Nel primo anniversario della morte, un ritratto originale del cardinale Carlo Maria Martini, frutto di un lungo lavoro di ricerca su documenti inediti e attraverso la testimonianza di quanti lo hanno conosciuto. Enrico Impalà ricostruisce, in questo libro unico, un percorso di vita interiore, prima ancora che di storia pubblica, scandendolo al ritmo di una parabola che Martini stesso indicò, un giorno, come riferimento per la lettura della sua e altrui vicenda personale. Attraverso l'incontro e lo scambio con testimoni della vita del cardinale, dalla sorella ai segretari, dai protagonisti della storia dell'ultimo secolo a coloro che hanno accompagnato il vescovo emerito di Milano negli ultimi giorni della sofferenza e della malattia, viene così ricostruito il percorso di vita e di fede di un uomo che fu umanissimo e profetico, che provocò e provoca ancora credenti e non credenti. Di particolare interesse i diari tenuti da don Gregorio Valerio, segretario del Cardinale nei suoi ultimi anni da arcivescovo di Milano, qui per la prima volta ampiamente offerti al lettore. Una sorprendente biografia "spirituale- dell'uomo Martini. Gesuita, biblista, cardinale, profeta.
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Un proverbio indiano narra di quattro stadi della vita dell'uomo.
Il primo è lo stadio in cui si impara; il secondo è quello in cui si insegna o si servono gli altri; nel terzo si va nel bosco, il bosco profondo del silenzio, della riflessione, del ripensamento e credo che, allorché si aprirà per me il terzo stadio, potrò riordinare con gratitudine tutto ciò che ho ricevuto, ricordare le persone che ho incontrato, gli stimoli che mi sono stati dati e che in questi ventidue anni non sono riuscito a elaborare (nel bosco, passeggiando tra gli alberi, si rimettono in ordine le memorie).
Nel quarto stadio, particolarmente significativo per la mistica e l'ascetica indù, si impara a mendicare; l'andare a mendicare è il sommo della vita ascetica,
e mi dicono che anche oggi persone ricche,
che hanno fatto grande fortuna nella vita,
a un certo punto vanno a mendicare,
in quanto il mendicante
rappresenta lo stadio più alto della esistenza umana.
Mendicare significa dipendere dagli altri
— ciò che non vorremmo avvenisse mai —,
e dobbiamo prepararci.
Il tempo del bosco ci prepara,
prepara il momento che può avvenire oggi,
domani o dopodomani,
secondo la volontà del Signore.
Naturalmente, l'ho detto altre volte, se mi sarà possibile
vivrò questi stadi almeno in parte a Gerusalemme,
— Io stadio del bosco e della mendicità -
e sarà come un'ulteriore grazia di Dio,
che si aggiunge e corona tutte le altre.
Vi invito a pregare per Gerusalemme,
a ricordarvi di Gerusalemme,
a non dimenticarvi di questa città
che è il simbolo di tutto l'umano e nella quale,
se ci sarà pace, si farà pace ovunque.
Carlo Maria Martini
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PREFAZIONE
di Giovanni Giudici
È opinione corrente che personalità note e ammirate, viste dai loro diretti collaboratori, perdano l'aureola di fascino a causa della sempre prosaica invadenza del quotidiano. Per quanto mi riguarda, l'esperienza di vivere più di dieci anni a contatto diretto con Martini non ha prodotto in me questa sorta di riduzione della stima e dell'affetto. Anzi, la stretta collaborazione dell'Arcivescovo con me, suo vicario generale, e la vita comune con lui, fatta di appuntamenti giornalieri di lavoro, di preghiera, di condivisione del pranzo, e spesso della cena, sono state altrettante occasioni per sperimentare la gioia di conoscere una persona umanamente ricca, spiritualmente viva, e dunque si sentir crescere il rispetto per lui e per il suo cammino di cristiano.
Posso persino affermare che la stretta vicinanza con il cardinale Martini ha prodotto in me un cambiamento nel modo di guardare la realtà e la comunità cristiana; ho imparato a valutare in maniera nuova le modalità con cui si serve una comunità cristiana e si operano le scelte pastorali. E il tutto è avvenuto non tanto per una imitazione o per una sorta di conformismo che può nascere dall'obbedienza, ma piuttosto dalla possibilità di istituire un rapporto dialogico con una persona aperta e trasparente, disposta ad ascoltare seriamente, e a manifestare con semplicità il proprio modo di pensare. È con queste modalità che il Cardinale ha fatto scuola come maestro spirituale e pastore. Non per me soltanto del resto egli è stato un maestro.
Nel presentare questa biografia voglio semplicemente dare una personale testimonianza dell'utilità del lavoro fatto dall'autore. Egli ha raccolto dati, documenti, dialoghi e riflessioni personali. Questa sua fatica è preziosa perché la conoscenza dello stile di vita e del magistero del cardinale Martini è importante che rimanga nel tempo e raggiunga quante più persone possibile: si tratta di una ricchezza che va condivisa.
Nel suo agire e nel vivere l'autorità vi sono aspetti evangelici; ad esempio ho sempre visto nel suo modo di agire un grande rispetto per le persone, la loro individualità, le loro scelte di dedizione: egli riusciva a riconoscere in esse l'opera dello Spirito, e anche persone che vengono qualificate come "difficili" trovavano in lui attenzione, e a loro dedicava tempo ed energie. Si tratta di una dimensione che ci auguriamo permanente nel vivere l'autorità nella Chiesa.
La sua opera e la sua parola per la vita della società erano indirizzate alle ragioni alte della giustizia e della pace; e il suo interesse per lo sviluppo di ogni persona e per il rispetto della sua dignità non era solo il tributo da pagare ad un principio astratto, anche se encomiabile. Lo si vedeva dal tratto umano rispettoso non solo per ogni causa che aveva a che fare con la libertà e la dignità umana, ma anche per le persone concrete, che incontrava sempre con gentilezza; ed esse avvertivano in lui una affabilità attenta e disponibile, anche se connotata da una gentile riservatezza che era propria del suo carattere.
Questi aspetti cui ho brevemente accennato, ritengo non fossero estranei alla sua formazione di biblista e di pastore innamorato del Signore. Egli si era lasciato plasmare dalla Parola di Dio, ed essa era divenuta radice e sfondo della stessa modalità con cui guardava le persone e gli avvenimenti, cercando di riconoscere in tutti e in tutto l'opera dello Spirito, e di dare testimonianza della presenza del Signore.
Carlo Maria Martini è stato punto di riferimento per una grande città come Milano; ha segnato uno stile di Chiesa per il nostro Paese, era amato dai preti e dai laici; tuttavia rimaneva pur sempre un piemontese rispettoso dell'altro, con lo stile di vita di un religioso gesuita, con la curiosità intellettuale tipica
di uomo di ricerca, e che era stato dedito a studi severi. Posto alla guida della diocesi di sant'Ambrogio e di san Carlo, ha saputo essere coraggioso nelle iniziative pastorali, rigoroso nella proposta spirituale, e in pari tempo padre sollecito, un fratello maggiore, un signore amabile e accogliente. Con questa semplicità di uomo tra gli uomini, prima e più dell'eminente studioso e pastore di fama mondiale, ha saputo condividere la condizione comune di credenti e non credenti, su tutti i fronti della sua personalità e del suo ministero.
A partire dallo studio e dalla meditazione, e dalla predicazione della Parola, tutto il suo magistero e la sua azione pastorale erano riconducibili a un solo fine: educare i cristiani alla familiarità con la Parola, e mostrare di essa, ai non credenti, la portata e la sapienza umana. A partire da questa persuasione, il Cardinale ha saputo sempre vivere con uno sguardo sereno e fiducioso la vita della società e della Chiesa. Posso anche testimoniare che ciò si coniugava con una capacità di lettura realistica, talvolta addirittura fortemente critica della realtà. Il suo sguardo sulla comunità cristiana e la sua opera andavano nella direzione di privilegiare una Chiesa libera perché sciolta da schemi ideologici, da angusti orizzonti di utilitarismo o di efficienza, da condizionamenti e da volontà di potere o di apparire.
Una ultima cosa voglio annotare: Carlo Maria in una occasione fece cenno a come egli, allievo diciassettenne del collegio dei gesuiti di Torino, scelse di dedicarsi del tutto a Dio. Mi piace dunque immaginarmelo, in quel preciso momento della sua vita, uscire dalla bella casa di un industriale della lana della Torino degli anni Trenta del Novecento, per entrare nella Compagnia di Gesù, per essere solo un religioso come gli altri. Vivendo con lui per più di dieci anni mi sono persuaso che egli sia stato fedele a quel suo primo amore, e abbia saputo dire fino alla fine, con la parola e ancor più con la sua sofferta morte: io sono di Dio, la mia vita è sua.
INTRODUZIONE
«Senza libera convinzione interiore non c'è cristianesimo. Quest'affermazione l'ho sviluppata altre volte in questi anni: si tratta del principio agostiniano del maestro interiore. e del principio spirituale che domina tutto l'agire del cristiano, secondo la frase lapidaria di san Tommaso d'Aquino "la legge del Nuovo Testamento consiste principalmente nello Spirito Santo". È dunque lo Spirito Santo che, penetrando nell'intimo dell'uomo mediante la Parola ispirata proclamata dalla Chiesa e con la rugiada della sua grazia, genera l'uomo interiore. Il cristiano è colui che vive secondo lo Spirito. la comunità dei credenti è suscitata dallo Spirito di Dio che la fa agire nella storia a imitazione di Gesù'».
Il 18 maggio 2002 nel secondo intervento al Filaforum di Assago, in occasione della Veglia diocesana Sulla tua Parola. il cardinal Martini condivise con i fedeli la sua regola, i suoi fondamenti, prima di iniziare a trascorrere — come gli aveva augurato il Papa — giorni sereni nei quali dedicarsi agli studi biblici, riposarsi dagli incessanti impegni pastorali e intercedere con la preghiera sacerdotale per la pace tra i popoli:
La mia regola fondamentale, il fondamento della mia fiducia è lo Spirito Santo che opera sempre prima di noi, più di noi, meglio di noi, in maniera più lungimirante di quanto possiamo operare noi, con uno sguardo più vasto del nostro, uno sguardo che abbraccia il mondo intero. Questo stesso Spirito opera pure nei mutamenti di Chiesa: un Vescovo passa, lo Spirito resta.
Nonostante avesse ancora il desiderio di dire tante altre cose (come Gesù ai suoi discepoli nel Vangelo di Giovanni: "Avrei ancora tante cose da dirvi, ma lo Spirito di verità vi guiderà alla verità tutta intera") si limitò a parafrasare tre frasi del Nuovo Testamento:
Ringrazio il mio Dio ogni volta che mi ricordo di voi (Fil 1-6); E ora vi affido a Dio e alla parola della sua grazia, che ha la potenza di edificare e di concedere l'eredità fra tutti quelli che da lui sono santificati (At 20,32);
Così anche voi, ora, siete nel dolore; ma vi vedrò di nuovo e il vostro cuore si rallegrerà e nessuno potrà togliervi la vostra gioia. Quel giorno non mi domanderete più nulla (Gv 16,22-23). Nel 2008 per l'aggravarsi della malattia dovette ritornare definitivamente da Gerusalemme, per essere meglio accudito presso l'Aloisianum di Gallarate. In quel periodo, nel gennaio del 2009, gli scrissi una breve lettera in cui lo aggiornavo circa il mio matrimonio, i miei figli, il mio lavoro di scrittore e i miei interessi culturali. Inoltre le Edizioni pavesi Ibis, dopo aver pubblicato una mia guida al turismo solidale, mi avevano anche richiesto una guida di Gerusalemme, per presentare non solo i monumenti e la storia, ma anche la vita associativa, lavorativa, culturale, persino gastronomica della città. La ricerca aveva risvegliato i miei interessi e i ricordi delle mie tre visite alla città, tanto che mi iscrissi al corso di alta formazione della Cattolica "Per una cultura di pace in Terra Santa", per comprendere meglio la situazione attuale. Chiesi perciò al cardinal Martini qualche consiglio in merito, anche se al tempo stesso desideravo che non si affaticasse per me.
«Le scrivo queste poche righe innanzitutto per lodare Dio per il dono della sua presenza: lei è stato presente in modo decisivo della formazione della mia vita adulta. Vorrei esprimerle anche la gratitudine per ciò che ha fatto per me e per il bene che sta facendo all'umanità intera affrontando seriamente e santamente la vita così com'è».
Dopo pochi giorni don Paolo Cortesi, suo segretario, m'inviò una breve mail comunicandomi che il Cardinale mi avrebbe ricevuto volentieri.
Emozionato, il 21 gennaio alle 17.30 presso l'Aloisianum di Gallarate, mi presentai puntuale all'incontro attendendo nella saletta vicina alla portineria l'arrivo di padre Carlo (come mi aveva detto gli sarebbe piaciuto farsi chiamare, prima di partire per Gerusalemme). All'ultimo piano del complesso, fronteggiato da maestosi cedri del Libano, fin dagli anni Novanta sono state ricavate un'infermeria e un reparto che accoglie i padri gesuiti anziani, con necessità di cure o lungodegenti. Mi immaginai il Cardinale accompagnato nella bella stagione presso il vasto orto e frutteto, con una lunga pergola di glicine che consente il passaggio al riparo dal sole. o nella pineta posta a meridione. Riflettevo su come a volte possa capitare di incontrare sulla strada un uomo di Dio. Anzi, meglio; su come, nonostante sia una grazia offerta a tutti, al tempo stesso pare un dono non facilmente apprezzabile. Quando da giovane ascoltavo le parole di Carlo Maria Martini provavo in me una immensa gioia poiché egli sapeva rileggere con semplicità la Parola di Dio: per me, per gli amici, per i fratelli e le sorelle, per tutti. Egli è stato certamente — non solo per me — un padre spirituale e un dono; e lo è ancora oggi con i suoi testi, i suoi interventi e i suoi articoli. Ricordo come nei suoi scritti milanesi amasse invitare tutti, costantemente e senza mai perdersi d'animo, a non fuggire dalla vita. Incoraggiava a dare voce all'inquietudine del proprio cuore, ascoltando senza timori le domande che esso pone all'uomo; in particolare quelle radicali, come il dilemma della morte. In effetti — diceva — conte possono stare insieme nella vita idolori e gioie? Perché ha senso gioire se vi è la presenza della morte nel mondo e dei dolori e delle angosce dell'esistenza umana che rendono faticoso vivere? Di fronte al Signore, che sembra tacere, tutta l'umanità quotidianamente si domanda perché Lui, l'Onnipotente, non voglia manifestarsi in tutto il suo splendore e perché rimane indifferente alla nostra tragedia. Una domanda senza una risposta apparente. Il cardinal Martini ricordava anche a me, così preso da me stesso, all'uomo di oggi, come nessuno possa sentire se non lo si lascia parlare, se non si permette che la sua Parola sia proclamata: ascoltare le sue domande aiuta a superare l'invadenza lo. Dio invita l'uomo, in spirito e verità, riconoscere le ragioni del suo disagio e della mancanza di felicità e di pace. Egli chiede all'uomo perché fatichi tanto ad amare, perché, abbia paura di amare, perché sospetti sempre di non essere amato, perché e tanto diffidente di fronte a ogni atteggiamento di amore gratuito.
Proprio qui si ricongiungono i nodi del rapporto che lega morte e vita, dolore e gioia, fallimento e successo, frustrazione e desiderio, umiliazione ed esaltazione, disperazione e speranza. Quando la "legge della Croce" ci tocca, ci sconvolge e ne siamo profondamente turbati: ma solo qui si attua la piena liberazione dal male, fino ad accettarne le conseguenze su di sé per perdonarlo e superarlo, come ha fatto Gesù sulla croce. Per sciogliere l'apparente assurdità della vita non c'è allora che una via possibile: rimettermi continuamente di fronte ad essa, senza sfuggirvi, e arrendermi contemporaneamente senza riserve nelle mani del Dio umile e sofferente, del "Dio crocifisso". Solo abbandonandomi perdutamente a Lui, solo capitolando nelle sue mani potrò riprendere nelle mie il bandolo della matassa intricata della vita. Dio è il Mistero santo, Gesù Cristo in croce è la Custodia silenziosa, in cui riposa il senso della vita e della storia, il senso del mondo.
Quando gli parlai del progetto di una guida di Gerusalemme capace di raccontare la vita della città più che i monumenti, mi chiese:.
— Conosci l'ebraico? — senza tradire alcun giudizio, anzi attendendosi con fiducia una risposta affermativa.
Non era strana la sua richiesta: il libretto degli Esercizi spirituali di sant'Ignazio — a cui spesso faceva riferimento quando era Cardinale — è tutto fondato sull'eccedenza, sul "magis", sul "di più", sull'oltre. Anche nelle scelte non straordinarie o nuove, anche solamente per regolare la propria vita secondo giusta misura, non si deve volere o cercare cosa alcuna che non sia, in tutto e per tutto, a maggiore lode e gloria di Dio nostro Signore. Ecco cosa si attendeva da me padre Carlo: che io mi liberassi maggiormente, per combattere l'eccesso di male presente nel mondo con un eccesso di bene.
Gli dissi che l'ebraico biblico lo avevo studiato con monsignor Ravasi, ma che ricordavo ben poco. A quel punto incominciò a cercare di farmi comprendere l'importanza di apprendere una lingua viva per vivere con un popolo, per interpretare una città, per intuirne la bellezza. Poi mi chiese di studiarlo partendo dai miei interessi. — La musica — gli dissi senza pensarci troppo.
Martini entrò subito in sintonia con l'idea, e più come un amico che come un maestro m'invitò ad ascoltare canzoni, a vivere delle armonie di Israele, a tuffarmi nella cultura di un popolo a cui siamo indissolubilmente legati come a fratelli maggiori.
— Per il resto consulta internet. Lì c'è quasi tutto — concluse con un certo umorismo e con quello sguardo disincantato e intelligente, attento e docile di fronte alle novità in genere, quotidianamente saggio e libero nell'accostare anche i media. Là dove altri avrebbero evidenziato limiti e pericoli, lui preferiva sottolinearne le opportunità.
Martini è sempre stato così per me: un esempio di cosa volesse dire tuffarsi nella vita mediante le Scritture, come se fosse egli stesso un'esegesi viva della Parola. In quel momento, ad esempio, era come sentire l'apostolo Pietro quando invitava a usare ogni premura e attenzione per aggiungere alla fede la virtù; alla virtù la conoscenza; alla conoscenza l'autocontrollo; all'autocontrollo la perseveranza; alla perseveranza la pietà; alla pietà l'affetto fraterno; e all'affetto fraterno l'amore.
Perciò, preso dalla riconoscenza e dal desiderio che quel momento non terminasse allo scadere della mezz'ora. gli chiesi: — Posso scattarle una foto?Sorrise con naturalezza e quel volto, già così segnato dalla malattia e dalla fatica, s'illuminò senza apparente sforzo soltanto per farmi un regalo.
Poi, dopo il flash, mi spiazzò dicendo: — Ora una insieme.
E, senza attendere I' impostazione di un autoscatto, lentamente uscì dalla stanzetta per chiamare il portinaio. Tornò soddisfatto con l'improvvisato fotografo, mi cinse le spalle con il suo braccio destro raccomandandomi di tenere la foto per noi. Lo rassicurai che non sarebbe mai stata pubblicata e mi misi in posa come in quella famosa icona di tradizione copta intitolata Gesù e il suo amico. Nell'icona la mano di Gesù si posa sulla spalla dell'amico e cammina al suo fianco mentre sostiene con il suo braccio il Libro delle Scritture, ricoperto da una custodia preziosa come si usa nelle liturgie solenni. Il discepolo intanto stringe nella mano sinistra un piccolo rotolo della Parola.
Anch'io dopo quell'incontro sono rimasto con poche parole, più con l'impressione di un eccesso di amicizia nei miei confronti, una sovrabbondante inattesa vicinanza da parte di un padre spirituale.
In effetti, non c'è bisogno di mostrare quell'immagine, perché ho ritrovato l'uomo che mi sta accanto in quella foto — sereno, pacificato e pacificante — anche nei racconti di amici e collaboratori. Narrare brevemente la sua vita aiuta tutti noi a scorgere lo sguardo spirituale del cardinal Martini su eventi e incontri; a ricordare la sua azione pastorale illuminata dallo Spirito Santo; a presentare il suo quotidiano, vissuto con fede in Dio e alla parola della sua grazia.
Padre Carlo è stato in fondo semplicemente un uomo di Dio, uno che viveva di Dio. Come diceva Ireneo: La vita dell'uomo è la visione di Dio. Forse per questo motivo i suoi insegnamenti assomigliano così tanto a quelli di sant' Ambrogio quando ricordava come in Cristo abbiamo tutto e tutti possono avvicinarsi a Lui:
In Cristo abbiamo tutto.
Ognuno si avvicini a lui:
chi languisce nell'infermità a causa dei peccati,
chi è come inchiodato
per la sua concupiscenza,
chi è imperfetto,
ma desideroso di progredire
con intensa contemplazione,
chi è già ricco di molte virtù.
Siamo tutti del Signore
e Cristo è tutto per noi:
se desideri curare le tue ferite,
egli è medico;
se sei angustiato dall'arsura della febbre,
egli è fonte;
se ti trovi oppresso dalla colpa,
egli è giustizia;
se hai bisogno di aiuto,
egli è potenza;
se hai paura della morte,
egli è vita;
se desideri il paradiso,
egli è via;
se rifuggi le tenebre,
egli è luce;
se sei in cerca di cibo,
egli è nutrimento'.
Per inciso: non ho ancora scritto la guida di Gerusalemme. Devo ancora iniziare lo studio dell'ebraico.
ESTRATTO DAL PRIMO CAPITOLO
TORINESE
Il Vescovo deve essere l'uomo della misericordia. La tanta sofferenza di questo mondo. l'immenso dolore e la tanta disperazione, chiedono che la Chiesa eserciti tutta la sua funzione di madre amorevole attenta e premurosa. Che sia capace di offrire motivi di speranza a tutti coloro che «camminano nelle tenebre o nell'ombra della morte» (Lc 1,79). Vorrei ancora aggiungere la buona educazione, la dolcezza del tratto, la fermezza paterna, l'amore per il bello e le sue forme.
Torino, la graziosa Torino dalle strade ben allineate, pacificata dalla regolarità delle costruzioni e dalla bellezza delle piazze, vide i natali di Carlo Maria Martini il 15 febbraio del 1927.
La storia conosce talvolta esperienze spirituali senza precedenti: le loro radici vengono dal passato e, indimenticabili, rimangono e si trasformano in norma permanente. Carlo Maria, sempre conservando la propria identità, ha tratto nutrimento e formazione dal suo contesto storico e dalle buone esperienze vissute.
Molti incontri della sua storia furono significativi. Perciò conoscere le vicende di quel periodo permette di comprendere meglio anche la sua figura umana e spirituale.
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Gabriella Fantozzi Macale il 11 febbraio 2015 alle 11:11 ha scritto:
Qualsiasi libro sul Cardinale Martini è dottrina pura, in quanto il soggetto stesso è esempio santo di vita consacrata, ma anche di vita umana come amico di Dio.