre perciò i fondamenti biblici dell’antropologia sacramentale soffermandosi in particolare sull’operato di Gesù e sulla sua attività terapeutica, per poi esaminare l’Ordo riscoprendovi il valore della liturgia come terapia. Il capitolo ottavo funge da conclusione ribadendo la salute in prospettiva olistica per ricreare l’unità spezzata dalla malattia, per recuperare la corporeità, la gestualità e l’importanza dell’armonia con il tutto, per ribadire la complementarietà del momento scientifico e il momento religioso, per affrontare un mondo che ormai vive di una tale «complessità» da far rizzare le orecchie a scienziati e teologi.
A conclusione della lettura del bel volume riteniamo che lo scopo segnalato nelle prime pagine (gettare alcuni sassi nello stagno!) sia pienamente raggiunto: ed è già un motivo di riconoscenza verso chi ha faticato per le quasi trecento pagine. R. Zanchetta dipende evidentemente dal prof. A.N. Terrin, direttore del lavoro di dottorato, abbondantemente segnalato nelle note: e tuttavia l’alunno sa “colorare” la visione olistico-cosmica di Terrin con una tonalità più personalistica, che al teologo cristiano riesce congeniale e condivisibile. In una eventuale seconda edizione (il volume è significativamente inserito nella collana dell’Istituto di Liturgia Pastorale di S. Giustina in Padova) l’a. potrebbe amalgamare ulteriormente i segmenti o tappe del suo “viaggio” di studio; potrebbe aggiungere a conclusione una significativa bibliografia già sfruttata saggiamente nelle note; potrebbe anche correggere alcuni errori di stampa con cui probabilmente dobbiamo convivere nella prima edizione: ad esempio, nella dedica alla moglie e ai figli, nel titoletto di p. 91, nel testo a p. 138 a quattro righe dalla fine, nelle note 38 a p. 207 e 43 a p. 208, come pure è da documentare la nota 113 a p. 265. Queste ultime segnalazioni vogliono indirettamente testimoniare l’attenzione feconda con cui abbiamo letto il lavoro del dott. Zanchetta, convinti che valeva la pena di proporla all’attenzione del teologo cattolico e probabilmente anche dell’esperto in medicina.
Tratto dalla rivista "Studia Patavina" 2005, nr. 1
(http://www.fttr.glauco.it/pls/fttr/V3_S2EW_CONSULTAZIONE.mostra_pagina?id_pagina=271)
Gli otto capitoli si snodano partendo dalla problematizzazione sul trinomio malattia-salute-salvezza: lo scopo iniziale si concretizza nel «gettare dei sassi nello stagno della scienza tecnologica e delle scienze religiose» (p. 22) in ordine a rimeditare il rito come ponte possibile fra antropologia globale e teologia. Aiutato da una notevole letteratura recente, ripercorsa con attenzione e citata nelle interessanti note, l’a. addita il crollo del principio dell’onniscienza e riscopre la centralità dell’uomo come «complessità», individuando nel modello «partecipazionista» la possibilità di congiunzione tra scienza e religione, tenendo sempre come punto nodale la centralità dell’uomo. Il rito può diventare, come già accennato, il ponte di congiunzione fra il mondo scientifico e quello religioso (p. 52).
Attingendo indicazioni dalla storia, il capitolo secondo ripropone il modello sacrale evidente nei miti e nei riti dell’antico mondo mesopotamico ed egiziano, che rivelano un profondo connubio fra scienza medica e religione nel momento della malattia e della morte: la natura, la società e la storia sono impregnate di divinità e tutto si esprime tramite una ritualità forte e fondamentale. Il cammino storico prosegue nel terzo capitolo con una serie di spunti sul passaggio dal modello sacrale-partecipativo al modello sacrale-riflessivo del mondo greco-romano, indagante sul particolare per scoprire le specifiche cause della malattia nell’uomo e nell’ambiente circostante. Ippocrate di Cos, contemporaneo di Socrate, segna l’avvento della tecnica medica e della medicina come arte e disciplina scientifica. Galeno, secoli dopo, perfeziona il passaggio verso l’osservazione e la sperimentazione, recuperando la filosofia nella medicina. Il medioevo segna un ritorno del modello sacrale che accomuna salute e salvezza in Ildegarda di Bingen, trasformando la malattia in un mezzo di redenzione. La Scolastica tuttavia darà una mano alle varie Scuole italiane e francesi di medicina, rendendo sempre più solido l’impianto teoretico che sfocerà nel Rinascimento.
La svolta decisiva verso il modello scientifico, pur con residui teologici, giunge nel Seicento con le grandi scoperte dell’anatomia e fisiologia del corpo umano. F. Bacone e R. Descartes delineano una nuova epistemologia come cornice concettuale per le ulteriori ricerche e scoperte scientifiche: i nomi di Darwin, Mendel, Bateson, Pasteur evocano passaggi fondamentali anche per un lettore sprovveduto, come nell’ultimo secolo la scoperta di antibiotici e vaccini, dell’insulina e del cortisone, dei geni all’interno dei cromosomi. E tuttavia ora ci si accorge che, nonostante le formidabili scoperte scientifiche, non possono essere eluse le domande essenziali ed esistenziali che chiedono il raccordo tra lo scientifico e l’umano. Le prime contestazioni al modello scientifico riduzionistico appaiono già nell’Ottocento con l’omeopatia rivalutante le forze vitali dell’organismo e con la psicanalisi che guarda al mosaico complessivo della vita umana, fino alla medicina psicosomatica.
Le tecniche terapeutiche di medicina alternativa trovano posto nel sesto capitolo, che recupera il modello olistico e una ritualità debole della medicina orientale, specie tibetana e indiana, e della New Age. Zanchetta approfondisce soprattutto due forme di terapie che utilizzano comportamenti, gestualità e verbalità: Reiki o energia vitale universale e Rebirthing come arte del respiro consapevole; la funzione di ogni terapia è di mobilitare l’energia bloccata per trasformare i sintomi in esperienze, consci della interconnessione tra corpo e spirito. Il rito può mettere in esercizio energie immense, latenti e inesplorate e tuttavia esistenti nel nostro corpo: la terapia medica torna ad associarsi alla religione.
Su tale ritorno si innesta lo studio del raccordo salute-salvezza e dell’antropologia sacramentale nell’«Ordo Unctionis Infirmorum» successivo al Vaticano II e nei riti di guarigione: il capitolo settimo stimola la chiesa cattolica a una coraggiosa lettura dell’attualità che non ha più simboli aperti al senso dell’uomo e delle realtà più profonde, in ordine a una liturgia maggiormente inculturata; anche il sacramento degli infermi va ristudiato, perché non sia malcapito (e malcapitato) tra gli altri sacramenti. L’a. ripercorre perciò i fondamenti biblici dell’antropologia sacramentale soffermandosi in particolare sull’operato di Gesù e sulla sua attività terapeutica, per poi esaminare l’Ordo riscoprendovi il valore della liturgia come terapia. Il capitolo ottavo funge da conclusione ribadendo la salute in prospettiva olistica per ricreare l’unità spezzata dalla malattia, per recuperare la corporeità, la gestualità e l’importanza dell’armonia con il tutto, per ribadire la complementarietà del momento scientifico e il momento religioso, per affrontare un mondo che ormai vive di una tale «complessità» da far rizzare le orecchie a scienziati e teologi.
A conclusione della lettura del bel volume riteniamo che lo scopo segnalato nelle prime pagine (gettare alcuni sassi nello stagno!) sia pienamente raggiunto: ed è già un motivo di riconoscenza verso chi ha faticato per le quasi trecento pagine. R. Zanchetta dipende evidentemente dal prof. A.N. Terrin, direttore del lavoro di dottorato, abbondantemente segnalato nelle note: e tuttavia l’alunno sa “colorare” la visione olistico-cosmica di Terrin con una tonalità più personalistica, che al teologo cristiano riesce congeniale e condivisibile. In una eventuale seconda edizione (il volume è significativamente inserito nella collana dell’Istituto di Liturgia Pastorale di S. Giustina in Padova) l’a. potrebbe amalgamare ulteriormente i segmenti o tappe del suo “viaggio” di studio; potrebbe aggiungere a conclusione una significativa bibliografia già sfruttata saggiamente nelle note; potrebbe anche correggere alcuni errori di stampa con cui probabilmente dobbiamo convivere nella prima edizione: ad esempio, nella dedica alla moglie e ai figli, nel titoletto di p. 91, nel testo a p. 138 a quattro righe dalla fine, nelle note 38 a p. 207 e 43 a p. 208, come pure è da documentare la nota 113 a p. 265. Queste ultime segnalazioni vogliono indirettamente testimoniare l’attenzione feconda con cui abbiamo letto il lavoro del dott. Zanchetta, convinti che valeva la pena di proporla all’attenzione del teologo cattolico e probabilmente anche dell’esperto in medicina.
Tratto dalla rivista "Studia Patavina" 2005, nr. 1
(http://www.fttr.glauco.it/pls/fttr/V3_S2EW_CONSULTAZIONE.mostra_pagina?id_pagina=271)
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