Teologia della vita mistica
-Fondamenti, Dinamiche, Mezzi
EAN 9788820983369
Francesco Asti, professore di teologia spirituale presso la Pontificia Facoltà teologica dell’Italia meridionale, ha al suo attivo due opere importanti: Spiritualità e mistica (Città del Vaticano 2003) e Dalla spiritualità alla mistica (Città del Vaticano 2005). Questa Teologia della vita mistica è la terza opera che conclude la trilogia sulla mistica, intesa come teologia spirituale presentata attraverso l’analisi del vissuto mistico.
Tratto dalla rivista Concilium n. 3/2010
(http://www.queriniana.it/rivista/concilium/991)
La composizione del volume è molto semplice: consta di tre parti. Possiamo dire che don Francesco Asti, docente nella Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale, cerca in tutta l’opera di far vedere in queste tre parti che la conoscenza mistica e conoscenza teologica possono convergere o sostenersi reciprocamente. Per “teologia” intendiamo generalmente la conoscenza di Dio e il modo di parlare di lui secondo il doppio senso di logos, ragione e discorso. È importante notare che la conoscenza teologica presuppone un modo di vita che metta l’intelligenza in accordo con Dio. Dall’altra parte, la “mistica” è vivere in unione con Dio sempre più intimamente, prendere coscienza di quest’unione, sperimentarla in se stesso. Secondo noi l’autore basa tutto il suo discorso su questi due lati della vita mistica: da una parte, l’operazione di Dio nella persona umana e, dall’altra, i fattori umani che non possono essere dissociati dalle operazioni di Dio. La mistica non è soltanto l’opera del soggetto che s’innalza a un livello superiore, ma è allo stesso tempo il fatto che Dio si inclina verso di noi.
Quanto sopra detto è sufficiente per indicare la mutua relazione che intercorre tra teologia e mistica. Nella terza parte, dedicata ai mezzi che l’essere umano adopera nella vita secondo lo spirito, Asti dedica un capitolo (il nono) alla vita mistica nella liturgia della chiesa. E scrive: «La liturgia e i sacramenti rappresentano le modalità storiche con cui Dio desidera comunicare la sua vicinanza» (p. 443). Per una migliore esposizione dei rapporti esistenti tra teologia-liturgia-mistica, occorre ricordare alcuni principi teologici ed esistenziali che sottendono tale rapporto. 1. La mistica cristiana trova nella liturgia (parola e sacramenti), il suo nutrimento più solido. La liturgia non è celebrazione di un’idea, ma il luogo teologico per entrare in contatto con il mistero salvifico di Dio, mistero che trasforma la vita stessa dei credenti. In tale incontro la salvezza non solo si annuncia tramite la parola di Dio, ma si compie e si attualizza altresì «per mezzo del sacrificio e dei sacramenti, su quale s’impernia tutta la vita liturgica» (SC 6). Nella liturgia, il credente entra in contatto con il Cristo della gloria che continua la sua missione di guarigione, di purificazione, di perdono e di nutrimento, non più in un modo diretto, ma attraverso le azioni sacramentali della chiesa che è «sacramento di salvezza» (AG 5), «sacramento visibile […] di unità salvifica» (LG 9), «universale sacramento di salvezza» (LG 48). In questo senso, la liturgia è mistagogica, come spiega l’autore, cioè iniziazione effettiva e reale al mistero.
Di qui nasce la dimensione mistica della liturgia in quanto questa è l’attualizzazione del mistero divino nella vita del cristiano. La liturgia compie nel credente l’incorporazione e l’assimilazione a Gesù Cristo, Figlio di Dio, «immagine e gloria del Padre» (2Cor 4,4; Col 1,15) ed è strumento della sua “divinizzazione” ad opera delle tre Persone divine che hanno voluto renderlo «partecipe della natura divina» (cf. 2Pt 1,4). Oltre a essere mezzi di partecipazione diretta ed efficace agli atti redentori di Cristo, in modo particolare alla sua morte e risurrezione, i segni sacramentali sono anche mezzi di comunicazione con la persona di Gesù e di assimilazione alla sua vita. Da essi nasce un’imitazione della vita del credente dei misteri celebrati nella liturgia. Di conseguenza si può affermare, d’accordo con Asti, che il mistero che si celebra nella liturgia è il dono della vita di Dio, rivelato in Cristo suo Figlio, morto e risorto, con l’effusione dello Spirito. Tutte le celebrazioni dell’anno liturgico mirano a far vivere sempre più pienamente il mistero di Cristo. A p. 464, l’autore scrive che «in ogni mistico possiamo notare tre caratteristiche che partono dall’anno liturgico: la centralità della Pasqua, la configurazione a Cristo attraverso i sacramenti». La liturgia nella sua versione mistica è, dunque, radicalmente sacramentale: «Sorge, cresce e si consuma nell’ambiente vitale dei sacramenti a cui la fede ci introduce e ci fa partecipare. La vita mistica cristiana […] non è che lo sviluppo pieno della vita del Cristo risuscitato, comunicata nei sacramenti e la trasformazione in questa stessa vita operata nel battezzato sotto l’azione dello Spirito Santo». 2. Liturgia e mistica: la parola di Dio nella liturgia è Dio che offre se stesso. Il luogo privilegiato in cui la parola di Dio risuona con particolare efficacia è la liturgia, poiché «in essa Dio parla al suo popolo e Cristo continua ad annunciare il Vangelo» (SC 33).
Nella celebrazione liturgica, la Parola si fa storia e consente così di cogliere nei fatti ordinari quotidiani gli eventi salvifici, soprattutto la passione, morte e risurrezione del Signore. Il Concilio Vaticano II, esprimendo la convinzione più profonda della tradizione cristiana, insegna che Dio continua a parlare al suo popolo. Lo fa in modo del tutto speciale nella liturgia, cioè nella celebrazione o liturgia in azione. Nella celebrazione liturgica si svolge un continuo dialogo tra Cristo (mediatore definitivo della parola divina) e l’assemblea che rappresenta la chiesa; un dialogo basato sulla parola concreta della Sacra Scrittura che è dono di Dio agli uomini per la loro salvezza e che espone l’economia divina che il Padre nello Spirito Santo ha portato a compimento nel Vangelo di Gesù Cristo (cf. DV 2; 4; 7). Tale dialogo ha come punto di arrivo il Padre, lo stesso Dio che è all’inizio di esso e che invia il suo Spirito a predisporre il cuore degli uomini all’ascolto e all’accoglienza della Parola di vita. La celebrazione della parola di Dio nella liturgia risponde alla perenne validità che hanno tutti i fatti e le parole della salvezza rivelati nella Scrittura. Infatti, l’economia della salvezza è stata disposta da Dio in modo che essa si sviluppasse efficacemente non solo in ognuno degli avvenimenti storici che toccarono l’apice in Cristo, ma anche nel tempo futuro. Di conseguenza, tutti gli uomini possono accettare e vivere con fede quegli eventi che avevano realizzato la salvezza (cf. DV 25). Il Dio che parlava con i profeti e che, nella pienezza dei tempi, volle trattare a tu per tu con tutti gli uomini per mezzo del Figlio suo è lo stesso che continua a dialogare con la chiesa nella celebrazione liturgica. Si può affermare che, nel cammino di ogni cristiano questa rivelazione di Dio diventa straordinariamente personale: Dio ci tocca perché per lui ognuno di noi è unico; ogni vita umana viene ri-modellata dalla sua mano; la sua voce sussurra attraverso lo Spirito Santo nei nostri cuori. In realtà, l’azione dello Spirito fa penetrare la parola di Dio e l’annuncio della salvezza nei cuori, suscitando la conversione, la fede, la lode l’invocazione, il gesto e il rito, come risposta efficace: «L’azione dello Spirito non solo precede, accompagna e prosegue tutta l’azione liturgica, ma a ciascuno suggerisce nel cuore (cf Gv 14,15-17.25-26) tutto ciò che nella proclamazione della parola di Dio vien detto per l’intera assemblea dei fedeli. Il contatto con la Parola edifica l’itinerario mistico del credente.
Man mano che la Parola introduce più profondamente nel mistero di Dio e il credente si lascia trasformare dalla potenza dello Spirito, essa diventa suscettibile di ulteriore approfondimento e, a sua volta, il credente è immerso nell’abisso della vita divina. L’autodonazione di Dio attraverso l’attualizzazione del mistero di salvezza nella vita del cristiano indica come la liturgia rimane sia il fulcro di uno stile di vita cristiana che conduce alla più alta perfezione. Questo dono di Dio, di cui la liturgia rimane la sorgente primaria e fondamentale, esige da parte dei partecipanti una risposta specifica cristiana. La Sacrosanctum Concilium afferma a questo proposito: «Nondimeno la liturgia è il culmine verso cui tende l’azione della chiesa e, insieme, la fonte da cui promana tutta la sua virtù […]. A sua volta, la liturgia spinge i fedeli, nutriti dei “sacramenti pasquali”, a vivere “in perfetta unione”; domanda che “esprimano nella vita quanto hanno ricevuto mediante la fede”» (n. 10). In altre parole, la vita spirituale viene nutrita attraverso la partecipazione liturgica, ove si appropria di ciò che si celebra per tradurlo poi nella propria esistenza quotidiana. Così la liturgia diventa uno stile di vita cristiana fondato sull’assimilazione a Cristo, per mezzo dei sacramenti d’iniziazione e dei sacramenti in genere nonché della preghiera della chiesa. In conclusione, l’autore è stato capace di mostrare che non è paradossale affermare che liturgia (o meglio teologia liturgica) e mistica possano stare insieme. A prima vista, la natura della liturgia può sollevare qualche incompatibilità con l’esperienza mistica. In realtà, esiste un rapporto intrinseco tra di loro. La liturgia permette al credente, tramite segni e simboli, di fare memoria dell’azione salvifica del Cristo, rivivendola, rendendola nuovamente presente ed attuale nella sua efficacia divina. Si può, dunque, affermare che nella celebrazione liturgica risplende il mistero salvifico di Dio vivente nell’uomo che restituisce, per così dire, a Dio Padre, la sua esistenza per Cristo e nello Spirito.
Nella liturgia, il cristiano cresce «in ogni cosa verso di lui che è il Capo, Cristo» (Ef 4,15) e giunge al pieno dello sviluppo dell’intelligenza che gli consente di «penetrare nella perfetta conoscenza del mistero di Dio» (Col 2,2-3). Salvatore Marsili afferma al riguardo: «Sarà, appunto la liturgia attraverso la diretta “esperienza” del mistero di Cristo (esperienza di salvezza interiore), a darci quella “conoscenza e rivelazione” dello stesso mistero che non potrà mai restare solo intellettuale, ma tenderà sempre a rappresentarsi, con l’aumento della “conoscenza e rivelazione”, in una maggiore esperienza intima ed esistenziale. La Scrittura, quindi, anche rivelazione di salvezza, si completa nella liturgia». Quest’esperienza mistico-liturgica, sotto la guida sello Spirito, cresce sempre più nella celebrazione della Parola e dei sacramenti. Più il fedele penetra nel mistero di Dio nella celebrazione liturgica, più diventa una «creatura nuova» al punto da dire: «Non sono più io, ma è Cristo che vive in me» (Gal 2,20). Raggiunge così il culmine della spiritualità, che è la vita cristiana in atto, in tensione (epektasis) verso la piena statura di Cristo Signore (cf. Ef 4,23). Quando l’unione interiore, effetto della vera partecipazione attiva della liturgia raggiunge la sua perfezione, essa diventa, al tempo stesso, contemplazione o partecipazione. «Se dunque», afferma Cipriano Vagaggini, «la contemplazione è un atto infuso di carità, si deve dire che non si può dare partecipazione piena e perfetta alla liturgia, se non è nello stesso tempo partecipazione contemplativa. Ecco in che senso la liturgia è ordinata alla mistica come ad un aspetto essenziale di se stessa».
La mistica cristiana è, dunque, presa di coscienza del progetto salvifico di Dio celebrato nella “memoria” liturgica. Ciò apre la via alla contemplazione sino al silenzio estatico ed adorante del Dio di Gesù Cristo nell’unità dello Spirito Santo amore. La celebrazione liturgica diventa così punto di partenza per vivere responsabilmente ciò che si sperimenta in questa comunione di amore con il Dio della vita e quindi missione profetica verso il compimento già qui e ora, del mistero salvifico intratrinitario. Non rimane altro che dire al professor Asti quello che abbiamo scritto nella conclusione: «La tua opera è un tuffo nella vita secondo lo Spirito, cioè la vita mistica. Tutto hai saputo proporre in maniera sistematica, pur riconoscendo la imprevedibilità della vita mistica, che è e rimane iniziando Dio trinità raggiungibile e conoscibile prima di tutto attraverso l’amore del credente».
Tratto dalla rivista Asprenas n. 1-2/2010
(http://www.pftim.it)
La riflessione teologica postconciliare, com’è noto, è caratterizzata da una stagione di fruttuoso ripensamento che coinvolge anche il versante della spiritualità, la quale viene ricompresa in una prospettiva di fondazione teologica, allontanandosi dalla sterile divisione tra teologia (studio) e spiritualità (vita, soprattutto ascetica e/o interiore), divenendo teologia spirituale. Anche la mistica ha subito un salutare ripensamento abbandonando la divisione tra ascesi (per tutti, vita spirituale, via ordinaria) e mistica (solo per alcuni, vita mistica, via straordinaria) focalizzandosi non sulla fenomenologia mistica riservata a poche “anime elette”, ma sul mistero di Dio nella vita dell’uomo nella prospettiva dell’universale chiamata alla santità proposto dal concilio Vaticano II e dal Magistero postconciliare.
È proprio sulla mistica che gli ultimi decenni hanno visto un intensificarsi di convegni e di pubblicazioni ponendola al centro di un interesse che ha investito non solo tutti i rami della teologia, ma anche vari ambiti della filosofia e discipline come la fenomenologia, l’ermeneutica, la psicologia, la sociologia, la comunicazione e l’arte. La poderosa opera che presentiamo si inserisce in questo orizzonte di riscoperta della mistica e costituisce il terzo pannello del “trittico mistico”, se così possiamo chiamarlo, offerto dall’autore – noto docente di Teologia spirituale nella Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale – sempre per i tipi della Libreria Editrice Vaticana. Le prime due ‘tele’ – Spiritualità e mistica (2003) e Dalla spiritualità alla mistica (2005) – hanno descritto la mistica nel rapporto con la spiritualità ponendo il fulcro su quest’ultima in cui si è dapprima indagato il metodo, in chiave storica e fenomenologica (prima ‘tela’: Spiritualità e mistica) e poi si è colta la valenza interdisciplinare nell’apporto delle varie scienze, non solo teologiche, ponendo alla stessa teologia una serie di importanti stimoli a vari livelli, soprattutto la necessità di una ricerca unitaria che superi la frammentazione (seconda ‘tela’: Dalla spiritualità alla mistica di cui si rimanda alla recensione pubblicata in Lateranum 72/3 [2006] 705-710).
La terza ‘tavola’ affronta direttamente la “mistica”, o meglio la “teologia della vita mistica”, con l’obiettivo di approfondire lo statuto epistemologico della teologia spirituale mediante l’indagine della vita, nel senso di vissuto, mistico. Il tomo si articola in tre grandi sezioni, ben evocate nel sottotitolo. La prima si occupa dei ‘Fondamenti’ (pp. 15-98), la seconda delle ‘Dinamiche’ (pp. 101-393) e la terza dei ‘Mezzi” (397-654). Il volume si apre con una breve introduzione del prof. H. Blommestijn, della Pontificia Università Gregoriana e si chiude, dopo una breve conclusione di Edmondo A. Caruana, responsabile editoriale della LEV, con la bibliografia.
La prima sezione, ‘Fondamenti’, si articola in due capitoli “I principi epistemologici della vita mistica” e “La struttura disciplinare della vita mistica”. È in questa sezione che il nostro autore pone le basi dell’ardua impresa del ripensamento della “Teologia spirituale”, proponendola, appunto, come “Teologia della vita mistica” focalizzata sul mistero di Dio nella vita concreta dell’uomo credente. Due mi sembrano, in estrema sintesi, gli elementi che costituiscono l’ossatura su cui si pongono i ‘Fondamenti’. Il primo è dato dal guadagno recente intorno al dibattito sulla questione mistica teologicamente fondata e che l’autore lucidamente individua in tre aspetti: «L’attuale dibattito si è sviluppato con nuove piste di riflessioni indicate dagli interventi magisteriali, da convegni internazionali e da centri culturali […]. Benedetto XVI, nella sua enciclica Deus caritas est, sottolinea la dimensione agapica della fede propria di una intensa esperienza di Dio Trinità. Le espressioni del Cantico dei Cantici fanno da sfondo alla mistica cristiana che indica Cristo come Sposo dell’umanità Sposa. La mistica intesa cristianamente è uno svolgersi nella storia dell’incontro appassionante con il Dio rivelato in Gesù Cristo e che coinvolge le attività quotidiane del credente» (p. 17). Il secondo elemento è quasi la conseguenza e la riformulazione sintetica del triplice guadagno evidenziato sopra, ossia la descrizione di cosa si intenda per mistica: «Il termine mistico è da applicare alla persona trasformata dall’amore di Dio» (p. 18). La relazione tra Dio e l’uomo, tra Dio Trinità (caritas) e l’uomo concreto (nella storia), è quindi l’oggetto della teologia della vita mistica, in cui l’amore di Dio coinvolge, trasformandolo, l’uomo facendolo crescere nell’amore o, se si preferisce, nella santità ossia della vita mistica come credente in Cristo. Una delle prime conseguenze riguarderà le fonti dell’indagine teologica, in cui non dovranno più essere assenti i libri scritti dai santi, anche se non teologi “di professione”. L’autore si preoccupa anche di sottolineare alcune differenze significative, attraverso le quali chiarifica la propria argomentazione sulla mistica.
Tra le distinzioni, quella tra teologia della mistica e teologia della vita mistica. La prima considera l’esperienza ‘diretta’ dei mistici, la seconda, invece, si allarga allo studio teologico dell’esperienza credente quale movimento di comunione con Dio, detto appunto non solo mistico, ma della vita mistica, in quanto cammino di fede vissuto nella ferialità della vita quale sviluppo battesimale dei doni di Dio (cf. pp. 21-22). Infatti, «il cammino mistico […] non riguarda solo il monaco o la monaca che si ritirano nel deserto, ma ogni fedele, in quanto l’incontro trasformante con Dio avviene quando l’anima è unita a Lui» (pp. 29-30). Altra sottolineatura è data dalla distinzione tra esperienza mistica e vita mistica. Con la prima si intende porre in evidenza la scintilla, il frammento che costituisce l’anelito e l’immediatezza dell’irripetibile presenza/incontro di/ con Dio. Con la seconda l’esperienza/consapevolezza della comunione con Dio attraverso l’esercizio delle virtù teologali, delle mediazioni ecclesiali, sacramentali e spirituali vissute nelle concrete vicende storiche personali. Il nostro autore, come detto, propone non una teologia della mistica, né dell’esperienza mistica, ma della vita mistica.
La seconda sezione, ‘Dinamiche’, si articola in cinque capitoli. I primi due trattano dell’incontro di Dio con l’uomo (la comunicazione di Dio) e dell’incontro dell’uomo con Dio (l’antropologia mistica). Quindi i successivi analizzano la vita mistica, l’esperienza mistica e la lotta spirituale. In questa seconda sezione – senza entrare nei dettagli in questa parte che da sola occupa 300 pagine del volume – la dinamica teologica è letta quale comunicazione e condiscendenza di Dio in un’ottica trinitaria, cristologica, pneumatologica e sponsale. La dinamica antropologica è colta quale figliolanza (adottiva) di Dio, nella prospettiva dell’immagine e somiglianza divina con particolare attenzione a un orizzonte integrale dell’uomo (corpo, coscienza, affettività). La dinamica mistica è indagata nelle due valenze (preannunciate nella prima parte del volume, come visto) di vita (secondo lo spirito) e di esperienza. Per la prima l’attenzione è posta alla grazia, ai doni dello spirito e alle virtù teologali. Per la seconda alla descrizione dell’esperienza mistica e ai fenomeni mistici. Chiude questa seconda sezione un capitolo dedicato alla lotta spirituale tra il peccato e la grazia, quindi tra le tentazioni e le purificazioni. La terza sezione, ‘Mezzi’, comprende ancora cinque capitoli. Si inizia con “Il cammino secondo lo Spirito”, che è l’altro modo con cui si enuncia la “vita mistica”, quindi “La vita mistica nella liturgia della Chiesa” e “La preghiera nella Chiesa”.
Chiudono la sezione due ulteriori capitoli: il primo sull’accompagnamento spirituale e il secondo su problematiche attuali. La terza sezione inizia, quindi, con un capitolo centrato sulla santità che viene declinata in senso biblico, teologico, cristologico, ecclesiologico, pedagogico chiudendo indagando sul rapporto tra mediazione e immediatezza. Il secondo capitolo affronta la vita mistica nella liturgia in cui prendono posto considerazioni sulla mistagogia, sulla sacramentaria e sui sacramenti. La preghiera, che costituisce il terzo capitolo, è colta in una fondazione biblica che affonda le proprie radici nell’Antico Testamento per poi diventare trinitaria e cristologica. In questo capitolo assume giustamente una valenza significativa la lectio divina. Nel capitolo dedicato all’accompagnamento spirituale il nostro autore indaga con attenzione sulla situazione culturale contemporanea per collocare la propria risposta di “vita mistica” all’interno di un’esperienza concreta di vissuto con tutte le potenzialità insite nell’humanum, ma non nascondendo i limiti e le ombre offerte dalla società odierna. L’accompagnamento spirituale e il discernimento personale e comunitario risultano, quindi, proprio nel contesto attuale, particolarmente necessari. Con l’ultimo capitolo, Asti affronta un’ampia serie di problematiche attuali, aprendo l’analisi sottolineando l’unica proposta biblica in ordine alla sequela. Non due vie alla santità: i comandamenti per i laici e i consigli evangelici per i religiosi, ma un’unica via alla santità fondata sul battesimo da cui derivano le varie vocazioni specifiche del credente (cf. p. 614).
Posta questa premessa, il capitolo analizza le varie spiritualità. Del laico si sottolinea che «nuove sono le problematiche a cui il laico è chiamato ad impegnarsi […]. La famiglia è il primo campo di lavoro. La disgregazione del nucleo familiare […] è il vero banco di prova di un laicato adulto e responsabile. […]. L’ambito lavorativo è oggi un ambito privilegiato […]: i soldi, la struttura economica non sono fini a se stessi; l’uomo non è un ingranaggio di una macchina che produce ricchezza, bensì è lui la ricchezza stessa da salvaguardare» (p. 615). Del presbitero e del religioso si pone in evidenza la necessità di una forte esperienza di tipo comunitario che sappia superare i limiti di una visione troppo intimistica della propria vocazione. Il capitolo evidenzia, quindi, i vari movimenti laicali, l’ecumenismo spirituale fino alla mistica e le varie religioni in cui sottolinea un’importante considerazione secondo la quale «i mistici cristiani […] hanno sempre evidenziato l’importanza delle mediazioni storiche (sacramenti, Chiesa) come via per l’unione con Dio. In effetti Gesù di Nazareth, il Logos Eterno, ha scelto di incarnarsi per comunicare la volontà del Padre ad ogni uomo e ad ogni donna. Il suo essere mediatore fra il Padre, la creatura e la creazione ha determinato un positivo orientamento verso ogni realtà storica. In questo senso Gesù Cristo è la realizzazione storica della volontà di Dio che desidera incontrare ogni uomo» (pp. 630-640). Chiude il capitolo l’analisi del fenomeno New Age quale nuova spiritualità. Come osservazione conclusiva, si può osservare che l’impresa progettata da Asti è stata portata a felice compimento attraverso un’indagine che ha saputo sapientemente coniugare una metodologia attenta alle fonti bibliche, patristiche, magisteriali e teologiche e una riflessione sistematica sempre argomentata nonché attenta alla temperie culturale contemporanea. La ricerca che ne esce è un invito (riuscito) a proporre una riflessione teologica unitaria seguendo le tre direzioni che ho già evocato all’inizio e che riprendo in forma sintetica: esperienza agapicotrinitaria della fede, mistica sponsale e dimensione storica dell’incontro Dio-uomo.
Come rilievi critici siano consentite solo due osservazioni. L’autore nota giustamente che «l’azione liturgica non si pone fra l’evento Cristo e la vita cristiana, quasi che fossero due realtà poste l’una dinanzi all’altra, ma la liturgia e il mistero di Cristo coincidono, in quanto è l’esperienza dell’incontro fra la comunità credente e il Dio-Trinità che viene celebrata e vissuta» (p. 80). Alla luce di questa pregnante descrizione della liturgia, non sarebbe stato più opportuno inserire il capitolo IX, “La vita mistica nella liturgia della Chiesa” nella seconda parte, ‘Dinamiche’, anziché nella terza, ‘Mezzi’? L’autore pone giustamente la mistica sponsale (in chiave cristologica) nel III capitolo, nelle ‘Dinamiche’. Perché non inserire nella III sezione, ‘Mezzi’, un riferimento a Cristo “Sposo”, almeno quando è citata la Pastores Dabo Vobis di Giovanni Paolo II (cf. PDV 22), di cui si considera la spiritualità del presbitero solo come Capo e Pastore (cf. PDV 13-16)? (p. 622). Queste piccole opinabili osservazioni nulla tolgono, naturalmente, al notevole valore dell’opera di Asti.
Tratto dalla rivista Lateranum n. 3/2011
(http://www.pul.it)
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egidio il 2 novembre 2011 alle 12:57 ha scritto:
Se volete capire cos'è la mistica cristiana cattolica, vi rimando alla lettura di S. Giovanni della Croce e di S. Teresa d'Avila. Se poi volete chiarimenti, spiegazioni, risposte a dubbi leggete lo Scaramelli(1700), del'inizio '900 Poulain (Delle grazie d'orazione) e Tanquerey (Compendio di Teologia Ascetica e Mistica), Saudreau.
Ho speso soldi pensando di trovare un libro che trattasse della contemplazione infusa, invece tratta di tutt'altro: Dogmatica, liturgia, morale, psicologia, ecc. Pensate che sulle orazioni mistiche ci sono appena quattro pagine e sulla notte dello spirito una quindicina di righe. Assurdo!
Domanda: ma la mistica fino a sessant’anni fa non era la contemplazione infusa passiva ?