Per una mariologia carmelitana
(Studi carmelitani)EAN 9788820993504
Il volume contiene gli Atti del I convegno di mariologia carmelitana dal titolo «Presenza e ruolo di Maria negli Ordini Carmelitani», tenutosi a Brindisi dal 19 al 23 giugno 2013, presso il santuario “Santa Maria Madre della Chiesa”, e curato dall’Ordine dei Carmelitani scalzi della Provincia napoletana della Madre di Dio. Ad introdurci nella lettura degli Atti, troviamo la presentazione di Edmondo A. Caruana, OCarm, il quale, fin dalle prime battute, ci chiarisce la finalità dello stesso convegno, che è «quella di incrementare gli studi di mariologia carmelitana valorizzando quelli esistenti; rileggere i documenti e le testimonianze che costituiscono la memoria degli Ordini Carmelitani; approfondire gli aspetti teologici e antropologici, spirituali e pastorali, sociali e culturali di mariologia, al fine di ulteriori approfondimenti e nuove aperture per una rilettura del carisma carmelitano» (p. 5). A lettura conclusa, si ha la sensazione immediata che gli obiettivi preposti siano stati raggiunti, nel senso che lo studio fatto può costituire davvero la base per «ulteriori approfondimenti e nuove aperture». L’apporto, dato dagli studiosi chiamati a intervenire, si può ritenere certamente notevole e interessante ai fini della ricostruzione di una memoria che approda con tutta la sua ricchezza nell’oggi della vita carmelitana e si proietta in avanti per ulteriori sviluppi.
In apertura degli Atti troviamo l’intervento del prof. Salvatore Perrella, attuale preside del “Marianum” in Roma, che, a nostro modo di vedere, può leggersi come una introduzione agli Atti stessi. Infatti, esso ripercorre rapidamente la considerazione che la Chiesa ha avuto di Maria, a partire dalle origini del cristianesimo fino al concilio Vaticano II e alla mariologia dei nostri giorni, riproponendoci le varie icone care alla teologia ma anche alla devozione popolare e alla vita consacrata. A prima impressione, la relazione potrebbe risultare lontana dagli intenti del convegno, ma, a ben pensarci, costituisce come la cornice dentro cui potere collocare la mariologia carmelitana lungo l’arco della sua storia e nel suo punto di arrivo, la sua vitalità odierna.
Per quanto attiene alle tematiche del convegno strettamente detto, a nostro modo di vedere, si possono suddividere in quattro parti: I. Maria nelle origini del Carmelo e nel periodo medievale; II. Maria nel pensiero, nella spiritualità, nella devozione di santa Teresa di Gesù; III. Maria nella riflessione dei carmelitani e dei carmelitani scalzi lungo i secoli XVII-XX; IV. Il posto di Maria nella vita carmelitana, oggi. Nella prima parte, Giovanni Grosso cerca di dare le ragioni, oltre la legenda,
del titolo di Carmelus totus marianus, collocandolo nel suo alveo storico naturale, ma molto di più evidenziando le note della devozione mariana dei carmelitani delle origini, cogliendole, primariamente, nella sua dimensione cristologica per il fatto che Maria era vista come la Domina loci, la Madre del Signore della Terra santa, a cui tocca l’obsequium, proprio perché Madre dello stesso Signore. Da qui scaturisce la centralità di Maria nella devozione dei carmelitani medievali, perché accanto a Cristo c’è sempre sua Madre, così come la sua presenza di “sorella” e la sua familiarità di vita in quanto Madre. Il titulus di Domina loci è ripreso poi da Emanuele Boaga per spiegare il rapporto di patronato di Maria sul Carmelo, a cui è legato l’orientamento spirituale di obsequium verso di lei con la donatio sui ipsius o traditio personae da parte del fedele e con la protectio o patrocinium da parte della Domina. «Pertanto la Signora del luogo cura la protezione e la vita dei Carmelitani, e questi “con le loro gesta onorano la Signora del luogo”» (p. 130). Il titolo di Sorella dei carmelitani è ripreso, poi, e approfondito da Roberto Toni, che ne riporta alcune testimonianze relative ai secoli XIV-XV. Lo studioso sottolinea la sensibilità moderna di questo appellativo e lo mette in correlazione con la verginità. Maria è Sorella perché Vergine e Vergine purissima: ella «rimane un modello altissimo, eppure i “fratelli di Santa Maria del Monte Carmelo” la sentono Sorella proprio perché impegnati nel medesimo stile di vita che Maria ha vissuto, vergini come la Vergine, in quanto disponibili a Dio in Cristo, conformi al suo volere, fecondi, impegnati nella testimonianza e nella profezia» (p. 144).
Nella seconda parte, secondo la suddivisione da noi fatta, troviamo tre interventi, relativi al rapporto di santa Teresa di Gesù con Maria. Gli interventi sono quelli di Luigi Gaetani: “Spiritualità, preghiera e devozione mariana in Santa Teresa di Gesù”; di Aniano Álvarez-Suárez: “Santa Teresa d’Avila: una vita all’insegna della Vergine Maria”; di Andrea L’Afflitto: “Analisi dei titoli mariani nel pensiero di Santa Teresa di Gesù”. Dai tre studi emergono con chiarezza alcuni tratti importanti della spiritualità mariana di Teresa di Gesù. E prima di tutto la dimensione cristologica della sua devozione a Maria, «tanto da poter dire che la vita di Teresa d’Avila è una meravigliosa tessitura tra la componente cristologica e quella mariologica, mostrando così di sapersi collegare alla più genuina esperienza del Carmelo» (Gaetani, p. 154). Si ha come conseguenza che Teresa vede Maria come la «credente che ha manifestato costanza nella fede» (p. 156), «la prima discepola del Signore», il «modello di adesione totale e di contemplazione centrata sull’umanità santissima di Gesù» (p. 165). La devozione di Teresa verso Maria non poteva non essere senza conseguenze per la vita pratica delle sue sorelle e fratelli: ella «propose degli atteggiamenti concreti, quale risposta alla generosità e all’amore verso la Madonna» (Álvarez-Suárez, p. 188). Atteggiamenti che conservano ancora oggi la loro validità e non solo per i credenti carmelitani: ascolto della Parola di Dio, docilità verso di essa, umiltà, carità, servizio. L’analisi dei titoli, che Teresa attribuisce a Maria, porta alla conclusione che essi «hanno un sentire biblico ed evangelico» e rivelano «come la Santa sia particolarmente legata alla tradizione della Chiesa e del Carmelo, frutto di una profonda assimilazione della Scrittura e della tradizione dell’Ordine» (L’Afflitto, p. 208).
La terza parte è la più estesa e in essa l’intervento più esteso è certamente quello di Luca M. Di Girolamo, che analizza la figura di Maria nel pensiero dei teologi e predicatori carmelitani dell’antica osservanza lungo i secoli XVII-XIX. Molto interessante e lucida ci è sembrata l’analisi del contesto storico-mariologico dei secoli di riferimento. Quanto ai «protagonisti», egli ne individua tre gruppi: «a) teologi di professione; b) uomini/donne di pia riflessione e meditazione; c) predicatori» (p. 237) e ne presenta il loro pensiero teologico e spirituale, evidenziando anche il loro variegato rapporto di devozione verso Maria. Quindi, si sofferma a sottolineare il contributo che i carmelitani diedero alla proclamazione solenne del dogma dell’Immacolata concezione. Luigi Borriello, nel suo intervento, passa in rassegna, invece, la riflessione dei santi e dei teologi carmelitani scalzi relativamente agli stessi secoli XVII-XIX. Egli presenta questi santi e teologi come a volere “dipingere”, attingendo da loro, una serie di icone mariane, premettendo, a tutte, quella stessa della tradizione mariana del Carmelo, approdata, lungo i secoli, fino a Teresa di Gesù e a Giovanni della Croce. Queste icone, alla fine, danno «un’immagine chiara di Maria Vergine e Madre, quale donna dell’accoglienza contemplante del Verbo nel suo grembo e al tempo stesso del dono del suo Figlio ai suoi fratelli carmelitani» (p. 314). Gli interventi sulla mariologia carmelitana del XX secolo sono toccati a Kevin Alban e, per quanto riguarda i carmelitani scalzi, a Adrian Attard. I due studiosi hanno messo in luce come, in entrambi gli Ordini, il concilio Vaticano II segna come una linea di demarcazione relativamente al rapporto dei carmelitani con Maria: più devozionale nei decenni che lo precedono, anche se «non privo di una certa maturità e eleganza teologica» (Alban, p. 163), più biblico e scientifico nel periodo successivo o, per usare il linguaggio di Attard, «più interiore profondo, solido, maturo ed attivo» (p. 382). Sulla stessa linea si colloca Szczepan T. Pra?kiewicz nella sua relazione “La mariologia carmelitano-teresiana nel XX secolo”. Abbiamo posto in una quarta parte l’intervento dei coniugi Concetta M. Bomba e Amedeo Guerriere, entrambi appartenenti all’OCDS, dal titolo “Essere come Maria. Il carmelitano in cammino nel terzo millennio”, per il fatto che declina non più la storia, ma l’esperienza vitale concreta della devozione a Maria e anche lo sviluppo prospettico per un cammino di fede adeguato alle istanze che hanno le loro radici nel concilio Vaticano II. L’intervento prende l’avvio da un interrogativo: «Qual è il posto di Maria nella vita del Carmelitano?» (p. 411). A questo interrogativo i due coniugi rispondono che è quello connesso con l’impegno del credente di annunziare la buona novella nel mondo secolarizzato di oggi, in quanto lei, Maria, è il modello dell’autentico discepolo del Signore, così come ci viene insegnato nel cap. VIII della Lumen gentium e dalle stesse Costituzioni dell’OCDS che recitano: «Il Carmelo contempla Maria come Madre e Sorella, come “modello perfetto del discepolo” del Signore» (p. 420). Le modalità pratiche per attuare questo progetto – suggeriscono – sono la preghiera, come relazione di amicizia con Dio, e l’apostolato, come consegna di sé al Signore. I due coniugi danno, poi, un ulteriore suggerimento al carmelitano di oggi che è quello, sì, di non dimenticare la sua storia, ma è anche quello «di immaginare modalità nuove di declinazione del proprio carisma» (p. 421).
Il compito di tirare le fila del convegno è stato affidato alla professoressa Cettina Militello, che, a seguire il testo del volume dal titolo “Il Carmelo è tutto mariano. Sintesi e risultati del convegno”, ha svolto in maniera egregia. La Militello ha messo ben in rilievo alcune particolarità proprie nella devozione mariana del Carmelo e mentre si rammarica della perdita di qualcuna di esse, come la sororità di Maria, «nelle brume ampollose di certa cultura barocca» (p. 447), sottolinea che altre, quali quelle derivanti dai termini “vassallaggio”, “ossequio”, “patrona”, avrebbero bisogno di una attenta ermeneutica per una necessaria attualizzazione alla luce della mariologia postconciliare e della visione antropologica del nostro tempo. In conclusione, sentiamo di esprimere la nostra gratitudine ai curatori del volume per avere dato alle stampe un materiale tanto prezioso ai fini di una conoscenza ampia e articolata della mariologia carmelitana. Riteniamo il volume utile non solo agli addetti ai lavori, agli studiosi di mariologia e agli storici, ma anche a quanti, all’interno e fuori del Carmelo, vogliono conoscere e, perché no, approfondire l’iter dello sviluppo di una riflessione e di una devozione mariana che porta fino al concilio Vaticano II e ai nostri giorni. A nostro modo di vedere, sarebbe potuto risultare utile, soprattutto per quanti non conoscono il Carmelo, una scheda storica che potesse aiutare nella comprensione di alcuni dati, e, per tutti, un indice onomastico per facilitare l’approccio con quanto possa interessare. Questo, però, niente toglie alla ricchezza dei contenuti del volume che ci presenta una sintesi globale di un itinerario mariano di secoli. Ci aspettiamo, ora, uno sguardo ravvicinato su qualche tratto di questo itinerario o su qualche tematica particolare.
Tratto dalla rivista "Miscellanea Francescana" n. III-IV/2014
(http://www.seraphicum.com)
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