La liturgia nel postmoderno
EAN 9788820987428
«Un confronto stringente tra la liturgia in quanto azione celebrativa, e le attese dei partecipanti, che in fondo sono il soggetto postmoderno e deuteromoderno» (p. 7). Le parole dell’A. sintetizzano il contenuto del volume: la possibilità dell’uomo contemporaneo di «stare» nella celebrazione liturgica e la possibilità del rito cristiano di incontrare l’uomo in questo particolare frangente storico, sociale e culturale.
Il volume, che raccoglie diversi saggi elaborati nel tempo, è diviso in due parti: nella prima alcune grandi tematiche inerenti il soggetto umano vengono poste a confronto con l’esperienza liturgica, e la seconda rilegge il fatto liturgico nell’epoca delle comunicazioni sociali. La presentazione dei contenuti fondamentali capitolo per capitolo può dare un rapido conto dell’impostazione dell’opera. L’attenzione puntuale alla postmodernità, contraddistinta da un soggetto debole e frammentato, e alla deuteromodernità, caratterizzata piuttosto da un uomo piú fiducioso nei confronti della storia, consente all’A. di rinvenire le linee essenziali della disponibilità del soggetto ad abitare la liturgia. Il rito sembra essere l’esperienza che unifica simbolicamente le esperienze e che ricrea l’unità nella dispersione.
Dopo la rinuncia alle metanarrazioni, la liturgia si offre all’uomo della seconda modernità come nuovo grande racconto che spinge il soggetto al di fuori di sé verso l’oggettività del mistero celebrato (Il soggetto celebrante. Nel postmoderno e deutero moderno 1). Tale processo non è esente da difficoltà in un contesto nel quale la liturgia deve fare i conti con un bricolage religioso tutt’altro che ipotetico (L’ultimo Dio: verso il politeismo? Il Pantheon postmoderno delle nuove religioni 2). La parte piú rilevante del libro è indubbiamente quella dedicata al rapporto tra liturgia ed etica nel tentativo di raccordare l’agire rituale al comportamento che ne dovrebbe conseguire (Liturgia «luogo» etico 3). Un tema che trova un riflesso significativo nell’idea di sacrificio, particolarmente feconda a livello liturgico, e il suo depauperamento simbolico nelle teorie sociali (Sacrificio e vittime sacrificali 4). Il raffronto tra assemblea liturgica e democrazia mette in luce analogie e differenze di due concetti forti alla luce dell’idea di partecipazione attiva e fruttuosa (Democrazia e partecipazione nell’assemblea liturgica 5). Una finestra interessante viene aperta sul rapporto tra Comunicazione liturgica e ambiente mediale (6) e sulla «notiziabilità della liturgia» nel grande agone mediatico (La liturgia: rete globale della Chiesa 7). Temi che introducono allo sguardo sul Giubileo del 2000 e all’incidenza delle celebrazioni liturgiche tra corporeità e mezzo televisivo (Giubileo «mediatico» 8) e all’impatto della prassi liturgica nell’epoca del digitale (Celebrare nel mondo digitale 9). Certamente il volume guarda in modo appassionato alla cultura attuale nel tentativo di far dialogare l’esperienza liturgica con le tante esperienze conoscitive dell’epoca contemporanea.
Un dibattito, dunque, sincero e coraggioso, che non teme di rapportare la prassi sacramentale con l’uomo attuale, con le sue possibilità e le sue difficoltà. Non meravigliano, a questo proposito, le numerose citazioni bibliografiche afferenti alla filosofia e al pensiero contemporaneo. Indubbiamente la questione centrale dei saggi presentati è data dalla relazione tra liturgia ed etica e, forse, su questo punto si impongono delle riflessioni necessarie per non scivolare troppo rapidamente dal piano simbolico-rituale a quello etico. Il pericolo è la trasformazione della celebrazione da incontro di grazia attraverso la mediazione simbolica e il linguaggio rituale a «vetrina del sentire etico» (p. 8), secondo una definizione emblematica dell’A. Ma la liturgia effettivamente è semplicemente un espositore ove attingere valori e proposte di impegno? La salvezza partecipata ritualmente può essere ricondotta a un’offerta valoriale? Ciò che il credente-celebrante esperisce nella celebrazione è innanzitutto una proposta di valori? Non può non destare perplessità la definizione dell’Assoluto come «il valore per eccellenza» (p. 103).
L’accettazione delle dinamiche rituali, e della struttura celebrativa eucaristica in primis, obbliga a passare da una concezione rappresentativa del culto a una concezione esperienziale, espressiva certamente e soprattutto impressiva, ove i simboli sono innanzitutto da assumere fino in fondo e, in quanto tali, trasformano l’uomo. L’osservazione sull’azione liturgica che «offre e fa sperimentare valori e mete all’uomo, al suo agire morale» (p. 94) sembra troppo debole rispetto all’«in id quod sumimus transeamus» dell’insegnamento leoniano, dove la trasformazione della persona è data innanzitutto dalla manducazione rituale dei santi doni. Il passaggio dall’azione rituale al comportamento sembra non tener conto adeguatamente della natura simbolico-rituale della liturgia. È l’alterità del rito rispetto alla vita a fare sí che la liturgia mantenga un certo riserbo rispetto ai comportamenti e ai valori, a plasmare corpi e coscienze nei credenti: senza questa premessa ogni azione rituale si impoverisce in quanto si riduce a mera esplicitazione di valori.
In questo senso la frazione del pane è molto piú che promozione della vita comunitaria, ma azione esterna e interna che scolpisce l’identità del soggetto credente. Interessante è il discorso relativo alla liturgia nell’epoca dei media, una liturgia che, proprio grazie ai media, viene diffusa oltre la dimensione locale. A questo proposito l’A. a ragion veduta rileva lo scarto tra la partecipazione virtuale, dove manca la corporeità e tutto è rappresentato, e la partecipazione liturgica, dove il corpo è imprescindibile. Qui prende forza l’accostamento tra le notizie del mondo e le notizie della celebrazione dove il cuore del discorso non è dato soltanto dal contenuto, ma anche dalla cura del medium liturgico in termini di considerazione dei linguaggi e di regia celebrativa. Una maggiore precisione terminologica, per quanto il confronto tra i due ambiti possa suggerire alcune affinità, sembra necessaria: quanto è pertinente l’assimilazione dell’assemblea liturgica al «pubblico» fino a renderla un «utente» (p. 187) a fronte della liturgia intesa come «emittente della società chiesa» (p. 188)? L’accostamento dell’esperienza liturgica al terreno del pubblico e del politico riduce la portata della liturgia come realtà misterica che prima di dire qualcosa fa fare esperienza della salvezza. La forza del volume di Cescon è data dal tentativo di accostare elementi della contemporaneità con la prassi liturgica, la celebrazione, come «linguaggio privilegiato della Chiesa» (p. 174), e la cultura in continuo cambiamento.
Domande e suggestioni non trascurabili, e che, tuttavia, non possono esimere chiunque si interroga sulla liturgia dal compiere doverose e serie indagini sulle risorse che permettono al rito di comunicare la salvezza ancora oggi. Se questa accurata attenzione non viene meno ci può essere uno scambio fruttuoso tra la Ecclesia orans e la società cosiddetta «liquida», in continua accelerazione e, tuttavia, cosí assetata di simboli che le indichino il senso del cammino del vivere e del credere.
Tratto dalla rivista "Studia Patavina" n. 2/2013
(http://www.fttr.it/web/studiapatavina)
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