L’interesse per il tema nasce da una affermazione che Pedro Almodóvar fece in occasione dell’uscita del film La legge del desiderio (novembre 1987) che asserisce: «È molto pericoloso vedere i miei film con una morale convenzionale: io ho la mia morale e così pure i miei film». Nella consapevolezza che il tema possa risultare ampio e impegnativo, si vuole conoscere l’opera del regista da una prospettiva originale che faccia emergere una visione antropologica intesa come osservazione del comportamento e delle caratteristiche dell’essere umano presenti nei suoi film.
Che cos’è l’etica che Pedro Almodóvar reclama come “mia”? Tentare di trovarla e delinearla è l’obiettivo di questo testo. Il cineasta non ne ha mai dato una definizione personale, ma dall’analisi dei suoi film, di cui è anche sceneggiatore, e dalle innumerevoli dichiarazioni rilasciate alla marea di testate giornalistiche di varia nazionalità, generaliste o specializzate, si può presumere che la descrizione che ci pare più vicina alla sua sensibilità e formazione si possa ricavare da una definizione di Fernando Savater, filosofo spagnolo contemporaneo, rappresentativo di un pensiero laico vicino a quello del regista: «Etica come arte di vivere, come progetto ragionevole per armonizzare le esigenze sociali della libertà, come coscienza dell’autonomia responsabile, come riflessione critica sui valori istituzionalizzati». Questa di Savater è una definizione condivisibile che nello specifico del cinema di Almodóvar rischia una deriva individualistica che assume le caratteristiche proprie della postmodernità, riassumibili in un’etica personalizzata al punto di essere determinata da circostanze più che da fondamenti universali.
Tra le intenzioni del volume non è contemplata quella di mettere a raffronto la morale del regista con il quadro assiologico della morale convenzionale; né tantomeno suscitare il confronto-scontro di scuole etiche differenti. Si vuole, invece, verificare la dichiarazione del cineasta facendone affiorare i temi etici più frequenti, e lasciando che a dare forza all’affermazione siano le stesse immagini con cui l’autore narra e comunica la sua visione del mondo. A questo studio spetta il compito di verificarne e documentarne l’esistenza attraverso l’analisi della narrazione arricchita da una sensibilità antropologica da cui far emergere lo spessore umano dei personaggi e la complessità dei loro vissuti in stretta relazione con il contesto culturale postmoderno.
Il libro analizza sincronicamente alcuni importanti temi etici tra i più ricorrenti. Si distinguono argomenti quali la felicità, la libertà, la responsabilità. Si descrivono le tematiche della solidarietà e della compassione, due dei valori più celebrati dal regista e opposti alla solitudine, che considera come un male assoluto, alla stregua della stessa morte. Si tratteggiano poi l’idea di giustizia nella personalissima rappresentazione del cineasta, la fede con le sue rappresentazioni, e l’atteggiamento di fronte alla morte e alla limitatezza umana. Tale atteggiamento evidenzia una angoscia “dopata” in un primo momento dall’edonismo, poi maturato in una accettazione consapevole, ma non definitivamente serena. E ancora le relazioni e i modi di rappresentazione della famiglia, del matrimonio e delle “famiglie alternative”, con le madri, vere anime del cinema almodovariano; i padri quasi esclusivamente negativi, assenti e irresponsabili, redenti nell’ultima produzione del regista; e infine i figli e i rapporti di fratellanza e amicizia. Passioni e desiderio sono temi peculiari di tutto il cinema di Almodóvar. In questo lavoro si fa risaltare la loro forza morale che, al di là del bene e del male, spinge gli esseri umani a muoversi verso scelte determinate dal cuore e dalla mente: la morale del deseo.