«Voglio fare il cammino della fede, anzi dalla religione alla fede, convertirsi dalla religione alla fede. Questo è il tema. Perché ho paura che se Cristo oggi tornasse, troverebbe ancora fede sulla terra? (Lc 18,8) Nonostante le apparenze. Perché quando non cresce un millimetro di giustizia, quando i poveri sono sempre più disperati e soli, quando nel mondo c'è sempre più ricchezza e sempre più miseria, quando la moltitudine di coloro che piangono va sempre più aumentando e dilagando, non si può dire che sia tempo di fede, perché "la fede senza le opere è morta" (Gc 2,17)… La mia preghiera, allora, se volete, è questa: "Signore, io credo, ma tu aiuta la mia incredulità" (Mc 9,24)». David Maria Turoldo Padre David era originale, anticonformista. La sua religione faceva pochissimo rito e tantissimo fuoco: per questo l'ho sempre considerato un incendiario di Dio, un prete servita che faceva scottare la fede, anche quella circonfusa di dubbio. La formidabile modernità, anzi contemporaneità di Turoldo, sta proprio nell'aver disossato la fede fino al limite della lama. La sua fede è un salmo più che un dogma; è un mettersi di traverso più che un infilarsi prudentemente in coda… Attenzione, non si tratta di una predica, né di una litania moralistica. Padre David piccona l'indifferenza e il voltarsi dall'altra parte, senza selezionare tra credenti e non, tra esitanti e miscredenti. Vale erga omnes, lui per primo nella lista. Gli interessa prendere in contropiede il Nulla e fargli gol con la Speranza (dalla Prefazione di Giorgio Lago). David Maria Turoldo, nacque a Coderno (Udine), paese della bassa friulana, il 16 novembre 1916. Entrò giovanissimo nell'Ordine dei Servi di Maria e a soli ventiquattro anni fu ordinato sacerdote. Laureatosi poi in filosofia, visse nel convento di San Carlo al Corso in Milano gli anni della Resistenza, cui partecipò direttamente anche fondando e dirigendo un foglio clandestino antifascista, «L'Uomo». Forti furono, soprattutto, la sua parola predicata (dal 1943 al 1953) in duomo e l'azione di carità verso i poveri. In questo contesto diede vita, insieme all'amico e confratello Camillo de Piaz, al centro culturale «Corsia dei Servi», crocevia delle istanze di rinnovamento - anche religioso - negli anni precedenti il concilio Vaticano II. Dal 1963 la sua residenza abituale fu nel Priorato di Sant'Egidio in Fontanella di Sotto il Monte (Bergamo). Morì a Milano il 6 febbraio 1992 ed è sepolto nel piccolo cimitero di Fontanella. Le prime liriche apparvero nel dopoguerra (Io non ho mani, 1948; Udii una voce, 1952; Gli occhi miei lo vedranno, 1955) e una prima raccolta complessiva è del 1971. La successiva, completa, è del 1990, O sensi miei…, e gli valse l'ammirazione di illustri protagonisti della poesia contemporanea, quali Andrea Zanzotto, Luciano Erba, Giovanni Giudici. Seguirono Canti ultimi (1991) e Mie notti con Qohelet (1992): tutta una produzione poetica connotata da forte religiosità, la stessa che si ritrova nei testi teatrali - come Oratorio in memoria di frate Francesco (1981) e Sul monte la morte (1984) - e in alcuni significativi saggi sulla problematica religiosa ed esistenziale: Alla porta del bene e del male (1978), Anche Dio è infelice e Neanche Dio può stare solo (entrambi del 1991). Di padre Turoldo le Edizioni San Paolo hanno pubblicato: Il diavolo sul pinnacolo, «Lungo i fiumi…». I Salmi, Opere e giorni del Signore. Commento alle letture liturgiche festive (per il quale padre David si avvalse, come per il precedente, della collaborazione di Gianfranco Ravasi), La speranza non muore, Via Crucis. Il cammino verso la vita, Il sapore del pane, Diario dell'anima e il ben noto Amare.