Augusto Del Noce
-La legittimazione critica del moderno
(Saggistica)EAN 9788821165184
Indubbiamente la statura filosofica di Del Noce giganteggia nella seconda metà del Novecento, statura con cui l’odierno panorama culturale italiano, e non solo, deve confrontarsi. La linea cattolica francoitaliana che va da Malebranche a Rosmini delineata dal filosofo italiano, in opposizione a quella laico-immanentistica che muovendo come la precedente da Cartesio culmina in Hegel, è un’interpretazione che ha ribaltato consolidate impostazioni. Del Noce, filosofo integralmente cristiano e italiano, ha, però, avuto un bizzarro destino, in quanto non ha trovato una sua collocazione né nella storia del pensiero italiano, né tanto meno nella filosofia cristiana del dopoguerra. Il vol., scritto da un profondo conoscitore del pensiero delnociano, ha una qualità, tra le altre, che lo rende accattivante: il mondo delle idee e quello della storia s’incontrano in un modo così vivo da rendere tattile, vibrante la lezione di Del Noce. Da leggere.
Tratto dalla Rivista Il Regno 2011 n. 16
(http://www.ilregno.it)
Questo ponderoso saggio di M. Borghesi ci restituisce in modo esaustivo una ricostruzione del pensiero di Del Noce e la sua esatta collocazione nel pensiero italiano del Novecento. Un Del Noce nel quale il luogo genetico del pensare rimane l’esperienza che storicamente fece della guerra, della lotta per la libertà e la democrazia e della speranza per un mondo nuovo. Egli è stato il “filosofo mediante la storia” (poiché la storia è il luogo di verifica della verità o meno delle posizioni filosofiche), che ha aperto strade nuove e feconde nell’interpretazione del moderno, giungendo ad una sua legittimazione, per riprendere il titolo del noto libro di Blumenberg, ben altra da un’adesione modernistica o da un’accettazione acritica.
Il cap. I ricostruisce gli inizi della travagliata riflessione etico-politica di Del Noce, dal disgusto verso la volontà di potenza del regime al riconoscimento della positività dell’impegno storico. Campeggia l’incontro con il pensiero di Maritain che permette a Del Noce di essere antifascista in quanto cattolico e di superare il “medievalismo” cattolico; egli può così «enucleare un senso positivo del moderno, fondato sul riconoscimento della libertà come forma della verità, alla cui luce il suo antifascismo morale può divenire politico e, al contempo, conciliarsi con la sua posizione religiosa» (40-41). Ed è da subito che Del Noce inizia l’ininterrotta Auseinandersetzung con il marxismo scoprendone già alla fine del 1943 l’essenziale ateismo e antitesi all’antropologia cristiana.
Tra la fine del ’45 e per tutto il ’46 la riflessione di Del Noce è volta a delineare l’essenza del pensiero marxista con in particolare il saggio La “non-filosofia” di Marx e il comunismo come realtà politica (1946). La constatazione dell’intrinseco carattere di umanesimo ateo lo portava a considerare il marxismo come alternativo al cristianesimo, il che rendeva impossibile l’idea, cara alla sinistra cristiana, di una purificazione del cristianesimo attraverso il marxismo. Proprio perché il marxismo è insuperabile entro il razionalismo esso non può essere inverato dal cristianesimo. Per questo «tanto una posizione reazionaria quanto una modernista risultano impotenti di fronte al marxismo, subalterne rispetto ad esso anche quando vi si oppongono. Solo l’incontro tra cattolicesimo e libertà può costituire il saldo punto di resistenza ad un ateismo politico-totalitario, nemico di Dio e della libertà ad un tempo. Donde la necessaria revisione del pensiero moderno» (92).
Insomma il superamento del marxismo esige una riflessione filosofica all’altezza. Abbiamo così il momento del confronto con F. Balbo e l’avvertita esigenza di oltrepassare l’età barocca, cioè il dualismo tra fideismo e assolutismo politico tipico del Seicento post-guerre di religione, la scissione moderna tra cristianesimo e storia che comportava la disincarnazione dello spirituale. Incontriamo anche gli studi di Del Noce su Cartesio e la politica, in cui si evidenzia come la dissociazione tra vita spirituale e storia sia l’ingombrante non problematizzato, presupposto e non conseguenza, del pensiero cartesiano che diventa “filosofia monastica” secondo la definizione di Vico, quel Vico che appare già come la chiave per superare l’anistoricità cartesiana, oltrepassando l’interiorismo astorico dell’agostinismo cartesiano moderno.
Ora nella gestazione del pensiero e della visione delnociana del razionalismo moderno, e siamo al cap. IV del volume, la figura di Chestov riveste un ruolo di primo piano, poiché proprio la nozione di individuo, colta in antitesi allo spinozismo, permette di criticare il sistema razionalistico. Quest’ultimo da filosofia della dimostrazione, diventa filosofia della giustificazione e dunque una delle vie della filosofia. Esso, infatti, presuppone un fondamento ontologico condizionante che funge da postulato, da apriori non problematizzato, ovvero l’affermazione della ontologicità della colpa, del finito quale luogo del male dal quale occorre elevarsi mettendo tra parentesi la soggettività di chi filosofa. E qui Del Noce ritrova l’esistenzialismo ma mai in senso antimoderno (come accade invece in Fabro e Castelli); piuttosto l’esistenzialismo diventa autocritica del moderno sul terreno stesso della modernità.
Dunque non rifiuto del moderno ma problematizzazione della lettura hegeliana della modernità come razionalismo e immanentismo: non antimodernità né modernismo ma il ritrovamento nel pensiero moderno di un percorso non razionalistico. In questo itinerario tutto deve partire da Cartesio, l’inizio della filosofia moderna, la singolarità senza analoghi (inizialità senza sbocchi) per cui egli è all’origine delle filosofie religiose come di quelle atee, e questo in forza dell’ambiguità derivante dall’anistoricità che permette una problematica e devastante convivenza tra agostinismo filosofico e pelagianesimo religioso. Sarà proprio l’anistoricità ad aprire la strada al razionalismo, senza nulla togliere al fatto che la concezione della libertà in Cartesio apre anche alla trascendenza. Dunque un percorso altro nella modernità è possibile a partire da Cartesio e dalla philosophie de l’esprit che caratterizza il filone francese e italiano e che dal 1958 in poi sarà l’ontologismo.
A dire il vero Del Noce giungerà ad una valutazione positiva dell’ontologismo non da subito. Infatti se si considera la voce Ontologismo scritta per l’Enciclopedia Filosofica (redatta nel 1957), si incontra un giudizio fortemente critico poiché esso viene considerato, neotomisticamente, come il contenuto metafisico dell’idealismo moderno. Sarà nel 1958 che l’ontologismo nella forma moderna che si ha in Malebranche diventerà capace di delineare il giusto rapporto tra vita spirituale e storia, un giudizio diverso dovuto all’approfondimento di Vico. Nasceva così la tematizzazione della via ontologista nella modernità da Cartesio a Rosmini, di impostazione teistico-trascendente, che riesce ad integrare anche Pascal: «l’esistenzialismo teologico impedisce all’ontologismo di risolversi in razionalismo.
Da qui l’affermazione, essenziale per intendere l’inserimento nella storia dell’ontologismo moderno, per cui in Pascal si deve distinguere tra critica dell’argomento ontologico e possibile accettazione dell’ontologismo in senso agostiniano» (156). Così la riaffermazione dell’umanesimo dopo Pascal costituisce la storia dell’ontologismo moderno e si realizza grazie a Vico e Rosmini, la cui opera matura, la Teosofia, diventa il tramite della ripresa della tradizione agostiniana e la possibilità però anche di ritrovare Tommaso oltre la posizione neotomista. Rosmini con il suo liberalismo cattolico si presenta come figura centrale anche in riferimento al tempo storico presente.
Del Noce inizia a lavorare all’incontro tra pensiero cattolico e tradizione liberale collaborando alla rivista Il Mulino dove N. Matteucci e L. Pedrazzi erano interessati a un liberalismo non subalterno alla posizione marxista. Un incontro che, sul versante cattolico, esigeva il superamento dell’antimodernità integralista e reazionaria recuperando Rosmini e Vico, quest’ultimo «asse portante per delineare una modernità “non illuministica”, una modernità in cui il giusnaturalismo è l’esito della Riforma cattolica, non del razionalismo laico» (185). Emerge il bisogno di una filosofia cattolica della storia moderna che sia capace di connettersi ad una tradizione diversa da quella dell’integrismo, e che Del Noce rinviene nell’idea di Risorgimento, propria della tradizione italiana, che consente di porsi al di là delle categorie di restaurazione e rivoluzione, e quindi oltre la dialettica tra integrismo e progressismo, conferendo spessore culturale e filosofico all’azione politica di De Gasperi.
In realtà Del Noce dovette riconoscere l’impossibilità di un neogiobertismo nella sua unione di Risorgimento e di restaurazione cattolica, lasciando sopravvivere solo l’intuizione di Gioberti, quella dell’incontro tra cattolicesimo e cultura nazionale. Il cambiamento di prospettiva tra il 1962 e 1972 avviene in Del Noce per l’approfondimento del pensiero di G. Gentile, in particolare la sua genesi nelle opere giovanili, pensiero che lo conduce a riaffermare Hegel dopo Marx e ad un hegelismo senza platonismo. L’attualismo gentiliano è l’affermazione di un razionalismo non materialista, ed è proprio Gentile che diventa centrale in Del Noce, al punto da occuparlo per tutti gli anni Sessanta e Ottanta fino alla pubblicazione postuma nel 1990 del Giovanni Gentile; l’attualismo, infatti, rimane un unicum nel suo essere filosofia dell’immanenza del divino dopo il marxismo e dopo l’ontologismo.
In particolare Gentile assume il ruolo chiave nell’interpretazione delnociana del Novecento perché in lui si uniscono Risorgimento e fascismo, Mazzini e Mussolini. Ne La filosofia di Marx di Gentile il nostro vede la genesi ideale del fascismo che, nel suo costituirsi come inveramento del marxismo, diventa un concorrente del comunismo. In particolare l’incontro tra Gentile e il fascismo «è l’incontro tra una filosofia che deve mettere alla prova la formula dell’identità del pensiero e dell’azione e un movimento che, cercando una legittimazione culturale, non poteva trovarla che nell’attualismo» (220). Il cap. VIII è una ripresa dell’analisi di Del Noce sull’ateismo moderno. In particolare viene evidenziato come ne Il problema dell’ateismo, edito nel 1964 (lo stesso anno in cui C. Fabro pubblica Introduzione all’ateismo moderno), in dialogo con Löwith il filosofo torinese approfondisce ulteriormente l’interpretazione della modernità.
Mentre rompe con il modello ermeneutico offerto da Löwith, afferma anche la doppia natura dell’ateismo filosofico dell’Ottocento, in cui risulta presente una direzione pessimista di derivazione schopenaueriana e una ottimista di derivazione hegeliana. Ed è proprio la presenza di un ateismo pessimista che apre alla possibilità del ritrovamento di una dimensione religiosa che sarà, poi, la via di Leopardi. La messa a fuoco del filone pessimistico dell’ateismo fa sì che le vie del moderno si moltiplichino: «il moderno non è solo “doppio”, nella duplice linea cartesiana, la stessa via dell’ateismo si duplica, a sua volta, in una linea “positiva” e in una “negativa”. Uno sdoppiamento che investe anche l’ateismo pessimistico nella misura in cui la direzione Schopenhauer-Martinetti-Rensi porta ad un singolare ritrovamento di Pascal e della prospettiva religiosa» (246).
Nel dialogo con Löwith Del Noce rifiuterà poi la lettura del filosofo tedesco della modernità come secolarizzazione del cristianesimo nel noto testo Significato e fine della storia. Per Del Noce l’ateismo moderno non è l’esito della secolarizzazione, intesa come immanentizzazione del cristianesimo, ma il risultato ultimo del razionalismo moderno, che si costituisce non nella ripresa secolare dell’ideale cristiano ma in antitesi al cristianesimo, nella negazione del bisogno di redenzione del finito, della natura ferita; perciò il razionalismo moderno è la ritraduzione del cristianesimo in una concezione del male ad esso estranea, quell’orizzonte «ellenico nel quale il mito di Anassimandro concepisce la finitezza, l’atto di nascere, come una colpa da espiare.
Donde il disprezzo del razionalismo, di cui l’ateismo è il momento conclusivo, per la persona, per l’io “singolare”, per la particolarità» (252). E anche quando Del Noce farà sua la categoria della secolarizzazione, in seguito alla lettura di E. Voegelin, la intenderà non come mera trasposizione dei contenuti religiosi dal cielo in terra ma come trasformazione del cristianesimo in gnosi. Il cap. IX riprende quello che è stato il cap. IV de Il problema dell’ateismo, del 1963 (Appunti sull’irreligione occidentale) in cui viene messo a tema una nuova realtà, la “società opulenta” e la sua irreligione che diventano, dal punto di vista cristiano, l’avversario ben più pericoloso del marxismo. La crisi del marxismo apre ad una posizione ateistica di radicale irreligione che dissolve la stessa religione ateistica: è il trionfo della filosofia neopositivistica e dell’irreligione naturale (ben più empia dello stesso ateismo razionalista e marxista). Il tema della società opulenta apre il confronto con F. Rodano.
Insomma, in conclusione, Del Noce rimane il pensatore secondo la storia, simbolo di un cattolicesimo che accetta la sfida del moderno, colui che ha cambiato il modo di leggere la storia del pensiero moderno permettendo la legittimazione di una parte della modernità e che ha inteso promuovere non la restaurazione di un “modello”, ma un rinnovamento religioso in grado di delineare una “nuova cristianità” fedele alla lezione di Maritain (cf. 344ss). Lo studio di Borghesi rappresenterà senza dubbio una lettura necessaria e obbligata per tutti coloro che vorranno affrontare Del Noce e comprendere adeguatamente lo spessore e la profondità della sua riflessione.
Tratto dalla rivista Lateranum n.1/2012
(http://www.pul.it)
-
-
-
-
20,00 €→ 19,00 € -
-
-
22,00 €→ 20,90 €
-
34,00 €→ 32,30 € -
29,00 €→ 27,55 € -
20,00 €→ 19,00 € -
28,00 €→ 26,60 € -
22,00 €→ 20,90 € -
20,00 €→ 19,00 € -
14,50 €→ 13,77 €
-
-
18,00 €→ 11,70 € -
-
24,00 €→ 12,00 € -
-
12,00 €→ 6,00 € -