La letteratura talmudica è relativamente poco conosciuta nel nostro paese. Eppure lo studio - privo di ipoteche teologiche o confessionali - dei rapporti tra il giudaismo rabbinico e il cristianesimo primitivo è particolarmente interessante per comprendere le origini religiose del mondo occidentale, la cui civiltà viene oggi così spesso definita "giudaico-cristiana". Dopo la distruzione del Tempio di Gerusalemme nel 70 d.C., il giudaismo ha conosciuto dei mutamenti profondi e travagliati. I Saggi, gli autori del Talmud, si sono confrontati con altri ebrei, in particolare con quelli che seguivano gli insegnamenti di Gesù, con Gesù stesso e con Paolo di Tarso. Le vicende di questo incontro costituiscono l'oggetto di questo volume.
UNA LETTURA EBRAICA DEL CRISTIANESIMO
L'importanza di una lettura ebraica del cristianesimo
Lo studio erudito di Dan Jaffé rappresenta uno strumento fondamentale per coloro che, siano essi studenti del Nuovo Testamento, dell'ebraismo, oppure semplici lettori, vogliono accostarsi a una tematica complessa e affascinate come quella delle radici giudaiche dell'insegnamento di Gesù di Nazaret e del cristianesimo.
Il testo — che continua la ricerca già iniziata dall'autore in una precedente operai — è una profonda analisi dell'atteggiamento degli ebrei nei confronti del giudeocristianesimo: ebrei, che sono rappresentati sia dagli studiosi che vanno dal XVII al xx secolo sia dai «Saggi» del Talmud, cioè da coloro che diverranno, a partire dal I secolo della nostra era, le autorità culturali e religiose della comunità ebraica. È il tentativo di comprendere la figura di Gesù attraverso la ricostruzione dí quell'ambiente che gli è proprio e nel quale si trova ad agire.
Dopo secoli in cui i ricercatori ebrei, per differenti ragioni, non si sono interessati alla figura di Gesù, a partire dall'epoca moderna, con Baruch Spinoza e con Mosè Mendelssohn come iniziatori, assistiamo a un rifiorire di ricerche che intendono analizzare la figura di questo rabbi di Galilea.
Con la caduta del Secondo Tempio avvenuta nel 70 d.C., che rappresenta un profondo trauma per la coscienza giudaica, l' elite del popolo di Israele si vedrà costretta a ridefinire completamente la sua identità. I «Saggi», che si radunano adesso a Iamnia, devono ripensare una religione che ora non ha più il Tempio, e che vede la sua esistenza profondamente minacciata. I primi due secoli del nostro calendario saranno fondamentali per l'elaborazione di questo nuovo modello, modello che sorgerà attorno ai «Saggi» e che porterà all'esclusione di tutti quei movimenti che potrebbero in qualche modo minacciarne l'autorità. In questo nuovo contesto tutti i gruppi presenti sino alla fine dell'epoca del Secondo Tempio vengono combattuti, non c'è più spazio per le divisioni; ed è questo lo sfondo a partire dal quale dobbiamo collocare le reazioni e le prese di posizione nei confronti del giudeocristianesimo, in particolare attraverso la benedizione degli eretici: benedizione, letta nelle sinagoghe, che tendeva a estromettere dal giudaismo coloro che professavano convinzioni diverse da quelle dei «Saggi».
Ora, è all'esame di questa nuova situazione che si rivolge la parte fondamentale del presente volume. Si vogliono cioè leggere e precisare, tenendo presente i cambiamenti avvenuti, i testi talmudici che si riferiscono ai giudeocristiani, ai Vangeli e agli scritti cristiani, a Gesù e a Paolo di Tarso, così da delineare l'idea su Gesù e sui cristiani che da questi testi emerge.
Possibili influenze reciproche
Le due religioni - l'ebraismo che continua e che allo stesso tempo ridefinisce la propria tradizione, e il cristianesimo che in questa tradizione si innesta, ma con la pretesa di ricomprenderla, o meglio di comprenderla pienamente - si trovano ora una di fronte all'altra in questo processo di precisazione identitaria.
In questa fase gli sviluppi di una parte portano alle reazioni dell'altra. Un esempio della reazione ebraica lo possiamo trarre dal capitolo che Jaffé dedica a Paolo di Tarso.
Il messaggio paolino avrebbe insistito sull'importanza della profezia, collocando Gesù nella linea dei profeti: un «profeta ispirato e redentore. La rivelazione del Messia Gesù liberava dalla Legge, che non era più mediatrice di salvezza».