Il concetto di Chiesa nella Sacra Scrittura
(Classici del pensiero cristiano)EAN 9788821561078
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DETTAGLI DI «Il concetto di Chiesa nella Sacra Scrittura»
Tipo
Libro
Titolo
Il concetto di Chiesa nella Sacra Scrittura
Autore
Pavel A. Florenskij
A cura di
Natalino Valentini, Zák Lubomír
Editore
San Paolo Edizioni
EAN
9788821561078
Pagine
342
Data
aprile 2008
Peso
485 grammi
Altezza
21,7 cm
Larghezza
14,5 cm
Profondità
2,5 cm
Collana
Classici del pensiero cristiano
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Recensione della rivista Il Regno
Il concetto di Chiesa nella sacra Scrittura è un'opera giovanile del pensatore russo, ma già carica di tutta quella potenzialit à filosofica e teologica che si esprimer à di lì a poco nello sviluppo intenso e geniale di altri saggi, il cui apice resta l'imponente opera di «teodicea ortodossa in dodici lettere a un amico», La colonna e il fondamento della verità (1914).
La sua presente indagine si apre con osservazioni metodologiche nelle quali subito dichiara: «La Chiesa non è una realtà prettamente umana, essa sta al di sopra di ogni credente e per questo necessita non di un semplice esame, bensì di una disamina condotta con grande venerazione».
Il confronto con l'ampia cultura europea, come con le varie e significative correnti del pensiero russo, anche slavofilo, non l'hanno mai inquinato nell'originalità di contenuti che si devono, comunque, sempre e unicamente al genio del suo pensiero e alla sensibilit à mistica della sua anima. Non stupisce quindi di leggere tra le sue premesse: «Nel rivolgersi ai .testi., l'integrità interiore è un'esigenza imprescindibile del lavoro teologico» (102). Segue puntuale una trattazione che parte da un preciso presupposto ecclesiologico: la duplice natura della Chiesa (cf. c. 2°), nella quale il nostro autore abbraccia l'assunto di Vladimir Solov.ëv: «La Chiesa non è solo un'accolta di persone (di credenti), ma anzitutto ciò che li riunisce, cioè la forma essenziale di unità data loro dall'alto e tramite la quale essi possono essere partecipi del Divino » (113). Con questa chiave di lettura ontologica, entra nel merito della «preesistenza della Chiesa» palesata in Ef 1,4.
A seguire, affronta la definizione dogmatico- metafisica di Chiesa (cf. c. 3°), attenendosi all'unica autorità basilare per la sua riflessione: i testi della sacra Scrittura. Seguendo questi giunge ad affermare: «L'eucaristia è in rapporto mistico strettissimo con la Chiesa» (131). La sua idea sul fondamento eucaristico della Chiesa darà vita a una straordinaria fioritura di studi in materia, che precorreranno già in area russa tempi e sviluppi teologici importanti pure in Occidente. Con acutezza ermeneutica, come ben annota Valentini (cf. 151), Florenskij visita i testi greci della Scrittura, scava i significati filologici, trae sorprendenti applicazioni teologiche. In ciò si attiene con fedeltà anche alla tradizione patristica, citando ampiamente autori e testi di rilievo.
Prima di esporre le caratteristiche fondamentali della Chiesa, egli sintetizza in una riga la fatica della ricerca svolta, semplicemente dichiarando: «Chiarita la duplice natura della Chiesa, abbiamo poi fornito una definizione di Chiesa quale organismo, la cui energia vitale deriva dall'organo centrale, Cristocapo » (171). Citando san Teodoreto (nella parte centrale del c. 4°), quindi, con efficace immagine spiega: «Come nel corpo l'encefalo è la radice dei nervi e per tramite dei nervi il corpo riceve la sensazione, così il corpo della Chiesa riceve dal suo Signore Cristo sia le sorgenti del sapere sia lo strumento della salvezza » (177). La sua analisi filologica-biblica si estende dal termine greco a quello ebraico e infine ai principali ceppi linguistici europei. Senza forse avvedersene, egli applica in tutto . poiché gli è peculiare . quel concetto di «sobornost» che indica unità nella pluralità, che traduce nella «comunionalità» ogni dimensione collegiale libera ben lontana da ogni idea di massa.
È quindi in un crescendo di pathos che Florenskij espone il concetto di «universalità» della Chiesa interpretando Gv 4,23 e applicandolo al superamento delle «ristrettezze» locali di applicazione del termine stesso di Chiesa, la cui proprietà principale è la «cattolicit à» che «introduce nella sfera del Divino l'umano in quanto tale», vincendo diatribe di razza, nazionalismo o altro (cf. 215). Ma ciò, specifica il nostro autore, è comprensibile pensando la Chiesa come «un soggetto reale, un essere vivente, non un'istituzione o un concetto astratto. Come qualunque persona, essa è un unicum, è unica nel suo genere; nel contempo però è una .persona. cattolica» (216).
In questo dato si trova iscritta pure la sua «apostolicità», speculare alla caratteristica ontologica dell'essere «cattolica-universale» (219). Poiché «ogni corpo è un insieme» (226), è evidente la correlazione tra gli attributi della Chiesa e la sua definizione simbolica (cf. 227), offrendo il capitolo più suggestivo di questo mirabile «trattato» ecclesiologico, culminante nell'esposizione del simbolo dell'edificio (cf. 236ss).
Stupende sono le pagine in cui il genio russo tratta della «santità», che ritiene insita nell'atto stesso e libero della volontà, per il quale «la persona è tale solo in quanto fa propria l'immagine di Dio posta in essa, in quanto accoglie l'archetipo creato da Dio e con ciò diventa santa. Non c.è santità al di fuori della persona e non c.è persona al di fuori della santità» (275).
L'accurato apparato critico, le amplissime e puntuali note di N. Valentini, accompagnano efficacemente la lettura di queste ricche e complesse pagine, operando una sapiente tessitura intertestuale nella vasta produzione del pensatore russo. Magistrale inoltre il saggio introduttivo di L' .ák che ricostruisce con competenza il contesto ecclesiologico ortodosso nel quale si colloca l'originale opera di Florenskij, donando spessore interpretativo alla sua «teologia del cuore», che lettere e altri scritti palesano chiaramente. Per Florenskij «la vita è infinitamente più ricca delle definizioni razionali» e «nessuna formula può contenere tutta la pienezza della vita» (17). Ciò lo porta a privilegiare l'interpretazione simbolica della Chiesa ricorrendo anche a immagini femminili, che d.altronde la Bibbia stessa offre nei simboli della donna-madre, donna-sposa.
Il nostro autore fonde mirabilmente mente e cuore con l'esperienza: l'incontro con lo starec Isidoro lo fa riflettere sulle autentiche «pietre» dell'edificio della Chiesa: nello sguardo puro di chi ama senza limiti come l'anziano padre spirituale, Florenskij individua l'invincibilità della Chiesa attaccata dagli inferi. Per lui la Chiesa, generata dalla sofferenza di Cristo, è «l'embrione dell'universale organismo mistico» atto a trasfigurare, con la carica della sua potenzialità divina, l'umanità naturale. Ma perché questo avvenga, il sale non deve perdere sapore: Florenskij denuncer à il dogmatismo sostituitosi alla dogmatica, il quale finisce per spezzare «il suo legame, i vivi sentimenti e le vive percezioni» (30).
È piuttosto all'umile scuola degli starcy, come ci ricorda .ák, che egli ben intuirà il procedimento lungo il cammino verso la verit à. Nel suo taccuino, un appunto del 27 agosto 1905 annota: «La maturazione mistica è come una camminata in montagna. Si sale sempre più in alto, ma aumenta sempre di più il pericolo di finire nel precipizio. Sulla pianura non c.è l'innalzamento, sì, ma nemmeno l'abisso. Soltanto raggiungendo la cima (la santità) passa il pericolo» (25s).
Egli suggellò e conseguì ciò l'8 dicembre 1937, coronando col martirio il suo «essere ecclesiale », pietra viva della sposa dell'Agnello.
Tratto dalla Rivista Il Regno 2008 n. 18
(http://www.ilregno.it)
La sua presente indagine si apre con osservazioni metodologiche nelle quali subito dichiara: «La Chiesa non è una realtà prettamente umana, essa sta al di sopra di ogni credente e per questo necessita non di un semplice esame, bensì di una disamina condotta con grande venerazione».
Il confronto con l'ampia cultura europea, come con le varie e significative correnti del pensiero russo, anche slavofilo, non l'hanno mai inquinato nell'originalità di contenuti che si devono, comunque, sempre e unicamente al genio del suo pensiero e alla sensibilit à mistica della sua anima. Non stupisce quindi di leggere tra le sue premesse: «Nel rivolgersi ai .testi., l'integrità interiore è un'esigenza imprescindibile del lavoro teologico» (102). Segue puntuale una trattazione che parte da un preciso presupposto ecclesiologico: la duplice natura della Chiesa (cf. c. 2°), nella quale il nostro autore abbraccia l'assunto di Vladimir Solov.ëv: «La Chiesa non è solo un'accolta di persone (di credenti), ma anzitutto ciò che li riunisce, cioè la forma essenziale di unità data loro dall'alto e tramite la quale essi possono essere partecipi del Divino » (113). Con questa chiave di lettura ontologica, entra nel merito della «preesistenza della Chiesa» palesata in Ef 1,4.
A seguire, affronta la definizione dogmatico- metafisica di Chiesa (cf. c. 3°), attenendosi all'unica autorità basilare per la sua riflessione: i testi della sacra Scrittura. Seguendo questi giunge ad affermare: «L'eucaristia è in rapporto mistico strettissimo con la Chiesa» (131). La sua idea sul fondamento eucaristico della Chiesa darà vita a una straordinaria fioritura di studi in materia, che precorreranno già in area russa tempi e sviluppi teologici importanti pure in Occidente. Con acutezza ermeneutica, come ben annota Valentini (cf. 151), Florenskij visita i testi greci della Scrittura, scava i significati filologici, trae sorprendenti applicazioni teologiche. In ciò si attiene con fedeltà anche alla tradizione patristica, citando ampiamente autori e testi di rilievo.
Prima di esporre le caratteristiche fondamentali della Chiesa, egli sintetizza in una riga la fatica della ricerca svolta, semplicemente dichiarando: «Chiarita la duplice natura della Chiesa, abbiamo poi fornito una definizione di Chiesa quale organismo, la cui energia vitale deriva dall'organo centrale, Cristocapo » (171). Citando san Teodoreto (nella parte centrale del c. 4°), quindi, con efficace immagine spiega: «Come nel corpo l'encefalo è la radice dei nervi e per tramite dei nervi il corpo riceve la sensazione, così il corpo della Chiesa riceve dal suo Signore Cristo sia le sorgenti del sapere sia lo strumento della salvezza » (177). La sua analisi filologica-biblica si estende dal termine greco a quello ebraico e infine ai principali ceppi linguistici europei. Senza forse avvedersene, egli applica in tutto . poiché gli è peculiare . quel concetto di «sobornost» che indica unità nella pluralità, che traduce nella «comunionalità» ogni dimensione collegiale libera ben lontana da ogni idea di massa.
È quindi in un crescendo di pathos che Florenskij espone il concetto di «universalità» della Chiesa interpretando Gv 4,23 e applicandolo al superamento delle «ristrettezze» locali di applicazione del termine stesso di Chiesa, la cui proprietà principale è la «cattolicit à» che «introduce nella sfera del Divino l'umano in quanto tale», vincendo diatribe di razza, nazionalismo o altro (cf. 215). Ma ciò, specifica il nostro autore, è comprensibile pensando la Chiesa come «un soggetto reale, un essere vivente, non un'istituzione o un concetto astratto. Come qualunque persona, essa è un unicum, è unica nel suo genere; nel contempo però è una .persona. cattolica» (216).
In questo dato si trova iscritta pure la sua «apostolicità», speculare alla caratteristica ontologica dell'essere «cattolica-universale» (219). Poiché «ogni corpo è un insieme» (226), è evidente la correlazione tra gli attributi della Chiesa e la sua definizione simbolica (cf. 227), offrendo il capitolo più suggestivo di questo mirabile «trattato» ecclesiologico, culminante nell'esposizione del simbolo dell'edificio (cf. 236ss).
Stupende sono le pagine in cui il genio russo tratta della «santità», che ritiene insita nell'atto stesso e libero della volontà, per il quale «la persona è tale solo in quanto fa propria l'immagine di Dio posta in essa, in quanto accoglie l'archetipo creato da Dio e con ciò diventa santa. Non c.è santità al di fuori della persona e non c.è persona al di fuori della santità» (275).
L'accurato apparato critico, le amplissime e puntuali note di N. Valentini, accompagnano efficacemente la lettura di queste ricche e complesse pagine, operando una sapiente tessitura intertestuale nella vasta produzione del pensatore russo. Magistrale inoltre il saggio introduttivo di L' .ák che ricostruisce con competenza il contesto ecclesiologico ortodosso nel quale si colloca l'originale opera di Florenskij, donando spessore interpretativo alla sua «teologia del cuore», che lettere e altri scritti palesano chiaramente. Per Florenskij «la vita è infinitamente più ricca delle definizioni razionali» e «nessuna formula può contenere tutta la pienezza della vita» (17). Ciò lo porta a privilegiare l'interpretazione simbolica della Chiesa ricorrendo anche a immagini femminili, che d.altronde la Bibbia stessa offre nei simboli della donna-madre, donna-sposa.
Il nostro autore fonde mirabilmente mente e cuore con l'esperienza: l'incontro con lo starec Isidoro lo fa riflettere sulle autentiche «pietre» dell'edificio della Chiesa: nello sguardo puro di chi ama senza limiti come l'anziano padre spirituale, Florenskij individua l'invincibilità della Chiesa attaccata dagli inferi. Per lui la Chiesa, generata dalla sofferenza di Cristo, è «l'embrione dell'universale organismo mistico» atto a trasfigurare, con la carica della sua potenzialità divina, l'umanità naturale. Ma perché questo avvenga, il sale non deve perdere sapore: Florenskij denuncer à il dogmatismo sostituitosi alla dogmatica, il quale finisce per spezzare «il suo legame, i vivi sentimenti e le vive percezioni» (30).
È piuttosto all'umile scuola degli starcy, come ci ricorda .ák, che egli ben intuirà il procedimento lungo il cammino verso la verit à. Nel suo taccuino, un appunto del 27 agosto 1905 annota: «La maturazione mistica è come una camminata in montagna. Si sale sempre più in alto, ma aumenta sempre di più il pericolo di finire nel precipizio. Sulla pianura non c.è l'innalzamento, sì, ma nemmeno l'abisso. Soltanto raggiungendo la cima (la santità) passa il pericolo» (25s).
Egli suggellò e conseguì ciò l'8 dicembre 1937, coronando col martirio il suo «essere ecclesiale », pietra viva della sposa dell'Agnello.
Tratto dalla Rivista Il Regno 2008 n. 18
(http://www.ilregno.it)
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