Il booktrailer
Esistono saggi che si leggono come romanzi e romanzi che hanno la portata di saggi. Rino Cammilleri eccelle in ambedue le modalità di scrittura e, dopo alcuni romanzi che avevano il pregio di focalizzare l’attenzione su periodi poco conosciuti della storia italiana – o meglio di darne una interpretazione diversa da quella usuale – come i due lavori sull’Italia postunitaria, Sherlock Holmes e lo strano caso di Ippolito Nievo e Immortale odium, sposta la sua attenzione in una terra lontanissima, il Giappone, per raccontare l’epopea dei martiri giapponesi.
A metà Ottocento un missionario europeo incontra, in uno sperduto villaggio nei pressi di Nagasaki, un vecchio che, prima di morire, gli racconta cosa accadde due secoli prima, quando un gruppo di samurai (più precisamente di ronin, samurai senza padrone) convertiti al cattolicesimo decise di ribellarsi alle continue angherie degli amministratori locali (i daimyo) che per conto dello shogun (il capo militare che aveva di fatto esautorato l’imperatore) vessavano terribilmente la popolazione. Incuranti delle difficili condizioni causate dalle carestie, infatti, pur di soddisfare il governo centrale ed evitare di essere deposti o puniti, i funzionari locali non si fermavano di fronte ad alcuna efferatezza pur di riscuotere il dovuto.
Ciò non stupisca: basta tenere conto della cultura giapponese, frutto della religione scintoista (su cui erano fioriti innesti buddisti e confuciani), che come le altre religioni orientali trasforma l’uomo in un semplice numero. Nel Giappone delle caste e del disprezzo della vita dei singoli, il cristianesimo portato dai missionari attecchì non solo e non tanto nei diseredati, quanto proprio nella casta militare (e san Francesco Saverio si rese conto che avrebbe dovuto agire – mutatis mutandis – come Carlo Magno, procedendo a battezzare il capo per convertire anche il resto del villaggio). Fu così che nel 1636-1637, in seguito ad una forte carestia e all’inasprirsi della tassazione vessatoria, un gruppo di ronin convertiti capeggiò una rivolta non solamente per pagare meno tasse, ma soprattutto per un ideale superiore di libertà religiosa (il cattolicesimo era perseguitato, anche grazie alla menzogna, sparsa ad arte dai mercanti luterani olandesi, che fosse un mezzo del Re di Spagna per conquistare il Giappone come aveva conquistato le Filippine). Solo un ideale ben più alto di quello meramente economico, infatti, avrebbe potuto dare ai ribelli la forza di resistere contro un avversario molto più numeroso e meglio equipaggiato.
Il centro del racconto è la disperata resistenza, che si concluderà con un massacro generale (all’unico sopravvissuto, come nella famosa storia dei 47 ronin, il compito di ricordare i caduti), ma la cornice del romanzo tratteggia la storia del cattolicesimo in Giappone annientato nel 1647 e sopravvissuto quasi miracolosamente nonostante due secoli catacombali senza alcun contatto con Roma e, solo dopo il 1889 riammesso nei territori imperiali e concentratosi a Nagasaki, città senza alcun rilievo strategico che subì un vero e proprio olocausto il 9 agosto 1945 quando, a Giappone fiaccato, venne lanciata la seconda, inutile bomba atomica.
Tratto dalla rivista Radici Cristiane n. 47 - Agosto/Settembre 2009
(http://www.radicicristiane.it)
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