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Descrizione
Herri met de Bles. Gli stratagemmi del paesaggio al tempo di Bruegel e di Erasmo è la prima monografia importante pubblicata su Herri met de Bles (1500-1558 ca.), uno dei principali rappresentanti della pittura di paesaggio fiamminga del XVI secolo insieme con Joachim Patinir e Pieter Bruegel. Bles è anche uno dei pittori più enigmatici nella storia della pittura di paesaggio, il cui ricco corpus suscita ancora numerosi interrogativi. Le sue opere sono affrontate qui nel contesto storico della città di Anversa, che si trasforma in quest’epoca in una metropoli economica e culturale internazionale: luogo d’intensa produzione artistica ed editoriale, di dibattito sul significato delle Scritture e anche di contestazione dei dogmi della Chiesa, in uno spirito erasmiano – che contrappone materia e spirito, visibile e invisibile – di cui i paesaggi religiosi di Bles rimandano l’eco. Superando i limiti del semplice studio monografico, questo libro propone una riflessione sull’immagine come «esegesi visiva». L’Autore mette in discussione l’approccio iconografi co tradizionale e propone una interpretazione inedita degli affascinanti paesaggi di questo erudito pittore, e ci permette anche di scoprire un fenomeno pittorico fi no ad oggi pressoché ignorato: la presenza di stravaganti figure antropomorfe nascoste nella trama vegetale e nelle rocce. Lungi dall’essere marginali e insignificanti, queste immagini doppie offrono una via privilegiata per la comprensione dei paesaggi di Bles. Messe a confronto con le opere composite di Arcimboldo e di Josse de Momper, con il pensiero esegetico di Erasmo e con l’idea cristiana del libro della natura, esse svolgono un ruolo decisivo all’interno dei suoi paesaggi: quello di indurre uno slittamento dal piano del significato letterale a quello del significato spirituale. Bles divenne celebre come il «pittore della civetta», l’uccello della dissimulazione e del discernimento, che egli nascondeva in tutti i suoi paesaggi. Karel van Mander, il suo biografo, che ripeteva con insistenza l’aneddoto della firma figurata del pittore, intendeva in questo modo sottolinearne il valore emblematico, quello di un avvertimento rivolto agli spettatori: «Che coloro che hanno gli occhi vedano».
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