Anglicani e cattolici «... con Maria la madre di Gesù» (AT I, 14). Saggio di mariologia ecumenica
(Alma Mater)EAN 9788821565311
I problemi che la mariologia pone in campo ecumenico sono abbastanza conosciuti, meno noti sono invece gli elementi di comunione che, se studiati attentamente, potrebbero portare a uscire dal luogo comune di considerare la figura di Maria un “ostacolo” alla causa dell’unità dei cristiani. Lo notava Paolo VI nella Marialis cultus, dicendo che «una migliore comprensione del posto di Maria nel mistero di Cristo e della Chiesa, anche da parte dei fratelli separati, rende più spedito il cammino verso l’incontro» (n. 33).
Il pontefice inseriva nell’Esortazione apostolica un accenno all’anglicanesimo, riconoscendo che i suoi «teologi classici già misero in luce la solida base scritturistica del culto alla Madre di nostro Signore», mentre i suoi contemporanei «sottolineano maggiormente l’importanza del posto che Maria occupa nella vita cristiana». Un apprezzamento sincero, ma che storicamente esige di essere contestualizzato in quanto è anche vero che il rapporto tra teologia anglicana e mariologia non è stato dei più semplici. Chi vuole approfondire la questione troverà nel libro di Perrella un vasto materiale, disposto con ordine, in una cornice che disegna pure un quadro sufficientemente aggiornato del cammino ecumenico.
Già autore di altri saggi di mariologia e di mariologia ecumenica, il professore del Marianum confessa di aver intrapreso il suo presente lavoro in seguito alla Dichiarazione anglicano-cattolica su Maria: grazia e speranza in Cristo (Mary: Grace and Hope in Christ) (2 febbraio 2004), giudicato «un documento-studio veramente eccellente» che lo ha obbligato «con piacere a “ritornare” sul sentiero giù percorso, ma evidentemente non in maniera esaustiva, della mariologia ecumenica, specialmente in ascolto e dialogo con la Chiesa anglicana» (p. 21). Il documento congiunto, chiamato anche Dichiarazione di Seattle dal nome della città statunitense in cui si è conclusa la sua redazione, attende ancora l’approvazione ufficiale da parte dei responsabili delle due realtà ecclesiali, ma da molti è già stato definito “storico”. Frutto di cinque anni di lavoro, esso è capitato in circostanze non proprio favorevoli al dialogo anglicano-cattolico, per gli episodi riguardanti la decisione di alcune province anglicane di ammettere al ministero ordinato le donne, di procedere all’ordinazione di vescovi dichiaratamente omosessuali e di introdurre un rituale di benedizione per coppie appartenenti allo stesso sesso. Vicende che, oltre a produrre divisioni interne, nel 2003 avevano portato alla sospensione dello Iarccum (International Anglican – Roman Catholic Commission for Unity and Mission), organismo creato nel 2001 nell’intento di promuovere più strette relazioni tra le due tradizioni.
Benché queste scelte abbiano complicato il cammino, il dialogo non si è interrotto e gli animi hanno potuto ritrovare una certa pacificazione in questa Dichiarazione, apprezzata da entrambe le parti, prova che una mariologia produttiva riesce a unire più di altri argomenti. Lo scopo dell’opera del Perrella è di «proporre principalmente, dopo una contestualizzazione storico-culturale, teologica e mariologica, una lettura, soprattutto “dal punto di vista cattolico”, e in vista di una “ri-ricezione cattolica”, del documento Maria: grazia e speranza in Cristo» (p. 24). Il volume è diviso in tre parti: la prima, intitolata L’ecumenismo, le Chiese, il mondo, la Madre del Signore, comprende due capitoli che danno uno status quaestionis del lavoro ecumenico e dei progressi in esso compiuti. Punto di svolta è l’insegnamento del Vaticano II, non solo nell’Unitatis redintegratio ma in tutti i suoi documenti, tanto da far parlare di «un’ermeneutica ecumenica del concilio». La priorità di una seria responsabilità verso la ricerca dell’unità deriva anche dall’attuale contesto sociale e culturale, che l’autore tratteggia in alcune linee efficaci, mostrando come il mondo esiga dalla Chiesa un servizio di pace che si traduce nel «tornare a essere riuniti in Cristo e nei grandi temi della fede e della “Chiesa una”». Il secondo capitolo sintetizza il cammino ecumenico sulla questione mariologica. Perrella giudica i risultati con «atteggiamento di ottimismo», ritenendo che il progresso del dialogo interconfessionale sulla Vergine «in diversi casi è divenuto una realtà concreta e feconda, anche se esige di essere ben contestualizzato al suo interno» (p. 69).
I passi compiuti portano comunque a ritenere che, dall’essere una questione contesa, nella dottrina su Maria si è passati all’esigenza di comparare le proprie posizioni per giungere a formulare un «siamo d’accordo» su vari elementi. Ciò non elimina i nodi che attendono di essere sciolti, costituiti soprattutto dai dogmi mariani dell’Immacolata concezione (1854) e dell’Assunzione (1950), che appaiono una prerogativa tutta cattolica, mentre per gli altri temi si deve distinguere tra le diverse confessioni con un maggior ravvicinamento da parte degli ortodossi e degli anglicani. La seconda parte è centrale nell’economia del volume. Il capitolo terzo traccia i tratti salienti della comunione anglicana dagli inizi ai nostri giorni, mentre il quarto, il più lungo e di maggior interesse, si concentra sul documento di Seattle, introdotto come «il primo documento interecclesiale che ha affrontato con profondità e ampiezza il “nodo” mariologico/ mariano» (p. 119). Perrella ce ne dà la struttura e la metodologia, quest’ultima riassunta nelle due nozioni chiave della consonanza (ciò che finora si è condiviso) e della ri-ricezione, cioè «il processo ecclesiale di rilettura e di rinnovata assunzione di quegli elementi dimenticati, trascurati o deformati della Scrittura e della Tradizione» (p. 125).
Segue l’analisi del testo che viene svolta in maniera particolareggiata, non limitandosi a un semplice commento ma aprendo la riflessione a un’ampiezza che permette di avere il quadro teologico-ecumenico dei diversi temi trattati. Da rilevare la documentazione, testimoniata da un numero elevato di note minuziose che offrono chiarimenti, bibliografia e piste di ricerca. Per comodità del lettore riporto i titoli delle quattro sezioni della Dichiarazione: Maria secondo le Scritture (nn. 6-30), Maria nella tradizione cristiana (nn. 31-51), Maria secondo il modello della grazia e della speranza (nn. 52-63), Maria nella vita della Chiesa (nn. 64-75). Il cuore della Dichiarazione è reso dal collegamento tra i due termini del titolo: la grazia e la speranza, categorie essenziali per la teologia cristiana che strutturano la storia della salvezza e che sintetizzano il ruolo in essa ricoperto da Maria. La «piena di grazia» (Lc 1,28) proclama il primato divino e, attraverso il suo fiat, indica alla libertà umana il percorso della fede con cui rispondere a un progetto salvifico che è oggetto del nostro desiderio e motivo della nostra speranza. Molto curata è la parte biblica, tanto che «si fa veramente fatica a distinguere la proposta esegetico-mariana della Dichiarazione di Seattle da una teologia biblica di matrice cattolica» (p. 148).
Oltre ai testi classici si nota l’intenzione di seguire un percorso inedito che privilegia la pista paolina. Testo ispiratore è infatti Rm 8,30 che, in quanto scritto per ogni credente, è applicato alla Madre del Signore. Esso permette di tracciare un percorso che va dall’escatologia alla protologia, facendo di Maria il prototipo della vocazione umana ed ecclesiale. Utilizzando questo paradigma (pattern) il documento affronta i due principali ostacoli al dialogo, costituiti dai dogmi dell’Immacolata concezione e dell’Assunzione. Su di essi si formula una vera e propria riricezione ritenendo che «anglicani e cattolici insieme possono affermare che il loro contenuto “non è contrario all’insegnamento della Scrittura”» (p. 201). Per il Perrella si tratta di uno degli apporti più innovativi della Dichiarazione, perché riesce a dare una fondazione biblica ai dogmi in questione. L’autore non si limita, però, agli elogi e rileva punti deboli, esitazioni, persino delusioni. Di fatto resta aperta la questione spinosa della recezione giuridico-disciplinare dei due dogmi che per la Chiesa cattolica risultano definiti e dunque vincolanti. Ciò dà al Perrella la possibilità di riflettere su temi caldi del dialogo ecumenico come il magistero papale, la questione dell’infallibilità, lo sviluppo del dogma. Tra le altre questioni “dimenticate” o inadeguatamente affrontate c’è quella sulla cooperazione mariana. La terza parte del volume, coincidente con il capitolo quinto, sviluppa un bilancio conclusivo e dà all’autore la possibilità di comporre un suo personale contributo alla causa ecumenica in tema di mariologia. Riguardo al primo aspetto si suggerisce di vedere il documento di Seattle come l’ultimo anello di una catena dove si prende sempre più coscienza che la Madre del Signore è una verità non separante, che lei «non può più essere considerata mater divisionis, ma in Cristo, nello Spirito e nell’unica Chiesa, mater unitatis» (p. 301).
Il raggiungimento di una tale convergenza non è ottenuto senza sforzi e permette di apprezzare maggiormente il lavoro intenso che, si può immaginarlo, c’è dietro ogni dialogo ecumenico. Il problema è il passaggio dai dialoghi ufficiali alla fede del popolo di Dio in modo da far uscire i documenti ecumenici da un isolamento elitario, che rischia di renderli un affare per specialisti, e di dare una concretezza non solo teologica ma anche giuridica ai risultati raggiunti. La proposta del Perrella è di stringere, alla luce del mistero pasquale, il sensus fidelium al magistero, in modo da superare la visione dualista e comprendere in che misura essi sono uno al servizio dell’altro. In conclusione per chi conosce anche solo sommariamente la vicenda anglicana della mariologia, non si può che sottolineare l’importanza del documento di Seattle, definendolo, senza esagerazioni, una pietra miliare che segnerà un punto fermo e forse di non ritorno su una dottrina mariana che ha conosciuto una storia altalenante. All’autore di questo saggio va il merito di avercelo fatto scoprire mostrando come allo stato attuale gli atteggiamenti anglicani e cattolici verso la Madre di Dio non sono poi così distanti.
Sul piano metodologico si è notato il profondo intreccio tra la questione mariana e gli altri grandi temi della tradizione cristiana, provando che, pur non occupando il “centro” nella gerarchia della verità, la riflessione sulla Madre del Signore rappresenta un caso singolare dello sviluppo dottrinale. Si è inoltre mostrato come ostacoli che sembravano insuperabili possono essere appianati attraverso il dialogo, mantenendo il rigore teologico e senza cedere a falsi irenismi. Tutto ciò in vista di un accordo che, si spera, segni una vera e propria conversione ecumenica su altri temi sospesi.
Tratto dalla rivista Lateranum n. 3/2011
(http://www.pul.it)
In questo saggio di mariologia ecumenica, il servita napoletano Salvatore Maria Perrella analizza la cosiddetta “Dichiarazione di Seattle” (Maria: grazia e speranza in Cristo), pubblicata il 2 febbraio 2004 dalla Commissione internazionale anglicano-cattolica romana (ARCIC). È l’ultima delle proposte che, in sede ecumenica, sono state offerte circa il dialogo sulla Vergine, che non può essere considerata come “la causa” della divisione dei cristiani – in questo caso tra il cattolicesimo e l’anglicanesimo – ma, piuttosto, come il luogo privilegiato o la via “esemplare” da seguire nel cammino verso la “comunione piena” tra le Chiese, visto che ella è stata donata dal Figlio morente sulla croce come nostra Madre (cf. Gv 19,26). Per questo motivo, accogliere Maria significa accogliere nella propria fede credente Gesù Cristo, unico mediatore.
Il volume è introdotto da una prefazione (pp. 5-14) dell’allora arcivescovo Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, oggi cardinale, il quale sintetizza molto bene i valori del saggio: «informazione esauriente, disponibilità al dibattito e valutazione equilibrata sono le note più rilevanti di questo ampio commento teologico di padre Salvatore Maria Perrella, per cui il suo studio rigoroso, documentato e appassionato merita sicura attenzione e meditata lettura» (p. 14). Segue una breve introduzione dell’autore (pp. 15-25).
Il saggio è suddiviso in cinque capitoli che compongono tre parti. Una prima parte analizza i risultati del dialogo ecumenico su Maria (introdotta da un capitolo sul ruolo del movimento ecumenico nel contesto attuale). Nella seconda parte è commentata la dichiarazione di Seattle (anche in questo caso dopo un capitolo più generale sulla storia della Chiesa anglicana fino a oggi). Nella terza e ultima parte sono indicate le prospettive nuove che il documento ecumenico potrebbe avviare nella vita delle Chiese.
L’autore introduce ogni momento della ricerca con una riflessione sul contesto nel quale essa ha origine. Il primo capitolo (pp. 29-65), pertanto, analizza i lavori del movimento ecumenico all’interno delle principali sfide della postmodernità, segnata, tra l’altro, dal prevalere la cultura e la società “liquide” (secondo la terminologia del sociologo Zygmunt Bauman): in questo caso l’ecumenismo assume la missione di proporre cammini forti verso la realizzazione di nuovi legami tra le Chiese, ponendosi come modelle per tutte le altre forme di dialogo, in cui prevalgano l’amore, la pace e la speranza. Nel secondo capitolo (pp. 66-95), quindi, sono elencati e commentati i principali dialoghi ecumenici sulle questioni mariane controverse cristiani, tra i quali, in particolare, la dichiarazione comune cattolico-luterana degli USA su L’unico mediatore, Maria e i santi, del 1990, e il testo del Gruppo di Dombes, intitolato Maria nel disegno di Dio e nella comunione dei santi, del 1998. Tutti questi documenti affrontano con coraggio e serenità le notevoli questioni ancora irrisolte, in particolare sulla verginità perpetua, sull’immacolata conce- zione, sull’assunzione, sulla mediazione e sull’invocazione della Vergine, anche se permane il problema di quella che Perrella chiama la «recezione debole» (p. 72) dei passi avanti conseguiti con i dialoghi all’interno delle istituzioni ufficiali delle diverse chiese, oltre che tra i fedeli.
Anche il terzo capitolo (pp. 97-115), che introduce la seconda parte, descrive il contesto nel quale è sorta, più specificamente, la dichiarazione di Seattle, attraverso una disamina delle tappe della storia dell’anglicanesimo e del dialogo cattolico-anglicano: su questo fronte Perrella sottolinea il ruolo svolto dall’anglicano Eric L. Mascall nell’epoca anteriore al Concilio Vaticano II nella direzione dell’avvicinamento della chiesa sorta dall’Atto di supremazia di Enrico VIII alle posizioni mariane cattoliche e ortodosse.
Nel quarto capitolo (pp. 116-295), finalmente, il mariologo si ferma a commentare il documento dell’ARCIC del 2004: esso è composto, dopo l’introduzione (nn. 1-5), da un’ampia sezione biblica (Maria secondo le Scritture: nn. 6-30), da una parte storica (Maria nella tradizione cristiana: nn. 31-51), da una più dottrinale (Maria secondo il modello della grazia e della speranza: nn. 52-63) e da una più legata all’esperienza dei fedeli (Maria nella fede della chiesa: nn. 64-75), oltre alla conclusione (nn. 76-80).
Il quinto e ultimo capitolo (pp. 297-372), coincidente con la terza parte del volume, propone una valutazione critica del documento anglicano-cattolico e, soprattutto, una riflessione sulle prospettive future dell’ecumenismo mariano.
Convinto del fatto che il periodo delle aspre polemiche e delle accese controversie sia oramai terminato, Perrella ritiene che l’ecumenismo di oggi intenda impegnare totalmente individui e comunità nel grande ideale di «vivere secondo la verità nella carità» (Ef 4,15). Richiamando il Vaticano II, egli sostiene l’esigenza che l’ecumenismo abbia, innanzi tutto, un carattere spirituale, finalizzato alla conversione di ciascuno a Cristo e alla “sua” chiesa, mediante la preghiera, la purificazione della memoria e dello spirito, la rinuncia ai pregiudizi, al proselitismo e agli egoismi piccoli e grandi; un carattere ideologico-teologico, che si deve manifestare nel dialogo e nella conoscenza fraterna reciproca; e, infine, un carattere operativo, che può e deve dar luogo alle forme più diverse di cooperazione tra persone, gruppi e intere comunità ecclesiali. Tale compito coinvolge particolarmente anche il delicato settore della mariologia e della prassi mariana in seno alle chiese e comunità cristiane.
Nell’inquadrare la presenza della Madre del Signore nel cammino ecumenico, Perrella riconosce che gli studi che si sono delineati in ambito mariologico anche al seguito del de Beata conciliare riflettono le medesime connotazioni degli altri ambiti conciliari: biblico, trinitario-cristocentrico, pneumatologico, ecclesiologico, antropologico, simbolico, ecumenico, interreligioso. La ricerca, quando è condotta con rigore ed è animata dal sensus fidei et ecclesiæ, non può non aprire spiragli ulteriori e illuminare un cammino del resto già percorso in due millenni da innumerevoli fratelli e sorelle nella fede. Dal punto di vista squisitamente ecumenico, il nostro tempo è, quindi, testimone di questo passaggio dall’occultamento al risveglio, dal risveglio all’accoglienza: un’accoglienza che predilige leggere Maria soprattutto in termini di esemplarità, una chiave di lettura del modo in cui l’uomo Dio si pone al cospetto dell’uomo e del modo in cui l’uomo si pone al cospetto di Dio in Cristo; in altre parole, nella chiave di lettura della grazia e della fede. Questo è l’approccio contemporaneo del protestantesimo a Maria, un vissuto che non teme di farsi riflessione (cf. pp. 66-67).
Nell’epilogo del saggio è espresso un ardente auspicio volto a rivalutare il ruolo della Vergine nelle diverse Chiese: un cercare intensamente e quotidianamente il Dio sempre vicino sulle orme di Maria, la madre di Gesù, deve divenire passione, impegno, servizio e testimonianza delle Chiese e delle comunità che hanno in Gesù Cristo la via che conduce al Padre degli inizi (protologia) e della fine (escatologia), divenendo così segno speranza per la vita eterna.
La realizzazione di una “mariologia ecumenica” – come in particolare quella espressa nel documento dell’ARCIC –, che è stata preparata dal lavoro paziente e propositivo dei teologi e perseguita in incontri, colloqui e documenti comuni delle varie chiese e confessioni cristiane, è ormai realtà: la pubblicazione di questo pregevole saggio scritto con grande maestria da padre Perrella ne è una prova, oltre che uno stimolo a proseguire su questa strada.
Tratto dalla rivista "Aprenas" n. 1-2/2011
(http://www.pftim.it)
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