Il volume raccoglie le meditazioni che Divo Barsotti propose alla sua Comunità presso il Cenobio di Camaldoli dal 5 al 16 agosto 1962, in occasione del corso di esercizi spirituali che ogni anno vedeva radunati tutti i suoi membri. Un'opera in cui si coglie la grande capacità di don Barsotti di assimilare e rielaborare personalmente la lezione dei grandi maestri di spirito, dei Dottori, della grande tradizione patristica di Oriente e Occidente. La vita cristiana è accogliere il Verbo, è aprirsi al Verbo, che si dona per trasformare l'anima in unità di amore, per unirla con sé al Padre. Il mistero del cristianesimo è mistero di unità. Chi è nel Cristo è nell'unità. Barsotti invita a riscoprire l'essenziale della vita cristiana: andare al Padre, per mezzo del Figlio, nello Spirito che ha effuso nei nostri cuori.
PREFAZIONE
di Diego Maria Pancaldo
Il Signore è uno, pubblicato per la prima volta nel 1965 per i tipi della Morcelliana di Brescia e riedito nel 1991 a Caltanissetta dalle Edizioni del Seminario, è un libro composto da diciotto meditazioni in cui viene delineato un cammino di trasformazione spirituale per l'uomo chiamato a vivere in pienezza la vita in Cristo. Si tratta delle meditazioni che Divo Barsotti propose alla sua Comunità presso il Cenobio di Camaldoli dal 5 al 16 agosto 1962, in occasione del corso di esercizi spirituali che ogni anno vedeva radunati tutti i suoi membri. È un testo dove emerge una profonda dottrina spirituale strettamente ancorata al dogma, così da costituirne "il risvolto soggettivo"; un'opera in cui si coglie la grande capacità di don Barsotti di assimilare e rielaborare personalmente la lezione dei grandi maestri di spirito, dei Dottori, della grande tradizione patristica di Oriente e Occidente. Vi emerge soprattutto il carattere di testimonianza proprio degli scritti di Don Divo, «l'invito ad una comunione sempre più viva e sempre più vera con Dio».
Il punto di partenza di questo itinerario di trasformazione in Dio, di progressiva assimilazione e unione con Lui, è l'avvenimento dell'Incarnazione del Verbo che permette di superare la distanza tra Creatore e creatura, di stabilire un'unità che è comunione, essere uno di due, non assimilazione o negazione dell'altro. Vengono così superate le contraddizioni in cui vanno a imbattersi le esperienze spirituali più elevate al di fuori del cristianesimo, a cui Barsotti si mostra particolarmente attento'. «È con l'Incarnazione che Dio da Se stesso si proclama Uno, e si fa realmente presente senza distruggere la creazione, anzi, assumendola in Sé nell'unione ipostatica» (1.a meditazione). L'uomo viene così reso partecipe della vita divina, dell'amore trinitario. Risulta evidente che l'evento dell'Incarnazione rappresenta «il perno dell'esperienza cristiana e dell'intelligenza mistica di Barsotti». L'unità che viene così «cristologicamente sviscerata è per sé originariamente unicità insieme e alterità».
Alla luce del mistero della Trinità, a cui nel libro è dedicata la penultima meditazione, «Dio è l'Unico, ma non è solo»'. In Cristo egli si è unito realmente ad ogni uomo, cosicché attraverso l'umanità di Cristo — scrive Barsotti — «siamo trascinati nel seno del Padre». La vocazione dell'uomo consiste pertanto nel proclamare con tutta la propria vita l'unicità di Dio attraverso un processo di trasfigurazione nella carità.
Il libro descrive proprio questo cammino che conduce l'uomo a diventare pura trasparenza di Dio attraverso un amore «totale» ed «esclusivo» che lo consuma, facendolo morire a se stesso. Ciò richiede innanzitutto una disponibilità all'ascolto, un attenzione amorosa, una recettività che presuppone il riconoscimento dell'iniziativa di Dio: «Ascoltare Dio - afferma Barsotti - è accogliere un infinito amore» (2.a meditazione).
Richiede inoltre una fede viva, definita «virtù trasformante» (3.a meditazione), che dona all'uomo una conoscenza oscura ma certa di Dio, aprendolo alla contemplazione. Una fede viva e inscindibile dall'amore che sollecita l'uomo a un «sempre di più» nel dono di sé, ad una piena consegna della propria vita a Dio. La crescita continua nella carità conduce a una identificazione con Cristo: «Tu devi divenire il Cristo anzi, Dio», afferma lapidariamente Barsotti (4.a meditazione). L'amore, che informa tutte le virtù, ci unisce a Dio, operando una purificazione e l'unificazione nella vita dell'uomo. Ma la capacità di amare richiede una semplicità di cuore che renda l'uomo libero dal proprio attaccamento a se stesso, da quelle passioni negative che lo rendono prigioniero del proprio io.
Per Barsotti la puritas cordis di cui parla la tradizione spirituale si identifica con l'amore stesso e si attua quanto più l'uomo vive alla divina Presenza, quanto più si lascia invadere da quella luce inesorabile che «ci purifica e lentamente ci spoglia, ci fa trasparenti, ci dona quella purezza che ci fa vivere già, nella vita presente, se non ancora la beatitudine dei santi, una certa anticipazione del Cielo» (5.a meditazione). I1 cammino di purificazione richiede all'uomo la fatica dell'ascesi (6.a meditazione), una mortificazione delle radici negative del proprio egoismo che non soffoca l'uomo, ma lo apre alla libertà spirituale. Richiede inoltre l'abnegazione di sé (7.a meditazione), una volontà decisa di rompere con il peccato, un pentimento sincero che giunge fino alla compunzione del cuore, al battesimo delle lacrime (8.a meditazione). Attraverso questo cammino di trasformazione che deve essere «estrema, ma graduale», l'uomo diventa così capace di volgersi a Dio nell'amore e di vivere la propria esistenza come una risposta d'amore all'Amore (9.a meditazione).
L'attrattiva di Dio, la divina bellezza, strappa l'uomo a se stesso, al proprio riduttivo modo di amare. In tale orizzonte si comprende l'importanza dei consigli evangelici di povertà, castità e obbedienza, che divengono nell'uomo «frutto» e «condizione per una maggiore intimità col Signore». Se la povertà implica lo spogliarsi di beni esteriori ed interiori, uno svuotarsi di tutto, anche di se stessi, è perché l'uomo si lasci sempre più riempire da Dio, diventandone così il «portatore» (10.a meditazione). Analogamente la castità cristianamente intesa non può che significare «brama viva di Dio», «segno di amore», uno sradicarsi dell'uomo da se stesso «per divenire tutto un dono di amore». Essa si impara nella «scuola ordinaria» del matrimonio; si vive nella verginità per íl Regno che suppone un carisma e significa «consenso all'amore divino», «abbandono al Suo amore geloso che già vuol possedere tutto l'uomo per Sé», «un vivere aldilà della morte», un essere introdotti «nel giardino sacro dell'intimità di Dio». È anticipazione della vita del Cielo (11.a meditazione).
I consigli evangelici consentono all'uomo di lasciare spazio a Dio e conducono ad una totale nudità di spirito, poiché «se Dio è l'Unico, Egli non può trovarsi in te finché in te non è solo» (12.a meditazione). L'uomo è chiamato dunque a «discendere» nel proprio «nulla», a vivere il cammino dell'umiltà per diventare «puro strumento nelle mani di Dio». Umiltà e amore rappresentano i due aspetti fondamentali della santità a cui l'uomo è chiamato. Guardando a Cristo, alla sua kénosis, immedesimandosi in Cristo la cui obbedienza al Padre è incarnazione di amore, l'uomo è chiamato a lasciarsi possedere da Dio, dal momento che l'essere creato non è impenetrabile a Dio: «Se viviamo davvero in umiltà perfetta — scrive Barsotti lo conosceremo come Dio [...]. L'essere creato non si oppone a Dio, non si aggiunge a Dio: Dio solo è» (12.a meditazione).
Il cammino della purificazione orienta l'uomo ad una partecipazione piena alla vita di Cristo, fino alla morte di croce. Per questo occorre tenere fisso lo sguardo su di Lui, che non solo è «causa esemplare della nostra santità», ma «ne è la causa efficiente». L'obbedienza di Cristo al Padre fa comprendere come realmente la creatura sí offra a Dio rinunciando ad ogni volontà propria, si renda conforme alla volontà dí Dio fino al pieno abbandono. E un morire per risorgere, per diventare viventi in Cristo: «Nell'atto della morte di croce — scrive Barsotti —, come tutta l'ascesi ha il suo compimento perfetto e immutabile, così la natura umana trova per l'eternità la perfezione suprema dell'amore. [...] La proclamazione dell'Unità può essere fatta dall'uomo solo nell'atto in cui egli consente di morire a se stesso per far posto in se stesso a Dio» (13.a meditazione). Ciò non avviene senza la mediazione della Chiesa.
Più volte Barsotti ricorda la necessità dell'obbedienza ecclesiale, la docilità a chi nella Chiesa esercita l'autorità. E un tema che percorre tutto il libro fin dalla prima meditazione, laddove si afferma che «quando Cristo vive pienamente nell'anima dell'uomo [...] ogni tensione tra carisma e Magistero, fra autorità visibile e autorità interiore della Parola è superata». Per Barsotti «l'esercizio dell'autorità e dell'obbedienza nella Chiesa è così come un sacramento» (14.a meditazione).
In Maria si rende evidente il compiersi della vocazione dell'uomo, così come l'immagine perfetta della Chiesa. Ella è «intima a tutte le anime» e «in sé tutte le abbraccia». La sua vicinanza a Dio la rende prossima ad ogni uomo. In lei, assunta in Cielo, comprendiamo il nostro destino, la meta conclusiva del nostro cammino:
È così che l'uomo proclama la divina unità, «proprio in quanto è nel Cristo, in quanto è Cristo stesso che in lui vive e ama» (16.a meditazione). In Cristo egli partecipa a quella vita divina nella quale le Persone «sono l'una all'altra rapporto totale di amore». Il comandamento di amare Dio significa allora «non vivere "un nostro" amore, ma partecipare all'amore stesso di Dio», quello che intercorre tra il Padre e il Figlio nello Spirito. Così, divenendo Dio tutto in tutti, «Lui solo noi riveliamo, Lui che amiamo: l'Unico e il Tutto» (17.a meditazione). Barsotti conclude affermando che «se il Signore veramente è il tuo Dio, il Signore è Uno». Attraverso la vita dell'uomo trasfigurato la divina Presenza «si effonde per traboccare nel mondo» (18.a meditazione), facendo dell'uomo un testimone, un apostolo, un essere che irradia lo splendore di Dio.
ESTRATTO DAL PRIMO CAPITOLO
«IL SIGNORE È UNO»
«Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio,
il Signore è uno solo.
Tu amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore,
con tutta l'anima e con tutte le forze» (Dt 6,4-5).
«Amerai il tuo prossimo come te stesso» (Lv 19,18).
«Questi precetti che oggi tí do, ti stiano fissi nel cuore.
Li ripeterai ai tuoi figli,
ne parlerai quando sarai seduto in casa tua,
quando camminerai per via,
quando ti coricherai e quando ti alzerai.
Te li legherai alla mano come un segno,
ti saranno come un pendaglio tra gli occhi
e li scriverai sugli stipiti della tua casa
e sulle tue porte» (Dt 6,6-9).
ASCOLTA
La preghiera d'Israele è un richiamo ad ascoltare. QUello che l'anima ascolta è la vocazione dell'Unità di Dio, la proclamazione di Dio Uno. Questa proclamazione di Dio vocazione dell'uomo che ascolta e l'uomo stesso deve in qualche modo realizzarla attraverso il processo di una carità perfetta. E la realizzazione di questa Unità di Dio, attraverso la carità, impegna l'anima così che nessuna attività e nessun tempo lascia libero dalla sua iniziativa. Qui è tutto lo Sema.