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Descrizione
Seeing Red costituisce il risultato più compiuto della ricerca di Halton Arp, uno dei più noti astronomi di osservazione del nostro tempo, particolarmente nel campo dell'astronomia extragalattica. A partire dal 1966, dopo la compilazione del suo famoso Atlas of Peculiar Galaxies, comincia a raccogliere un'impressionante mole di evidenze osservative che lo inducono a rigettare l'ipotesi delll'espansione dell'universo e a concludere che i redshift degli oggetti cosmici riflettono essenzialmente la loro età. La ricerca empirica di Arp trova poi un potente alleato nella teoria gravitazionale elaborata da Fred Hoyle negli anni Sessanta e poi perfezionata da Jayant Narlikar nel 1977 e più nota come "teoria della massa variabile e della gravità conforme" basata sul principio di Mach.
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DETTAGLI DI «Seeing Red»
Tipo
Libro
Titolo
Seeing Red - L'universo non si espande. Redshift, cosmologia e scienza accademica
Autore
Arp Halton
A cura di
Enrico Biava, Alberto Bolognesi
Traduttore
Enrico Maria Corsini, Marta Dalla Valle
Editore
Jaca Book
EAN
9788816408753
Pagine
392
Data
marzo 2009
Collana
Di fronte e attraverso
Recensioni di riviste specialistiche su «Seeing Red»
Uscito nel 1998 e ora tradotto anche in italiano, il secondo libro dell’astronomo Halton Arp – che per le sue teorie è stato emarginato dai sostenitori della cosmologia ufficiale – mette in discussione il modello cosmologico dell’universo in espansione in seguito alla grande esplosione detta Big bang. Offrendo una spiegazione nuova del redshift, cioè dello spostamento verso il rosso osservabile in alcuni oggetti extragalattici come le quasar, Arp sostiene che tale fenomeno sia proporzionale non alla distanza a cui essi si trovano, bensì alla loro età. L’universo quindi non sarebbe nato da una singolarità esplosiva circa 15 miliardi di anni fa, ma il processo della creazione avverrebbe in continuazione: il cuore delle galassie sarebbe il grembo per la creazione di nuova materia. Lettura affascinante, elaborata sulla base delle osservazioni empiriche condotte presso il Max Plank Institut für Astrophysik di Monaco di Baviera.
Tratto dalla rivista Il Regno n. 4/2010
(http://www.ilregno.it)