Opera ormai classica della spiritualità moderna, il cui autore ha avuto un influsso enorme nella comunità ecclesiale e nell'ambito dei rapporti con le altre religioni
PRESENTAZIONE
di LUIGI BORRIELLO
A padre Charles de Foucauld (1858-1916), vissuto nella solitudine del deserto del Sahara servendo i poveri e gli abbandonati per ben quindici anni all'inizio di questo secolo, si richiamano oggi, quale a loro ispiratore, cinque Congregazioni religiose, tre Associazioni di perfezione, una Pia Unione, tre Associazioni di amicizia e di vita spirituale, più l'Istituto Famiglia di Nazareth.
Fratel Carlo di Gesù - come amava essere chiamato - ha lasciato più di diecimila pagine manoscritte (meditazioni, ritiri, corrispondenza...), non destinate alla pubblicazione. La presente Antologia, curata da Denise Barrat, si propone di farci leggere gli scritti spirituali più significativi di questo «fratello universale», seguendo più o meno la sua evoluzione storico-spirituale. Da questa marea di scritti sono stati scelti i testi che meglio presentano la figura di fratel Carlo e che più nettamente lasciano assaporare la sua testimonianza di vita dedita agli altri nello slancio di una carità senza limiti. Essi ci lasciano intravedere, quasi in filigrana, il volto genuino dell'uomo di Dio che, libero da ogni egoismo, è capace di navigare nel mistero divino o, per dirla con altre parole, nell'amatissima volontà di Dio, con tutto se stesso, pertanto capace di trasmetterci il messaggio della sua vita nascosta.
Quest'uomo, la cui vita è stata una continua ricerca dell'assoluto di Dio, è uno dei maestri della spiritualità contemporanea, capace di segnare la via di un'epoca. C'è una tale carica profetica in questo mistico dei nostri tempi, vissuto nell'oscurità e nel deserto, da renderlo una voce autorevole per l'uomo d'oggi. Il suo carisma di neoprofeta fa testo; la sua vita, apparentemente sterile, ma in realtà pregna d'un profondo senso di Dio, scuote l'uomo d'oggi per introdurlo, sulle sue orme,nel mistero di Dio.
INTRODUZIONE
di FR. MILAD AISSA
Charles de Foucauld ha scritto molto, e René Bazin, curatore della prima raccolta dei suoi Écrits spirituels, ha osservato con ragione come sia impossibile stampare integralmente tutti i testi, la maggior parte dei quali non era destinata alla pubblicazione. Per fare, allora, una scelta occorrevano molto discernimento e rispetto, affinché ne risultassero fedelmente le linee di questa virile personalità, tali e quali ce le rivelano la sua vita e la sua morte.
Ancor prima d'essere «afferrato dal Signore», Charles de Foucauld mette in luce un elemento dominante del suo carattere: nella vita ordinaria e monotona degli uomini comuni, egli è un mediocre; nella prova, invece, ha una volontà di ferro, una forza di resistenza e una costanza nel lavoro senza eguali. E un capo, un uomo d'azione, un pioniere, e anche un lavoratore accanito, un osservatore e un disegnatore di schizzi esatto fin nei particolari. Sottraendosi alla banalità d'una vita piatta, egli sceglie il difficile, il «non ancora fatto», e non per il gusto dell'avventura, ma perché vuoi compiere qualcosa di grande e di utile, fosse pure a prezzo della vita.
Appena conosce il Signore, vuol seguirlo, e senza tardare, «quanto più da vicino gli è possibile». Parte per la Trappa, ma non vi trova quella perfetta imitazione di Gesù che
va cercando. Si reca allora a Nazareth, dove visse Gesù, per camminare sulle sue stesse orme. Pensa di stabilirsi là e di vivere in Terra Santa in adorazione continua. Deve però partire per il deserto, come il buon Pastore, «alla ricerca delle novantanove pecore smarrite». E dovrà anche dare la sua vita, «senz'ombra di difesa, come l'Agnello divino» .
Dal punto di vista spirituale si potrebbero distinguere nella vita di fratel Carlo di Gesù due periodi: il primo dopo la sua conversione - dalla Trappa a Nazareth; il secondo nel deserto del Sahara, da Beni-Abbès a Tamanrasset. I suoi scritti ci permettono d'individuare le caratteristiche particolari di questi due periodi.
Nella Trappa Charles de Foucauld comincia a conoscere e ad amare il Signore, a lodarlo e a servirlo, a seguirlo secondo le leggi e le tradizioni monastiche. Da principio vi si sente molto felice; in seguito nasce in lui il desiderio d'una vita semplificata, ridotta all'essenziale, com'egli scopre che fu la vita di Gesù a Nazareth: povertà, penitenza, abiezione, preghiera, adorazione. Quando alla fine riesce a condurre così, a Nazareth, la sua esistenza, lo fa con un abbandono senza misura.
È a questo periodo che risale la maggior parte dei suoi scritti spirituali. Sono soprattutto meditazioni, per lo più su testi evangelici, appunti di ritiri e considerazioni di vario genere. In questi scritti egli si propone talvolta di fare del bene, ma abitualmente scrive per se stesso,per aiutare la sua preghiera, per conservarsi nel fervore, per darsi forza nel seguire il Signore in una via che scopre sempre più difficile. Sotto questo as petto, essi ci aiutano molto a conoscere il suo metodo. Tutto è disposto in modo tale da mantenere la volontà in un atteggiamento di fedeltà coraggiosa. Soprattutto a Nazareth, quando da solo si dà alla preghiera per lunghe ore del giorno e della notte ha bisogno dell'aiuto della penna. Le sue adorazioni prolungate non sempre erano facili e dolci; e se ebbe ore di consolazione, ne ebbe molte di più in cui soltanto la volontà era all'opera. Da ciò l'abbondanza di questi scritti, che per lo più non vanno oltre il periodo di Nazareth.
Nel leggerli, anziché attardarsi sulle effusioni cento volte ripetute o ricercare l'obiettività delle meditazioni evangeliche, bisogna piuttosto porgere ascolto al suono chiaro e forte della sua anima, che vuole amare ad ogni costo e con tutta l'intensità possibile il «beneamato Fratello e Signore Gesù». Le effusioni sono soltanto sentimenti, soltanto desideri, che tendono l'arco della sua volontà e le fanno raggiungere quella perfetta imitazione di Gesù che egli ricerca in ogni suo atto.
E possibile, sulla base di questi scritti, tentare un'analisi della sua preghiera. Il fondamento di essa è la fede nella presenza di Gesù nell'eucaristia. Presenza ch'egli traspone e immagina nella vita della santa Famiglia a Nazareth in modo così profondo che la sua preghiera è di stare insieme a Gesù, di parlargli, di pensare a lui, di amarlo, in una parola di vivere con lui. Anche ciò ch'egli chiama adorazione è più un atto d'amore che un atto di conoscenza. Così, per ore intere, egli esprime in mille modi il suo amore appassionato, ripetendo incessantemente ciò che sente dentro o che vorrebbe sentire, e quando le parole non hanno più sapore e dall'anima non affiora più niente, egli rimane là accanto a Gesù, volontariamente incatenato a questa presenza nel santissimo sacramento. Da questa preghiera completamente unificata proviene un'unione costante con Gesù, per amore del quale - e perché Gesù stesso le ha fatte - egli fa tutte le cose. Un tale atteggiamento interiore risulta anche dalle risoluzioni che fratel Carlo prende durante i ritiri e dalle Regole nelle quali descrive l'ideale che vuol seguire egli stesso e far seguire ai suoi discepoli.
Quell'elevazione verso le altezze sia umane che divine dello spirito quale si avverte nei mistici che hanno tentato di esprimere le loro esperienze di conoscenza e di amor di Dio, non la si ritrova leggendo gli scritti di fratel Carlo. Egli aveva tre autori preferiti, a cui tornava continuamente: santa Teresa d'Avila, san Giovanni della Croce e san Giovanni Crisostomo. Non risulta ch'egli abbia seguito i maestri del Carmelo nella loro via mistica di esperienza dell'unione divina. Però da santa Teresa d'Avila ha appreso l'amore appassionato per il Signore e da san Giovanni della Croce il senso della rinuncia totale e la fede nell'efficacia della croce. Forse egli è stato ancora più colpito dal realismo e dalla forza dell'imitazione evangelica di Gesù che si scopre nei sermoni di san Giovanni Crisostomo sul Vangelo. Charles de Foucauld è un uomo d'azione, e finché non realizza il suo spirito è inquieto. Nella conoscenza egli non trova riposo, anche se è una conoscenza pregna d'amore. Per raggiungere la pace deve agire, e agire in modo tale che la sua azione sia insieme imitazione fedele di Gesù e perdita di sé nel Beneamato.
Nel secondo periodo, quello del deserto, si hanno poche meditazioni ma molte lettere, sempre più numerose, nelle quali, a seconda dei destinatari, egli esprime i suoi pensieri e i suoi sentimenti, i suoi desideri e i suoi progetti. In quanto alle note del suo diario, esse diventano via via più sobrie.
Quale fu il cammino spirituale percorso da fratel Carlo di Gesù durante i quindici anni di vita nel deserto?
I mistici, i maestri spirituali, le grandi tradizioni monastiche ci hanno abituati a concepire il contemplativo, il monaco, come un uomo immobile e solo, il cui spirito s'innalza a Dio attraverso sentieri segreti, progressivamente spogliato di ogni conoscenza di tipo umano e di ogni appoggio terreno. È nella sua interioritàpiù profonda che si trova questo sentiero segreto, e per incontrare Colui che sta al termine del cammino vediamo quest'uomo fuggire il mondo e i suoi rumori, ricercare la solitudine del chiostro o del deserto, tentare di distaccarsi da se stesso mediante l'oblio e la nescienza, perdersi infine nel puro amore di Dio.
È a questo modo che dobbiamo immaginarci Charles de Foucauld, monaco contemplativo, «padre del deserto», eremita del Sahara? Ed è esatto considerare la Trappa, Nazareth, Beni-Abbès, Tamanrasset, l'Asekrem come le varie tappe di questo sentiero segreto che conduce al termine della montagna ove risiede Dio? È innegabile che anche lui abbia sentito e, talvolta, espresso questo richiamo verso le alture della terra e della sua anima. Però, a mio parere, un'immagine biblica ci aiuterebbe meglio a comprendere la vita di fratel Carlo di Gesù nel deserto: il profeta Elia.
Fortificato dal pane dell'angelo, Elia camminò per quaranta giorni e quaranta notti per raggiungere la montagna di Dio, l'Oreb. Arrivato alla montagna, pensava forse di trovare in Dio il suo riposo, lontano dalla lotta e dall'apostasia degli uomini. Ma ecco, sulla montagna, un vento impetuoso, un tremito della terra, un fuoco. E poi l'incontro con Dio in un leggero soffiar di brezza. Ed Elia ebbe l'ordine di riprendere il suo cammino in mezzo agli uomini, per portare a termine l'opera di Dio.
Anche per fratel Carlo ci furono talvolta nel Sahara ore di brezza leggera nelle quali era gradevole gustare il Signore. «La dolcezza e la pace sono così profonde, quando ci s'immerge nel cuore di Gesù e nel suo puro amore!».
Ci furono a Tamanrasset, dove ebbe lunghi periodi di solitudine, e anche all'Asekrem, di cui diceva: « E un bel luogo per adorare il Signore...».
Quella vita eremitica, però, non corrispondeva al suo ideale di vivere solo con Gesù, anche se aveva cercato di realizzarla recandosi nel paese stesso di Gesù, paese in cui tutto è pieno di dolcezza e tutto parla di lui: i monti della Galilea, il lago di Genezareth, Betlemme, Gerusalemme... Ha lasciato questa Terra Santa ed è stato condotto dal buon Pastore nel Sahara, per portare il Vangelo ai poveri che vi abitano. Se ha gustato la solitudine e anche le rudi bellezze del deserto, ha provato soprattutto angoscia per la salvezza di questo popolo povero, che nasce e muore su questi altipiani pietrosi e in queste valli aride di un immenso paese in cui sia il caldo che il freddo sono alla massima intensità e si succedono bruscamente. Sole implacabile e vento impetuoso, piogge rarissime e tempeste di sabbia che inaridiscono ogni cosa; paese della fame e della sete, come dicono gli arabi. Tecnici e capitali venuti da lontano potranno senza dubbio renderlo fertile e scoprirvi anche ricchezze, ma il popolo del paese vive da millenni in un'immensa miseria.
A questo popolo che è nella miseria e nell'ignoranza di Dio, fratel Carlo volle portare l'amore di Gesù. Egli sapeva bene che ciò voleva dire prendere una strada difficile e lunga di cui lui stesso non avrebbe visto il termine. Era, comunque, compito suo l'aprire questa strada, ed egli parti fortificato dal pane eucaristico per dedicarsi tutto solo all'opera difficile di preparare alla conoscenza e all'amore di Dio un popolo che nemmeno lo ricerca.
Il cammino nel deserto è il cammino della fede nuda e della pura speranza. Domani si troverà un po' d'acqua e una buona pastura, ma oggi bisogna camminare. Chi si lascia prendere dalla stanchezza e si ferma, muore di fame e di sete. Il deserto non aiuta l'uomo debole, lo schiaccia. Solo chi cerca lo sforzo e la lotta può sopravvivere. Anzi, trova in esso la sua grandezza e la sua nobiltà. Ma se è solo e senz'amici, un giorno o l'altro il deserto l'inghiottirà.
Charles de Foucauld era l'uomo adatto per essere l'operaio di questo lavoro sovrumano in terre così aride; camminatore infaticabile, lavoratore accanito, innamorato del vento e della tempesta, sempre sveglio di spirito, sempre attento a osservare, a immaginare, a creare. Sceglieva sempre il difficile e faceva ogni cosa «con tutte le sue forze». La sua preghiera sia di giorno che di notte porta il peso della greve ansia per la salvezza di tutti gli uomini, specialmente di coloro dei quali egli è il pastore solitario, e per i quali lavora, cammina, digiuna, conduce una vita austera, pronto in ogni istante a fare tutto ciò che può per la salvezza di quei poveri, perché sa che il «Padre non vuole che uno solo di questi piccoli si perda», e che ciascuno di essi è stato acquistato col sangue di Gesù.
Il deserto logora l'uomo; lo spirito si ritrova ben presto senza forza, senza conoscenza e senz'amore. E necessario, per viverci venire nel deserto insieme al Signore. A chi conosce e ama il Signore il deserto insegna a non fare affidamento che su di lui, perché chiunque altro che non sia lui vien presto annientato. «Ma Gesù basta: là dove egli è, nulla manca». E chi s'appoggia su di lui «è forte della sua forza invincibile».
Con la sua nuova fede, e con l'abbandono gioioso del fanciullo, Carlo di Gesù ha vissuto nella rinuncia ogni giorno, come se fosse il primo giorno del suo amore e il primo giorno della seminagione. E dopo quindici anni di lavoro e di preghiera nel deserto, non restava in lui altro che il desiderio d'essere trovato simile a Gesù, povero e dolce, misericordioso e pronto all'offerta del sangue che feconda la terra arida. «Nessuno ha un amore più grande di chi dà la propria vita per i propri amici».
ESTRATTO DAL PRIMO CAPITOLO
SULLE ORME DI NOSTRO SIGNORE GESÙ
Carlo de Foucauld è stato chiamato a seguire Nostro Signore Gesù sino in fondo, come un discepolo fedele che vuol assomigliare perfettamente al suo Maestro e al suo Dio. Alle varie tappe di questo cammino, che Dio gli ha fatto progressivamente scoprire e raggiungere, sono dedicate queste pagine che in modo sintetico le rievocano.
LASCIAR TUTTO PER SEGUIRE NOSTRO SIGNORE GESÙ
La conversione di Carlo de Foucauld avviene negli ultimi giorni dell'ottobre 1886. Ha ventotto anni. Vive poco più di tre anni nella sua famiglia cercando, sotto la direzione di don Huvelin, di conoscere la volontà di Dio.
È in questo modo che riassume i sentimenti che l'hanno spinto un po' alla volta a lasciar tutto per seguire il Signore: « Questo sentimento tanto più profondo della vanità, della falsità della vita mondana e della grande distanza che c'è tra la vita perfetta, evangelica, e quella che si conduce nel mondo...
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Dott. Manuel Sant il 2 novembre 2012 alle 20:54 ha scritto:
Raccolta per argomenti di scritti dell'autore che vanno da commenti ai salmi, ai passi del vangelo, riflessioni su ritiri spirituali e altri appunti. Colpisce, specie nei commenti ai salmi, l'impeto di Fede con cui scrive e questo grazie anche alla buona traduzione in italiano. Col tempo poi le riflessioni si fanno sempre più profonde, sembra quasi di poter percorrere un cammino di crescita spirituale.
Studente RAFFAELE REGA il 29 settembre 2014 alle 14:31 ha scritto:
Un maestro che ci guida nell'amicizia con il Signore Gesù! I suoi testi sono accessibili a tutti!