Vangelo e testimonianza
-L'esperienza di san Giustino de Jacobis in Abissinia (1839-1860)
(I protagonisti) [Con sovraccoperta]EAN 9788821563102
Poter suggellare la propria vita con un solo torto sarebbe già una vittoria considerevole, visti e considerati gli impervi sentieri attuali del nostro vivere quotidiano.
Quando poi il torto lo specifica un papa mentre canonizza il “colpevole”, il sigillo esplode di luce e di gioia: «Giustino de Jacobis […] ha un solo torto: quello d’essere troppo poco conosciuto».
A delineare i tratti del torto e trarlo dall’oscurità e dall’ignoranza, ecco allora il vasto saggio di A. Furioli che, per la sua strutturale ampiezza, può dare risposta a molti interrogativi.
L’autore semina nel proprio campo perché da missionario comboniano qual è, avendo vissuto in Eritrea, Etiopia e Malawi, e attualmente insegnando missionologia e spiritualità della missione al Teresianum, è in grado di penetrare in sfumature, ambienti e mentalità molto distanti da quella occidentale e presentare così un quadro che regga all’indagine scientifica e storica e che si dilati nella vita nello Spirito.
L’impianto del saggio è molto chiaro e si suddivide in tre parti:
– Sezione storica: che affonda le ricerche nell’Abissinia nell’era dei principi (1769-1855); nel contesto storico-religioso dell’Italia nel XIX secolo con particolare riferimento al suo meridione; Giustino de Jacobis: il personaggio storico, cioè passando attraverso tutte le tappe salienti della vita (1800-1860): il periodo pre-missionario (1800-1839); il periodo missionario (1839-1860); dall’ultimo esilio alla morte (1856-1860).
– Sezione missiologica: Lo specifico contributo missiologico di Giustino de Jacobis.
– Ultima tappa, prima delle conclusioni finali, è la V parte: Rilevanza, attualità e implicazioni ecclesiali dei legati missiologici di Giustino de Jacobis.
Come si noterà lo sguardo si è posato a 360° sul protagonista e sul suo contesto storico, quello specifico coevo da cui promana la sua cultura e quello che in terra di missione, diventa il “suo”, in modo estremamente radicale e tipico: «Significa identificarsi con il popolo che il Signore gli ha affidato, dimenticare le proprie origini, le proprie sane abitudini, depositare come caduchi i propri principi di vita per entrare in quelli altrui: estranei e lontani. Un personaggio noto, una specie di antenato nella fede, un Abissino fra gli Abissini venuto a portare la salvezza per tutti» (pp. 438-439).
Giustino de Jacobis, Abuna Jacob Maryam, religioso lazzarista, sconcerta non solo per la sua apparenza, tale da essere confuso con gli indigeni, per la lingua che padroneggia e ama, ma anche per quella singolare umiltà in lui così radicata che gli fa dimenticare se stesso come centro dell’esistenza e, abbandonandosi al centro che è Gesù Cristo, ritrovare e riportare a Lui, in una continua dinamica di donazione gli abissini di tutti i ceti sociali che incontra: «Il suo apporto alla missionologia è stato nell’ordine della testimonianza personale, ma anche nell’impegno continuo per capire il genio peculiare del popolo abissino, per arrivare a parlare usando il linguaggio, le categorie mentali e culturali che gli permettessero di presentare il Vangelo vestito di quei valori, che facevano di Cristo un personaggio conosciuto e familiare» (pp. 438-439).
Il «testimonium vitae» si compie costantemente e diviene esemplarità paradigmatica, «per essere uniformi in tutto», per diventare un precursore del dialogo.
Uno slancio sostenne Giustino de Jacobis nelle grandi responsabilità che dovette portare: «Io penso di essere uscito dalla mia patria nel proposito di effondere tutto il mio sangue, con l’aiuto di Gesù Cristo, per sostenere la santità del Vangelo» (p. 420).
E martirio fu tutta la sua esistenza: «Le vicende personali e la paziente testimonianza di Giustino de Jacobis sono la prova della preziosa inutilità e dell’assoluta gratuità della sua opzione missionaria per l’Abissinia. La missione ha una fecondità, che non si misura con i parametri umani dell’efficienza. Oggi più che mai la Chiesa ha bisogno di testimonianze che siano in linea con quella di Giustino de Jacobis e dei suoi discepoli martiri» (p. 438).
Tratto dalla Rivista di Vita Spirituale n. 3/2010
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