«La via moderna» XIV e inizi del XV secolo [vol. 6]
EAN 9788816409606
Inos Biffi e Costante Marabelli possono, a ben diritto, essere considerati come due dei massimi studiosi italiani del pensiero teologico medievale. Insieme dirigono la collana Figure del pensiero medievale, edita congiuntamente dalla Jaca Book e da Città Nuova, punto di riferimento per gli studiosi del pensiero filosofico-teologico nel medioevo. Spaziando dalla tarda antichità alle soglie dell’umanesimo rinascimentale, il corpus permette un approccio deciso e approfondito al variegato panorama concettuale che ebbe modo di delinearsi nel corso di questo periodo storico, così ricco ma anche così tormentato.
Di recente è apparso il VI e ultimo volume della serie, dedicato alla via moderna, ossia al periodo che va dal XIV agli inizi del XV secolo. Il periodo considerato può dirsi tra quelli intellettualmente più articolati della storia cristiana e può davvero essere inteso – riprendendo le parole di Ghislain Lafont – come un periodo di “storia teologica”. In esso, infatti, e in maniera eminente, si è elaborata l’intelligenza della fede pur nella diversità e pluriformità delle forme di pensiero che lo hanno contraddistinto. Proprio per questo il volume, come d’altronde tutto il corpus di volumi della collana, piuttosto che compiere un’investigazione sincronica preferisce concentrarsi intorno alle figure e alle espressioni che maggiormente hanno caratterizzato questo periodo di profondo rinnovamento della teologia sulla base della Scrittura e della tradizione patristica.
Le 371 dense pagine del volume si articolano intorno a nove capitoli (ognuno di essi anticipato da una Nota editoriale di presentazione), alcuni di essi dedicati a figure specifiche, altri a più distinti approfondimenti tematici. Conclude il volume un piacevole e ricco capitolo dedicato al ruolo che la poesia ebbe a partire dalla scolastica fino all’umanesimo, tema – quello della poesia – peraltro generalmente presente in ognuno dei volumi della serie. Tutti gli studi sono affidati a specialisti riconosciuti a livello internazionale.
Ciclicamente la comunità cristiana ha avvertito l’esigenza di un ritorno alle fonti; alla via antiqua, epoca aurea del tomismo, dello scotismo, dell’agostinismo e dei vari filoni di pensiero facenti capo a vari filosofi del XIII secolo – via esauritasi purtroppo in aridi formalismi e ripetitività – succede il periodo della critica che, rimettendo in discussione sia il concetto di “scientificità” sia la stessa natura “speculativa” della teologia, preferì un ritorno metodologico alle sue fonti, per certi versi riavvicinandosi alla tradizione della chiesa indivisa dei primi secoli. Se, infatti, duranti i primi secoli della cristianità al centro della vita – anche intellettuale – dei credenti vi era la ricerca della verità spirituale attraverso la theoria, ossia l’esperienza ottenuta per mezzo di un lavoro ascetico, la scolastica spostò la sua attenzione verso il razionalismo filosofico, adottando gli argomenti logico-speculativi della filosofia pagana, mutando gli stessi scopi della teologia e istituzionalizzandola accademicamente. A un’epoca contrassegnata da quello che veniva considerato come intellettualismo seguì quindi un periodo maggiormente centrato sulla mistica, sulla morale e sulla pastorale, centrando l’attenzione sulla pratica e guardando principalmente alla parte affettiva della vita di fede, alla salvezza personale, alla potenza della libertà e della volontà, alla grazia e all’illuminazione, tutti temi dinanzi ai quali le sole risorse della conoscenza discorsiva e speculativa venivano meno.
Ai tanti aspetti e alle tante figure della via moderna, partita quindi da fondamenti o stimoli di natura filosofica per divenire sempre più dibattito teologico, il volume dedica ampio spazio; alla storia della speculazione si associa lo studio dei personaggi e del loro pensiero, sia quelli maggiori (Guglielmo di Ockham, Gabriel Briel, Nicolò Cusano, Erasmo da Rotterdam, Melchior Cano, Juan de Maldonado), sia quelli meno studiati ma non per questo meno importanti (tra i tanti, John Wyclif, Thomas Bradwardine, Robert Holcot). Non mancano ovviamente puntuali e continui riferimenti alle opere e al pensiero dei grandi “convitati di pietra”: Tommaso d’Aquino, John Duns Scotus, Aristotele e Agostino di Ippona.
Le piste o prospettive di ricerca delineate nei vari saggi – talune solo accennate o sottintese, pensiamo al fine di dare avvio a ulteriori investigazioni – sono molte e stimolanti: il rapporto/interazione tra l’esperienza e la sua interpretazione, la rivelazione considerata ex parte hominis, guardando all’uomo come al suo “ricevente proattivo”, l’uso del concetto di analogia ma ancor più quello di simbolo (con la sua doppia valenza cognitiva ed espressiva), il ruolo della comunità/collettività per la definizione e lo sviluppo delle diverse correnti di pensiero e, in queste ultime, la “dialettica” soggetto-oggetto eventualmente presente. Più in generale, il testo a nostro avviso invita a una riflessione sulle “etichette” che la storiografia ha – talvolta forzatamente – posto sulle correnti e sui personaggi e sulla eccessiva importanza che, in alcuni casi, è stata data ad esse. Realisti, tomisti, nominalisti, anti-intellettualisti: dal punto di vista storico, tutti costoro hanno espresso alla loro maniera le tendenze fondamentali dei loro tempi. Se si osserva con attenzione lo stesso nominalismo, considerandolo come una attitudine intellettuale, si può notare come esso abbia permesso ai pensatori dell’epoca di allontanarsi dalle strette dei coerenti sistemi – più o meno aristotelici – delle summae del XIII secolo, permettendo ai sistemi elaborati nel periodo della via moderna – sebbene nessuno di essi si sia protratto nel tempo – di precorrere quel profondo rinnovamento delle strutture mentali dell’Occidente che si sarebbe verificato nei secoli immediatamente successivi.
La teologia, in ogni epoca, non ha mai risposto a un’esigenza di astratta sistematicità ma piuttosto ai concreti problemi che un determinato soggetto ecclesiale, collocato in una certa situazione, si è trovato a vivere; la collana editoriale di cui il volume è parte, allora, diviene in sintesi testimonianza di quanto sia sempre più necessaria un’accurata analisi del rapporto tra teologia e storia. L’esperienza soggettiva è difatti in gran parte determinata dal contesto storico, ed è proprio la particolarità che la teologia deve avere per rispondere alle esigenze della soggettività “situata”, il suo non abbracciare sistematicamente la totalità del dogma, che può spiegare la necessità del suo divenire.
Non è allora un caso se le strutture religiose occidentali del primo medioevo – ivi compresi il pensiero, la teoria e la scienza – siano state messe seriamente in discussione nel XIV e XV secolo; leggendo il testo si può facilmente comprendere come non si possa ricondurre solo a una “crisi della scolastica” quella che in effetti è stata una evoluzione del pensiero o, volendo, l’inizio della riorganizzazione di tutti i campi dell’attività intellettuale. L’epoca della via moderna non deve quindi essere analizzata isolatamente ma piuttosto va situata nel più ampio contesto del cambiamento di mentalità e pratiche che la società di quel periodo attraversò. E, per aiutare in questa ricollocazione, il volume curato da Biffi e Marabelli può costituire certamente un valido strumento.
Tratto dalla rivista "Aprenas" n. 3-4/2011
(http://www.pftim.it)